Contratto preliminare di vendita di un bene indiviso.

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Nella Giurisprudenza della Suprema Corte non vi è unanimità di vedute in relazione agli effetti di un contratto preliminare di vendita avente ad oggetto un bene in comproprietà sottoscritto soltanto da alcuni comproprietari in previsione della prestazione del consenso anche da parte di tutti gli altri comproprietari titolari delle rispettive quote. Il medesimo “disorientamento” sorge, ovviamente, anche nell’ipotesi in cui il consenso di uno dei comproprietari risulti viziato o sia stato invalidamente prestato, e ancora qualora la manifestazione di volontà provenga da un falsus procurator.[1]
In caso di mancata sottoscrizione del definitivo da parte di uno o alcuni comproprietari promittenti venditori la questione va risolta esclusivamente in via interpretativa, cercando di individuare quale sia stata l’effettiva volontà delle parti. Bisogna, cioè, accertare se si tratti di una vendita unitaria e quindi ciascun comproprietario abbia l’esclusivo interesse a vendere la propria quota unitamente a quella degli altri, oppure se si tratti, nella sostanza, di una pluralità di contratti preliminari aventi ad oggetto le singole quote di cui ciascun promittente venditore è titolare.  
Un orientamento ritiene che ricorra in tali ipotesi una fattispecie di “inefficacia relativa” del contratto, nel senso che soltanto l’acquirente può farla valere e non anche gli altri comproprietari promittenti venditori che siano validamente intervenuti nell’atto, i quali non sarebbero titolari di un interesse giuridicamente apprezzabile a che la cosa sia venduta per intero, a meno che la vendita non sia stata espressamente sottoposta alla condizione sospensiva dell’avvenuto consenso di tutti i comproprietari.[2]
Nell’ipotesi di vendita di un immobile indiviso predisposta perché ad essa partecipino tutti i comproprietari e che poi sia stipulata da alcuni soltanto di essi, il contratto deve ritenersi incompleto e soggetto ad inefficacia relativa che può essere fatta valere soltanto dal compratore, il quale in quanto esclusivo titolare dell’interesse all’acquisto del bene per intero, può anche chiedere l’esecuzione del contratto in relazione alla quota del comproprietario intervenuto validamente nel negozio, senza che questo possa opporvisi, salvo che dall’interpretazione della convenzione non risulti che la stessa sia stata sottoscritta dalle parti nel comune presupposto ( o condizione tacita ) della adesione successiva degli altri contitolari del bene, cioè che il negozio sia stato predisposto come vendita unitaria, non occorrendo una specifica clausola in tal senso, Cass., sez. II, 18.09.1991,n. 9749”.[3]
Non si deve, tuttavia, elevare a criterio generale l’orientamento secondo cui il comproprietario che sottoscrive un contratto di vendita di un immobile unitariamente considerato, in assenza degli altri comproprietari, esprima implicitamente la propria volontà di vendere la propria quota e non abbia, pertanto, interesse ad eccepire il mancato perfezionamento del negozio; non si può, infatti, escludere che il singolo comproprietario abbia l’esclusivo interesse di vendere il bene congiuntamente agli altri aventi diritto e non è necessario che venga inserita nell’assetto contrattuale una specifica condizione in tal senso quando il contratto è palesemente predisposto come vendita unitaria.
