Contratto di subappalto: la responsabilità dell’appaltatore e subappaltatore

Redazione 21/12/18
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La norma di riferimento che delinea il regime di responsabilità tra appaltatore e subappaltatore è l’articolo 1670 c.c., il quale prevede che: “L’appaltatore, per agire in regresso nei confronti dei subappaltatori, deve, sotto pena di decadenza, comunicare ad essi la denunzia entro sessanta giorni dal ricevimento”.

La dottrina prevalente ritiene che il contratto di appalto ed il contratto di subappalto, pur legati da un rapporto di interdipendenza tra loro e da un nesso di derivazione, siano dotati comunque di piena e distinta autonomia[1]. Elemento naturale del contratto di subappalto è quello dell’autonomia del subappaltatore nell’esecuzione delle opere affidategli dal subcommittente[2] – tanto che deve escludersi ogni rapporto diretto tra originario committente e subappaltatori. Non è possibile, infatti, per il committente, agire direttamente nei confronti del subappaltatore, né, per il subappaltatore, agire contro l’originario committente[3]. In tal senso, è stato osservato come l’organizzazione dei mezzi necessari, richiesta dall’art. 1655 c.c., possa anche consistere in una vasta rete di subappalti, purchè rimanga a carico dell’appaltatore la responsabilità verso il committente dell’opera o del servizio[4].

Gli obblighi del committente

Risulta pacifico in dottrina che, per effetto del contratto di subappalto, non sorgono diritti od obblighi del committente verso il subappaltatore o viceversa, né cessano o si attenuano gli obblighi reciproci tra committente ed appaltatore[5]. La Suprema Corte ha interpretato la questione nel senso che la consapevolezza, o anche il consenso, espresso dal committente all’esecuzione, in tutto o in parte, delle opere in subappalto, valgono soltanto a rendere legittimo, ex art. 1656 c.c., il ricorso dell’appaltatore a tale modalità di esecuzione della propria prestazione e non anche ad instaurare alcun diretto rapporto tra committente e subappaltatore[6]. Ne consegue che, in difetto di diversi accordi, il subappaltatore risponde della relativa esecuzione nei confronti del solo appaltatore e non anche nei confronti del committente[7].

Non avendo, pertanto, il committente azione diretta verso il subappaltatore (e viceversa), avverrà, di regola, che il committente agirà in giudizio per il risarcimento del danno nei confronti dell’appaltatore, il quale chiamerà in rilevazione, in virtù del rapporto di subappalto che a lui lo lega, il subappaltatore[8].

L’azione di regresso

Circa l’azione di regresso prevista dall’art. 1670 c.c., presupposto per il suo esercizio è che l’appaltatore comunichi al subappaltatore, entro sessanta giorni dal ricevimento, la denunzia dei vizi. Sebbene il legislatore non lo abbia esplicitato, è del tutto evidente che ci si riferisca alla denunzia che l’appaltatore stesso abbia ricevuto dal committente[9]. Il termine apposto è di decadenza[10].

Per un verso, la comunicazione della denuncia dei vizi è un adempimento necessario ai fini dell’esperimento dell’azione di regresso, salvo che l’appaltatore intenda agire direttamente in giudizio contro il subappaltatore. Per altro verso, la stessa denuncia del committente costituisce il presupposto che consente all’appaltatore di agire in giudizio contro il subappaltatore[11].

È da sottolinearsi come, comunque, non sia ritenuta necessaria la denuncia laddove il subappaltatore sia convenuto in giudizio dall’appaltatore[12].

L’appaltatore può agire nei confronti del subappaltatore?

In via generale, si ritiene che l’appaltatore non possa agire in responsabilità contro il subappaltatore prima che il committente gli abbia denunciato l’esistenza dei vizi e delle difformità (ex artt. 1667-1668 c.c.), perché, fino a quel momento, manca nell’appaltatore l’interesse ad agire[13]: una volta, però, avvenuta la denuncia, l’appaltatore non è invece obbligato ad attendere che l’azione giudiziaria sia realmente promossa[14]. In aggiunta, l’appaltatore, convenuto in garanzia del committente, non è tenuto nemmeno ad attendere di essere condannato, ma può chiamare in garanzia, nello stesso processo, il subappaltatore (art. 106 c.p.c.)[15].

