Con l’ordinanza n. 11661/2025, depositata il 4 maggio, le Sezioni Unite Civili si sono pronunciate sul diritto del convivente di fatto a partecipare alla liquidazione dell’impresa familiare. La decisione conclude la vicenda avviata con l’ordinanza interlocutoria n. 1900/2023 e segnata dalla successiva declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 230-bis, comma 3, e 230-ter c.c. da parte della Corte costituzionale (sentenza n. 148/2024). Il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
1. La vicenda processuale
L’attrice aveva chiesto di accertare l’esistenza di un’impresa familiare relativa a un’azienda agricola condotta con il compagno convivente dal 2004 al 2012 (anno del decesso di quest’ultimo) e di condannare i coeredi alla liquidazione della quota spettante.
La Corte d’Appello di Ancona, confermando la sentenza del Tribunale di Fermo, aveva rigettato la domanda ritenendo inapplicabile l’art. 230-bis c.c. ai conviventi di fatto. Allo stesso modo, escludeva l’applicabilità dell’art. 230-ter c.c. per una questione di diritto intertemporale: la convivenza si era infatti conclusa prima dell’entrata in vigore della legge n. 76/2016 (legge Cirinnà). Il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon.
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2. I motivi di ricorso
La ricorrente proponeva ricorso in Cassazione articolato in tre motivi:
- Omesso esame di fatto decisivo (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.): l’aver avuto un rapporto di lavoro con la Regione Lombardia non escludeva, secondo la ricorrente, l’attività svolta nell’impresa agricola.
- Violazione dell’art. 230-bis c.c.: la Corte d’Appello aveva disatteso le aperture della giurisprudenza verso la tutela del convivente more uxorio.
- Violazione degli artt. 230-bis, 230-ter c.c. e art. 11 delle Preleggi: l’irretroattività della norma civile, non costituzionalmente garantita, poteva essere derogata in base a criteri di ragionevolezza e giustizia.
3. La rimessione alle Sezioni Unite
La Sezione Lavoro, con ordinanza interlocutoria n. 2121/2023, aveva messo in discussione l’orientamento secondo cui la disciplina dell’impresa familiare sarebbe riservata alla famiglia legittima. Sottolineava, invece, l’esigenza di rivedere tale impostazione alla luce:
- dell’evoluzione giurisprudenziale e sociale in materia di convivenza;
- dell’introduzione dell’art. 230-ter c.c., che riconosce al convivente di fatto che presta stabilmente la propria opera nell’impresa dell’altro, una partecipazione agli utili, ai beni acquistati e agli incrementi aziendali.
Veniva richiamata anche la giurisprudenza costituzionale che aveva riconosciuto la rilevanza della convivenza nei casi di tutela di diritti fondamentali (abitazione, salute), nonché il riconoscimento della scriminante penale di cui all’art. 384 c.p. anche per il convivente.
La Corte aveva poi osservato come l’esclusione della tutela per il convivente stabilmente inserito nell’impresa fosse in contrasto con gli artt. 2 e 3 Cost., ma anche con il diritto dell’Unione e la giurisprudenza della Corte EDU. Da qui, la rimessione della questione alle Sezioni Unite.
4. La questione di legittimità costituzionale: illegittimità dell’esclusione del convivente
Con ordinanza interlocutoria n. 1900/2024, la Cassazione ha sospeso il giudizio e ha rimesso gli atti alla Corte costituzionale. Il nodo centrale: l’esclusione del convivente di fatto dal novero dei “familiari” di cui all’art. 230-bis, comma 3, c.c. si pone in contrasto con:
- gli articoli 2, 3, 4, 35 e 36 Cost.;
- l’art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea;
- gli artt. 8 e 9 della CEDU.
Secondo la Suprema Corte, inoltre, l’aver avuto un rapporto di lavoro subordinato o la mancanza di vincolo coniugale non escludevano in sé l’eventuale qualificazione del contributo della ricorrente come “collaborazione familiare” rilevante ai fini dell’art. 230-bis c.c.
La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 230-bis, comma 3, c.c., nella parte in cui non includeva anche il convivente di fatto tra i soggetti tutelati, e dell’art. 230-ter c.c. per effetto consequenziale.
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5. La decisione delle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite, preso atto della declaratoria di incostituzionalità, hanno accolto il ricorso, cassando con rinvio la sentenza impugnata. La Corte d’Appello di Ancona, in diversa composizione, dovrà procedere a un nuovo esame della vicenda, tenendo conto della pronuncia del Giudice delle leggi che ha ritenuto illegittima l’esclusione del convivente di fatto dal perimetro dell’art. 230-bis c.c.
6. Osservazioni conclusive
Con l’ordinanza n. 11661/2025, le Sezioni Unite si adeguano alla ricostruzione costituzionalmente orientata dell’impresa familiare. La convivenza di fatto non può più essere esclusa da una tutela patrimoniale fondata sul contributo effettivo e continuativo all’attività economica dell’altro partner. La decisione si colloca nel solco delle più recenti aperture della giurisprudenza di legittimità e rafforza la tutela del lavoratore convivente, al di là del formalismo familiare.
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