Consiglio di Stato: parere sulle modifiche al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza

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Il 13 maggio il Consiglio di Stato ha reso il parere sullo schema di decreto legislativo contenente le modifiche al Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza in attuazione della direttiva cd. Insolvency (2019/1023/UE).

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Il parere n. 832 del 13 maggio 2022 e la Direttiva Insolvency

La Commissione speciale del Consiglio di Stato si è pronunciata sullo schema di decreto legislativo contenente le modifiche al Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza in attuazione della direttiva Insolvency. Tale provvedimento europeo mira a rafforzare l’armonizzazione delle procedure nazionali in tema di ristrutturazione preventiva e insolvenza delle imprese in deficit di liquidità e di capitale per garantire:

  • il corretto funzionamento del mercato interno,
  • l’esercizio delle libertà fondamentali di circolazione dei capitali e di stabilimento.

La normativa europea ha in tal modo consolidato la raccomandazione della Commissione Europea 2014/135/UE, che a sua volta aveva:

  • rilevato la durata eccessiva delle ristrutturazioni concorsuali e il basso livello di soddisfacimento dei creditori,
  • posto l’esigenza che alle imprese in difficoltà finanziarie fosse data la possibilità di accedere a quadri nazionali di ristrutturazione volti a prevenire l’insolvenza per preservare il valore dell’impresa e a garantire un miglior soddisfacimento dei creditori.

L’Italia ha provveduto all’adeguamento della normativa interna:

  • emanando il d.lgs. n. 14/2019,
  • emanando un primo intervento correttivo attraverso il d.lgs. n. 147/2020,
  • approvando tempestivamente, da parte del Governo, l’attuale schema di d.lgs. nel termine di scadenza della direttiva fissato al 17 luglio 2022.

L’attuazione della direttiva Insolvency è stata inserita tra gli interventi prioritari previsti dal PNRR, per:

  • potenziare i meccanismi di allerta,
  • completare la digitalizzazione delle procedure anche attraverso la realizzazione di una piattaforma on-line,
  • specializzare gli organi competenti per le procedure concorsuali.

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Le criticità riscontrate nella tecnica di redazione

La Commissione ha evidenziato le criticità emergenti dall’impiego della tecnica di trasfusione integrale dei d.l. n. 118 e n. 152 del 2021, rilevando che:

  • il consolidamento della legislazione emergenziale nel Codice della crisi avrebbe dovuto comportare anche l’impiego di una modalità di redazione tendenzialmente omogenea al Codice, nel rispetto dei criteri consolidati di qualità della regolazione, finalizzata a semplificazione, chiarezza, coerenza e certezza delle regole;
  • avrebbe potuto realizzare una effettiva semplificazione sostanziale delle regole attraverso il riassetto e la semplificazione normativa, ai sensi della legge delega;
  • la tecnica impiegata comporta articoli con molti commi, nonché commi composti da molti periodi, con contenuti eterogenei all’interno del singolo articolo e all’interno del singolo comma, come anche illogicità nell’ordine di successione degli articoli che compongono il Titolo II, con conseguente difficoltà dell’interprete nel cogliere la portata precettiva della singola disposizione e nello stabilire i collegamenti tra disposizioni, anche collegate tra loro.

Pertanto, la Commissione speciale ha invitato il Governo a provvedere ad alcune riformulazioni ritenute necessarie per favorire la portata precettiva delle disposizioni, prospettando una possibile diversa sistematica.

Ulteriori criticità

Sono state rilevate, nello schema di decreto legislativo, ulteriori criticità, tra le quali emergono:

  • l’assenza di una formazione indirizzata ai giudici che si occupano delle procedure della crisi e dell’insolvenza, tuttavia al contempo viene apprezzata benevolmente la disponibilità dell’amministrazione ad inserire nel Codice la legislazione recentemente intervenuta (art. 35-ter, d.l. n. 152/2021);
  • l’assenza di una formazione rivolta verso gli imprenditori e la sua essenzialità per conferire effettività agli strumenti di allerta precoce;
  • il difetto di coordinamento dei principi generali del Codice con la composizione negoziata, essendo questi riferibili direttamente o indirettamente solo ai quadri di ristrutturazione preventiva, ritenendo al contempo necessario il coordinamento nel contesto di armonizzazione comunitario, pur nella consapevolezza che i principi generali dal Codice convivono con altri principi settoriali;
  • l’introduzione dell’ulteriore strumento costituito dal piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (artt. 64-bis e 64-ter), nonostante il gran numero di strumenti nazionali adattabili alle previsioni della direttiva e il recepimento realizzato con l’adattamento e la modifica del procedimento unitario e dei detti istituti già previsti dal Codice, che avrebbero consentito il rispetto del principio di semplificazione normativa e del divieto di introduzione di profili di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalla direttiva, posti dalla legge di delegazione europea;
  • l’assenza nella relazione di una presa di posizione su quali degli strumenti di “regolazione della crisi” si intendono destinati a dare attuazione alle disposizioni del Titolo II della direttiva e, a tale criticità, si collega la richiesta di predisporre una “tabella di concordanza” tra le disposizioni dello schema di decreto legislativo e quelle della direttiva, quale strumento utile ai destinatari delle norme e agli operatori per chiarire le scelte compiute dal legislatore nazionale in rapporto alla disciplina europea;
  • molto bassi gli importi dei crediti che assumono rilievo;
  • il mancato collegamento alle dimensioni dell’impresa;
  • all’esito della analisi dell’art. 19 (penultimo periodo del c. 4) e dell’art. 54, c. 1, rileva un difetto di coordinamento, non risultando chiaro quale sia la sorte delle misure cautelari già concesse qualora, in pendenza di procedimento di apertura di liquidazione giudiziale, l’imprenditore presenti un’istanza di composizione negoziata;
  • che l’imprenditore sarebbe impossibilitato ad utilizzare il procedimento unitario, quando – all’esito negativo delle trattative in sede di composizione negoziata – deve rivolgersi al tribunale per l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti oppure per accedere a un qualunque quadro o a una procedura di insolvenza (art. 23, c. 2 e c. 3, lett. c) e individua l’ostacolo nella previsione contenuta nell’art. 40, c. 10;
  • in ordine alla procedura semplificata per l’accesso alla composizione negoziata delle imprese minori (art. 25-quater): a) l’individuazione di due procedure per presentare la domanda di accesso alla composizione negoziata, senza che risulti chiaramente individuata la procedura di nomina dell’esperto per nessuna di esse; b) l’esito delle trattative nel rapporto con il corrispondente articolo 23, relativo alla composizione ordinaria, riproducendo anche il c. 2 dell’art. 23, non applicabile alle imprese minori; c) l’utilizzo della tecnica del richiamo della disciplina contenuta in altri articoli, per di più seguita in forma mista, condizionato dalla verifica di “compatibilità”, tanto più grave nella regolamentazione di una nuova procedura.

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Disciplina transitoria

L’art. 390 prevede che ai procedimenti di insolvenza pendenti alla data di entrata in vigore del Codice si continuano ad applicare le norme della L.F., pertanto la Commissione speciale ha proposto:

  • che per i procedimenti già pendenti alla data di entrata in vigore del Codice si preveda una sospensione della procedura, con apertura di una finestra temporale, di 60 o 90 gg., per verificare la possibilità di superare lo stato di crisi attraverso una delle procedure disciplinate dal Codice,
  • l’introduzione di norme transitorie destinate ad essere applicate solo alle procedure già pendenti alla data di entrata in vigore del Codice medesimo.

 

Avv. Biarella Laura

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