Configurabilità del delitto di tortura aggravata ex art. 613-bis, co. 4 c.p.

Scarica PDF Stampa Allegati

La Quinta Sezione penale, in tema di reati contro la persona, ha affermato che è configurabile il delitto di tortura, aggravato ai sensi dell’art. 613-bis, comma quarto, cod. pen. nel solo caso in cui le lesioni personali conseguite alla condotta incriminata non siano state volute dall’agente, realizzandosi, in caso contrario, un concorso di reati.

Volume consigliato: Formulario annotato del processo penale dopo la Riforma Cartabia

Corte di Cassazione – Sez. V Pen. – Sent. n. 1243 del 10/01/2023

1243_01_2024_pen_oscuramento_noindex.pdf 1 MB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Indice

1. I fatti

La Corte di appello di Bologna ha confermato con sentenza la decisione di primo grado che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato l’imputato alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento del danno in relazione ai delitti di tortura aggravata e di lesioni personali aggravate commessi all’interno della casa circondariale di Ferrara.
Secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito, la vittima, dopo il violento pestaggio operato anche mediante l’utilizzo di un ferro per la battitura, era stata lasciata in cella ammanettata, in mutande e senza ciabatte ed era stato trovato in tali condizioni da una dottoressa, nel corso dell’ordinario controllo presso la sezione “nuovi giunti”. La situazione refertata era la seguente: “un incisivo spezzato, una ferita lacero-contusa al labbro inferiore, altra ferita al centro della fronte, un evidentissimo ematoma all’occhio sinistro ed altro più lieve sullo zigomo, escoriazioni varie sulla nuca, sulle spalle e sul petto, nonché degli altrettanto evidenti segni di forma cilindrica (verticali, orizzontali e diagonali) disseminati su tutta la schiena“.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per Cassazione affidato a ben quindici motivi che, in questa sede, si andranno a riassumere per quanto di interesse per la disamina.

FORMATO CARTACEO

Formulario Annotato del Processo Penale

Il presente formulario, aggiornato al D.Lgs. 19 marzo 2024, n. 31 (cd. correttivo Cartabia), rappresenta un valido strumento operativo di ausilio per l’Avvocato penalista, oltre che per i Giudici di pace o per gli aspiranti Avvocati, mettendo a loro disposizione tutti gli schemi degli atti difensivi contemplati dal codice di procedura penale, contestualizzati con il relativo quadro normativo di riferimento e corredati dalle più significative pronunce della Corte di Cassazione, oltre che dai più opportuni suggerimenti per una loro migliore redazione.La struttura del volume, divisa per sezioni seguendo sostanzialmente l’impianto del codice di procedura penale, consente la rapida individuazione degli atti correlati alle diverse fasi processuali: Giurisdizione e competenza – Giudice – Pubblico ministero – Parte civile – Responsabile civile – Civilmente obbligato – Persona offesa – Enti e associazioni – Difensore – Gli atti – Le notificazioni – Le prove – Misure cautelari personali – Riparazione per ingiusta detenzione – Misure cautelari reali – Arresto in flagranza e fermo – Indagini difensive e investigazioni difensive – Incidente probatorio – Chiusura delle indagini – Udienza preliminare – Procedimenti speciali – Giudizio – Procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica – Appello – Ricorso per cassazione – Revisione – Riparazione per errore giudiziario – Esecuzione – Rapporti giurisdizionali con le autorità straniere.Specifiche sezioni, infine, sono state dedicate al Patrocinio a spese dello stato, alle Misure cautelari nei confronti degli enti (D.Lgs. n. 231 del 2001) ed al Processo penale davanti al Giudice di pace (D.Lgs. n. 274 del 2000).L’opera è corredata da un’utilissima appendice, contenente schemi riepilogativi e riferimenti normativi in grado di rendere maggiormente agevole l’attività del legale.Valerio de GioiaConsigliere della Corte di Appello di Roma.Paolo Emilio De SimoneMagistrato presso il Tribunale di Roma.

