La composizione negoziata della crisi d’impresa, disciplinata dagli articoli 12 e seguenti del Codice della crisi (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, come modificato dal d.lgs. 83/2024), rimane uno degli strumenti cardine per governare in via preventiva lo squilibrio patrimoniale ed economico-finanziario. La finalità di sistema è salvaguardare la continuità aziendale, prevenire la dispersione di valore, garantire la tutela occupazionale e la tenuta del tessuto produttivo. Per approfondire l’argomento, consigliamo il volume Composizione negoziata della crisi – Guida pratica per l’esperto con casistica giurisprudenziale, modelli, strumenti e prassi applicativa, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon, e il volume Le tutele del nuovo sovraindebitamento: come uscire dal debito. Abbiamo anche organizzato il corso Crisi d’impresa e composizione negoziata 2025
Indice
1. L’utilizzo della composizione negoziata
L’analisi dei dati di utilizzo evidenzia una forte concentrazione di istanze in alcune aree, come la Lombardia, senza che ciò implichi una concentrazione esclusiva di competenze professionali: in tutta Italia esiste una rete di avvocati, commercialisti e advisor capaci di presidiare questa procedura anche in contesti meno strutturati. Il limite vero risiede piuttosto nella capacità delle imprese di dotarsi di assetti organizzativi adeguati, come richiede l’art. 2086, comma 2, c.c., e di attivare per tempo un piano di risanamento credibile. Per approfondire l’argomento, consigliamo il volume Composizione negoziata della crisi – Guida pratica per l’esperto con casistica giurisprudenziale, modelli, strumenti e prassi applicativa, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
2. Il piano di risanamento nella composizione negoziata
Proprio il piano di risanamento è l’asse portante della composizione negoziata. Non si tratta di un semplice documento accessorio, bensì di un progetto economico, patrimoniale e finanziario che dà sostanza alla memoria negoziale e la rende strumento operativo e difensivo.Un piano di risanamento coerente deve contenere:
- la descrizione delle cause della crisi, con indicazione puntuale dei fattori interni ed esterni che l’hanno determinata;
- la ricognizione analitica dello stato patrimoniale, con verifica di passività scadute, esposizioni bancarie, debiti fiscali e previdenziali;
- una proiezione finanziaria pluriennale, costruita su scenari realistici e verificabili, basata su dati aggiornati e congrui rispetto al settore di attività;
- le misure operative da attuare, comprese eventuali dismissioni di asset, rinegoziazioni di passività, accordi di standstill con creditori strategici e proposte di transazione fiscale ai sensi dell’art. 63 CCII;
- la sostenibilità occupazionale, con il calcolo dell’impatto sociale e le misure di salvaguardia dei livelli occupazionali ove possibile.
Il piano deve poi essere corredato da attestazioni di veridicità e fattibilità da parte dell’esperto nominato, il quale svolge un ruolo di filtro tra l’imprenditore, i creditori e il Tribunale. In alcune prassi più evolute, come emerge da recenti provvedimenti di merito, Tribunale di Milano incluso, il piano di risanamento viene espressamente menzionato come parametro di riferimento per valutare l’idoneità delle misure protettive e la permanenza dei requisiti per la procedura.
In concreto, piano di risanamento e memoria negoziale operano in stretta sinergia: la memoria raccoglie, spiega e struttura i dati essenziali, mentre il piano di risanamento fornisce la dimostrazione tecnico-economica che la continuità è realisticamente perseguibile. Un piano insufficiente, privo di ipotesi finanziarie attendibili o di proposte concrete ai creditori, è la prima causa di rigetto delle istanze o di decadenza dalle misure protettive concesse.
Un punto delicato resta la gestione del rapporto con l’Agenzia delle Entrate. L’art. 63 CCII prevede la possibilità di transazione fiscale, ma vincola l’accettazione a parametri di convenienza per l’Erario. Senza una sezione dedicata nel piano di risanamento, che illustri in modo analitico perché la continuità genererebbe maggiori recuperi rispetto alla liquidazione atomistica, la trattativa con l’Amministrazione finanziaria resta sulla carta. Le più recenti risposte ad interpello (AE 121/2024 e 177/2025) confermano infatti che l’Amministrazione non è tenuta a trattare se mancano basi documentali idonee a comprovare la convenienza.
In questa prospettiva, la vera tutela favor debitoris risiede nella qualità del piano: ogni tabella di flusso, ogni scenario di rientro, ogni attestazione di sostenibilità contribuisce a rafforzare la posizione dell’imprenditore dinanzi a eventuali revoche o opposizioni. Un piano di risanamento ben costruito diventa anche presidio difensivo contro possibili azioni di responsabilità per mala gestio, dimostrando l’adempimento del dovere di attivazione tempestiva e la corretta gestione degli adeguati assetti.
Se l’istituto della composizione negoziata intende davvero assolvere alla sua funzione di stabilizzazione e rilancio, non può ridursi a una mera istanza formale: richiede una cultura di piano, memoria e attestazione tecnica che le imprese — e i professionisti che le assistono — devono essere in grado di costruire con metodo, veridicità e coraggio.
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Al termine del corso i partecipanti saranno in grado di comprendere requisiti, accesso e funzionamento della composizione negoziata; valutare la gestione documentale, le misure protettive e autorizzatorie; distinguere tra strumenti protettivi e cautelari con riferimento alla giurisprudenza più recente ed esaminare criticità nei rapporti con banche, Agenzia delle Entrate, enti previdenziali.
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Fonti di riferimento
- * d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi)
- * d.lgs. 83/2024 (correttivo ter)
- * Art. 2086, comma 2, c.c.
- * Art. 63 CCII
- * Risposte AE 121/2024, 177/2025
- * Dati Unioncamere, Monitoraggio Crisi d’Impresa, maggio 2025 ([www.unioncamere.gov.it](https://www.unioncamere.gov.it))
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