Si rileva che l’appaltatore è tenuto ad utilizzare gli stessi rimedi contro di lui esperiti dal committente; che è necessario che l’appaltatore sia stato condannato, nel giudizio che il committente aveva promosso contro di lui per i vizi dell’opera; che, in particolare, l’oggetto dell’azione di regresso sarà delimitato dall’esito dell’azione di responsabilità promossa dal committente originario contro l’appaltatore. Non è comunque necessaria, ai fini dell’esperibilità dell’azione di regresso, la condanna dell’appaltatore[16].

È da sottolineare come si consenta all’appaltatore di scegliere se proporre la propria azione di regresso in via autonoma, o nello stesso giudizio promosso dal committente contro di lui. In quest’ultimo caso, l’appaltatore potrà innestare l’azione di regresso nel giudizio principale, chiamando in garanzia il subappaltatore, la cui condanna sarà condizionata all’eventuale accertamento della responsabilità dell’appaltatore nei confronti del committente[17].

Va infine precisato che la responsabilità del subappaltatore – sia di natura contrattuale, del subappaltatore nei confronti dell’appaltatore, sia quella di natura extracontrattuale, del subappaltatore nei confronti dei terzi – sussiste nei limiti in cui il lavoro svolto dallo stesso subappaltatore sia stato effettivamente autonomo: nei limiti, cioè, in cui egli non sia stato mero esecutore degli ordini dell’appaltatore[18].

Possono, tuttavia, verificarsi ipotesi in cui soggetti terzi, diversi dal committente, siano danneggiati dalla non corretta esecuzione dell’opera o del servizio. In tali casi, i terzi danneggiati potranno agire senz’altro nei confronti dei subappaltatori in via extracontrattuale[19], perché in tal caso il subappaltatore ha inciso nel diritto altrui, operando nella sfera autonoma di lavoro, e non già quale prestatore d’opera subordinato dell’appaltatore subappaltante[20].

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Note

[1] Ex multis, Cass. Civile, 21 ottobre 2009, n. 22344. Si sottolinea, inoltre, come “il carattere derivato del subappalto non implica che fatti e condizioni del contratto di appalto si trasfondano sul secondo contratto [i.e. quello di subappalto], il quale conversa la sua autonomia”, A. CARRATO, Le principali problematiche in tema di appalto privato, in Urbanistica e appalti, 2017, 4, p. 570.

[2] In questo senso Cass. Civile, 19 agosto 2010, n. 18745; A. CARRATO, op. cit.

[3] F. CAROCCIA, sub art. 1670, in Commentario del Codice Civile, diretto da E. Gabrielli, Torino, 2011.

[4] C. GIANNATTASIO, L’appalto, Milano, 1977, p. 70.

[5] C. GIANNATTASIO, op. cit., p. 71.

[6] Cass. Civile, 2 agosto 2011, n. 16917.

[7] Ibid.

[8] C. GIANNATTASIO, op. cit., p. 75.

[9] Ex multis F. CAROCCI, op. cit.; Sub art. 1670 c.c., in Codice Civile, a cura di P. Rescigno, Milano, p. 3305; D. RUBINO – G. IUDICA, sub art. 1670 c.c., in Commentario del Codice Civile Scialoja-Branca, a cura di F. Galgano, Bologna, 2007.

[10] D. RUBINO – G. IUDICA, op. cit.

[11] F. CAROCCIA, op. cit.

[12] Sub art. 1670 c.c., in Codice Civile, a cura di P. Rescigno, Milano, p. 3305.

[13] Cass. Civile, 8 ottobre 2018, n. 24717. La Suprema Corte si è anche pronunciata nel senso che la denuncia effettuata dal committente direttamente al subappaltatore non è idonea a raggiungere il medesimo scopo della comunicazione effettuata dall’appaltatore ai sensi dell’art. 1670 c.c., dovendo tale comunicazione provenire dall’appaltatore o da un suo incaricato. Nello stesso senso, Cass. Civile, 11 novembre 2009, n. 23903.

[14] C. GIANNATTASIO, op. cit., p. 73.

[15] Ibid., p. 73.

[16] F. CAROCCIA, op. cit.

[17] F. CAROCCIA, op. cit.

[18] F. CAROCCIA, op. cit.

[19] F. CAROCCIA, op. cit.

[20] C. GIANNATTASIO, op. cit., p. 72.

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