Nel caso di preliminare di vendita di un bene oggetto di comproprietà indivisa, dovendosi presumere – in difetto di elementi, desunti dal tenore del contratto, che siano idonei a far ritenere che con esso siano state assunte ( anche contestualmente) dai comproprietari promittenti distinte autonome obbligazioni aventi ad oggetto il trasferimento delle rispettive quote di comproprietà – che il bene sia stato considerato dalle parti come un unicum giuridico inscindibile, si deve ritenere che i promittenti venditori si pongano congiuntamente come un’unica parte contrattuale complessa e che, dunque, le singole manifestazioni di volontà provenienti da ciascuno di essi siano prive di una specifica autonomia e destinate invece a fondersi in un’unica manifestazione negoziale, con la conseguenza che, qualora una di dette manifestazioni manchi, o risulti viziata da invalidità originaria, o venga caducata per una qualsiasi causa sopravvenuta, si determina una situazione che impedisce non soltanto la prestazione del consenso negoziale della parte complessa alla stipulazione del contratto definitivo, ma anche la possibilità che quella prestazione possa essere sostituita dalla pronuncia giudiziale ai sensi dell’art. 2932 c.c., restando, pertanto, escluso che il promissorio acquirente possa conseguire la sentenza ai sensi di detta norma nei confronti di quello ( o di quelli ) tra i comproprietari promittenti, dei quali esista e persista l’efficacia della relativa manifestazione negoziale preliminare, Cass., sez. I, 13-05-1999, n. 4747”.[4]     
Parte della giurisprudenza ritiene che se un contratto preliminare, avente oggetto un bene indiviso, non giunga a definizione per mancata sottoscrizione da parte di uno dei comproprietari promittenti venditori non è possibile pretendere l’esecuzione in forma specifica limitatamente alle quote dell’immobile appartenenti ai comproprietari sottoscrittori, in quanto, con la sentenza ex art. 2932 c.c., si verrebbe a modificare il rapporto di sinallagmaticità originariamente esistente: mutando l’entità di una delle prestazioni deve conseguentemente mutare anche l’entità della controprestazione. Pertanto, dovendo la sentenza costitutiva produrre gli stessi effetti del contratto non concluso, il giudice non può apportare modifiche all’assetto d’interessi originariamente pattuito perché ciò rientra nell’esclusiva facoltà delle parti.
Se il contratto preliminare è stato concluso da uno dei comproprietari pro quota del bene con un terzo non in funzione dell’alienazione della sola frazione di immobile di cui il venditore è titolare, ma in vista del trasferimento dell’intero bene, ove gli altri comproprietari non siano pervenuti alla conclusione del preliminare relativo alla parte residua della cosa, il giudice non può emettere una sentenza che tenga luogo del definitivo, secondo il disposto dell’art. 2932 c.c., per la sola quota appartenente a colui che ha concluso il preliminare ( nella specie: la decisione assunta dai contitolari di un fabbricato di venderlo interamente era stata concretata da uno soltanto dei comproprietari che aveva concluso con l’acquirente un preliminare, mentre gli altri si erano ritirati nel corso delle trattative ), Cass., 29.01.1983, n. 822”.[5]
Si deve, tuttavia, ritenere che se l’obbligo di concludere il definitivo venga assunto da ciascun comproprietario singolarmente in ragione della frazione di proprietà di cui è titolare, il promissorio acquirente, in caso di mancata sottoscrizione del definitivo, potrà ben agire nei confronti dei singoli promittenti venditori che siano validamente intervenuti nell’atto limitatamente alla quota di loro pertinenza, resta salvo, ovviamente, l’esercizio del diritto di prelazione legale e convenzionale.
La promessa di vendita di un bene in comproprietà, che stipulata soltanto da alcuni comproprietari dia luogo ad una pluralità di contratti preliminari di compravendita aventi ad oggetto le singole quote, comporta che l’obbligo di concludere il contratto definitivo non è unico, ma viene assunto singolarmente da ciascun comproprietario in relazione al diritto di comproprietà che gli compete; ne consegue che, qualora il promissario acquirente abbia promosso il giudizio – ai fini dell’esecuzione specifica di cui all’art. 2932 c.c. – nei confronti solo di alcuni dei promettenti venditori, può ottenersi una sentenza, che produca gli stessi effetti del contratto non concluso, limitatamente alla parte del bene di proprietà dei convenuti, senza che sia necessaria l’estensione del contraddittorio nei confronti del promittente venditore pretermesso, Cass., 06.06.1989, n. 2749”.[6]
Si consideri anche l’ipotesi in cui uno dei comproprietari sottoscriva il preliminare anche nell’interesse dell’altro contitolare che si rifiuti poi di sottoscrivere il contratto. Allorché il comproprietario promittente venditore assume formalmente per iscritto un impegno nei confronti del promissorio acquirente di vendita di un bene e tale impegno riguarda anche l’altro comproprietario, la mancata ratifica di quest’ultimo lo lascia, ovviamente, fuori dal rapporto e per quest’ultimo non si profila neppure l’esigenza di adempiere.