Valerio De Gioia, Paolo Emilio De Simone | Maggioli Editore 2024

2. Configurabilità del delitto di tortura aggravato: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione esegue una minuziosa analisi del ricorso presentato dall’imputato premettendo che “il ricorso per Cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova non può limitarsi, pena l’inammissibilità, ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova di fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato“.
Premesso ciò, la Suprema Corte procede nelle sue argomentazioni giungendo ad osservare la ratio del delitto di tortura, il quale è stato configurato dal legislatore come “reato eventualmente abituale, potendo essere integrato da più condotte violente, gravemente minatorie o crudeli, reiterate nel tempo, oppure da un unico atto lesivo dell’incolumità o della libertà individuale e morale della vittima, che però comporti un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona“.
Nel caso di specie, osserva la Corte, sarebbe sufficiente osservare che, dopo la violenta aggressione, il detenuto è stato lasciato in cella, ammanettato e in mutande per dare conto della gravissima lesione della dignità che è stata consumata nei suoi confronti da parte di chi, proprio perché rappresenta lo Stato, è più di ogni altro chiamato a rispettare la personalità di coloro che sono posti in condizioni di restrizione della libertà personale e affidati alla custodia e al controllo delle Istituzioni.
La Cassazione aggiunge che “ai fini dell’integrazione del delitto di tortura di cui all’art. 613-bis, comma primo, cod. pen. (e, naturalmente, ferma restando la necessità che ricorrano gli altri elementi costitutivi della fattispecie), la locuzione ‘mediante più condotte’ va riferita non solo a una pluralità di episodi reiterati nel tempo, ma anche ad una pluralità di contegni violenti tenuti nel medesimo contesto cronologico“.
Per ciò che concerne la configurabilità dell’art. 613-bis, co. 4, c.p. “la previsione normativa mira non già ad attenuare, sul piano della dosimetria della pena, anche per effetto del possibile giudizio di bilanciamento, le conseguenze discendenti da un’azione dolosamente diretta, come nella specie, a provocare lesioni, ma solo ad aggravare la risposta sanzionatoria al verificarsi, quale conseguenza non voluta dell’azione, delle lesioni stesse“.
Ad avviso della Corte, ai fini del decidere, si rileva che non è in discussione che l’evento delle lesioni rientrasse nel fuoco del dolo degli agenti.
Sul piano letterale, il quarto comma dell’art. 613-bis in esame focalizza la sua attenzione sulla “derivazione delle lesioni dai fatti di cui al primo comma, in tal modo sottolineando la centralità del nesso eziologico tra condotta ed evento ed esprimendo una scelta finalizzata ad isolare l’ipotesi al caso in cui le lesioni, ben più intensamente che essere il mero termine di un processo causale, costituiscano oggetto della rappresentazione e volontà dell’agente“.
Sul piano sistematico, la finalità di inasprire il trattamento sanzionatorio, per il caso che dai fatti di cui al primo comma derivi l’evento delle lesioni, ossia una conseguenza, per quanto sopra detto, non necessaria ai fini del perfezionamento della fattispecie incriminatrice-base, è incompatibile con l’intenzione del legislatore di provocare l’assorbimento del delitto doloso di lesioni in quello di tortura, rendendolo un mero elemento circostanziale.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce dell’analisi svolta dalla Corte di Cassazione, questa ha deciso per il rigetto del ricorso e per la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La disamina dei quindici motivi ha portato la Suprema Corte a smontare le tesi addotte, sostanzialmente in quanto la precedente analisi effettuata dai giudici di merito aveva colto il punto giuridico della questione, senza lasciare margini di incertezza.
Specialmente per quanto riguarda ciò che è di interesse in questa sede, l’art. 613-bis, co. 4, c.p. risulta, nel caso di specie, correttamente configurato. La Corte ha, infatti, ribadito che “proprio l’esistenza di un’autonoma fattispecie dolosa, in difetto di indici normativi diversi e, anzi, tenuto conto delle finalità di colmare una lacuna nell’ordinamento stigmatizzata dalla giurisprudenza sovranazionale, dimostra che la previsione del quarto comma dell’art. 613-bis c.p. va intesa, pur in assenza di alcuna limitazione esplicita, come circoscritta al caso delle lesioni non volute. In caso contrario, si realizzerà un concorso di reati“.

Riccardo Polito

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento