Contrattazione aziendale forte e Statuto dei lavoratori più debole nel D.L. 138/2011

Redazione 31/08/11
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Nel quadro delle misure promosse a sostegno dell’occupazione dal D.L. 138/2001 una posizione di particolare rilievo merita l’art. 8. La norma mira a potenziare la contrattazione collettiva di livello aziendale, definita nel provvedimento quale contrattazione di prossimità, attribuendole, di fatto ed incautamente, il ruolo di riscrittura delle regole del diritto del lavoro.

La promozione dello sviluppo e la diffusione del secondo livello di contrattazione, a discapito dell’attuale centralismo regolatorio di matrice pubblicista, è diventato, negli ultimi tempi, un insistente obiettivo di politica del lavoro fortemente condiviso dalle parti sociali. È immediato il richiamo all’Accordo interconfederale dello scorso 28 giugno 2011 i cui punti qualificanti possono riassumersi nell’obliterazione del principio del “ne bis in idem” in base al quale il contratto aziendale non poteva disciplinare materie già oggetto di regolamentazione da parte della contrattazione nazionale e nella previsione della possibilità rimessa alla contrattazione aziendale di attivare strumenti di articolazione contrattuale mirati ad assicurare la capacità di aderire alle esigenze degli specifici contesti produttivi.

I mutamenti del mondo del lavoro implicano l’insorgere di esigenze che spiazzano un sistema di tutele ingessato – perché fatto di norme rigide sulla carta quanto ineffettive e poco adattabili alla mutevole realtà del lavoro – suggerendo l’introduzione di assetti regolatori maggiormente duttili e la definizione di diritti universali e di tutele di matrice promozionale.

Questa la ratio del dispositivo illustrata nella relativa relazione tecnica di accompagnamento. Relazione che non si esime dallo stigmatizzare l’immagine del lavoro riflessa nello Statuto dei lavoratori del 1970 il cui impianto è giudicato rigido e distante dai nuovi modelli di produzione e di organizzazione del lavoro dettati dall’economia globale

Così, con tali premesse e in linea di continuità con l’accordo del 28 giugno scorso, l’art. 8 del D.L. 138/2011, recando una formulazione alquanto generica, prevede che i contratti collettivi aziendali o territoriali sottoscritti da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale o da rappresentanze sindacali possano con specifiche intese dettare per alcune materie una regolamentazione che prescinda dalla disciplina dettata dai contratti nazionali e dalla legge.

La deroga si giustifica se finalizzata alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e salario, alla gestione delle crisi occupazionali ed aziendali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività.

Il perimetro regolatorio delle intese si estende alle materie inerenti l’organizzazione (compreso quindi anche il licenziamento, ad eccezione di quello discriminatorio e in concomitanza con il matrimonio) e la produzione e, in particolare:

a) l’utilizzo degli impianti audiovisivi e delle nuove tecnologie;

b) le mansioni, la classificazione e gli inquadramenti;

c) i contratti a termine, i contratti a tempo parziale, il regime della solidarietà negli appalti, le causali della somministrazione, l’orario di lavoro, le modalità di assunzione e la disciplina del rapporto di lavoro, le collaborazioni a progetto e le partite IVA;

d) la trasformazione e la conversione dei rapporti, le conseguenze del recesso dal rapporto.

Quest’ultimo punto è estremamente delicato per le implicazioni che ne derivano: potrebbe infatti verificarsi che ad un licenziamento intimato ingiustificatamente anziché conseguire necessariamente la conversione del rapporto di lavoro e la reintegrazione sul posto di lavoro (ex art. 18 Statuto dei lavoratori), si riconosca ,con la via dell’intesa aziendale, il mero indennizzo economico. (Lilla Laperuta)

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