Tuttavia ciò, lungi dall’invalidare, ponendola nel nulla, l’obbligazione assunta dal promittente che, come già detto, si è reso implicitamente garante del fatto del terzo, determina la responsabilità del promittente medesimo nei confronti del promissario per il comportamento assunto dal terzo. In altri termini se il comproprietario di un immobile indiviso promette di venderlo anche in nome dell’altro comproprietario e quest’ultimo si rifiuta poi di stipulare il contratto definito di compravendita, il promissorio acquirente non può invocare il disposto di cui all’art. 2932 c.c., non potendo la sentenza costituire un rapporto diverso da quello previsto e voluto dalle parti con il contratto preliminare, ma esclusa la possibilità di detta azione, il promissorio acquirente non resta certo privo di tutela verso chi, con leggerezza e mala fede, si è reso garante dell’altrui volere, potendo l’acquirente agire per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’inadempimento del promittente venditore.
Nel caso di promessa di vendita effettuata da uno solo dei comproprietari di un bene immobile indiviso, il promissorio acquirente non può ottenere ex art. 2932 c.c. il trasferimento dei diritti immobiliari spettanti al solo promittente, salva la responsabilità per inadempimento da parte del promittente, resosi implicitamente garante del fatto del terzo, nei confronti del promissorio, Tribunale di Avellino, 02.04.1998”.[7]  
Nell’ipotesi di un contratto preliminare di un bene indiviso è necessario, pertanto, un’attenta analisi della volontà dei singoli comproprietari promittenti venditori del bene comune oggetto del preliminare, desumibile dal contenuto del contratto, dalle circostanze e dal contesto in cui lo stesso è stato concluso, dal comportamento delle parti durante le trattative e successivamente alla redazione, se pur incompleta, dell’accordo.  
Nella indagine diretta ad accertare la volontà delle parti, oltre che dell’elemento letterale, si deve tener conto della proporzione delle rispettive quote, in quanto il principio favorevole alla tesi del compratore è stato applicato prevalentemente nei casi in cui la quota del comproprietario non aderente alla vendita era di scarsa entità, nonché del comportamento successivo delle parti e di ogni altro eventuale elemento utile ai sensi degli art. 1362 ss. cod. civ..
 Assumono, inoltre, valore decisivo l’indicazione dell’oggetto del contratto come un bene unitario e soprattutto la previsione di un prezzo globale.[8]  
Non sembra, invece, rilevante, ai fini interpretativi, l’inserzione nel contratto della clausola secondo la quale i comproprietari, ciascuno per la propria quota, promettono di vendere l’intero bene (od altre simili) trattandosi di clausola di stile intesa semplicemente a ribadire il principio pacifico che ciascun proprietario può disporre del bene solo nei limiti della propria quota.
Spetta, pertanto, dell’interprete accertare se ciascun comproprietario intenda sottoscrivere l’accordo pro quota, in funzione dell’alienazione della sola frazione di immobile di cui è titolare, oppure se abbia l’esclusivo interesse all’alienazione unitaria. Nel primo caso l’acquirente, in caso di mancato perfezionamento dell’accordo, può accedere alla tutela di cui all’art. 2932 c.c. e ottenere un sentenza che tenga luogo del contratto non concluso, limitatamente alle quote di proprietà dei promittenti che siano validamente intervenuti, sottoscrivendo il compromesso.
Nella seconda fattispecie, costituendo i comproprietari un’unica parte complessa, l’acquirente, nel caso in cui manchi o risulti viziata una sola delle manifestazioni del consenso, non può ottenere una pronuncia giudiziale, ai sensi dell’art. 2932 c.c., per conseguire l’esecuzione del preliminare nei confronti dei promettenti sottoscrittori, perché il contratto risulta nella sostanza incompleto.   
 


[1] Cfr. Cass. sez. unite, 08.07.1993, n.7481
[2] Cass. civ. 14.08.1986, n. 5047
 Cass. civ. 06.06.1989, n. 2749 
[3] Cfr. Cass., sez. II, 18.09.1991, n. 9749
[4] Cass., sez. I, 13.05.1999, n. 4747
[5] Cass., 29.01.1983, n. 822
[6] Cass. civ., 06.06.1989, n. 2749
[7] Tribunale di Avellino 02.04.1998
[8] Cass. sez. unite, 08.07.1993, n. 7481

Annunziata Arcangelo Giuseppe

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