Competenze dei dirigenti scolastici e dei dirigenti di altre amministrazioni pubbliche in materia di sanzioni disciplinari

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L’esercizio dell’azione disciplinare dei dirigenti delle amministrazioni pubbliche, di cui al d. lgs. 165/2001,  è stato  oggetto di diversi interventi legislativi che hanno considerato il ruolo dirigenziale con alterne valutazioni, a volte potenziandone e a volte  sminuendone  la funzione, attraverso un diverso riconoscimento delle specifiche competenze in materia disciplinare.

Prima della riforma cosiddetta “Brunetta”, introdotta con il d. lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 e in vigore dal 15 novembre 2009, al dirigente delle amministrazioni pubbliche era riconosciuta la competenza ad irrogare  le sanzioni del “rimprovero verbale” e del “rimprovero scritto (censura)”, mentre per tutte le altre sanzioni più gravi  era competente l’Ufficio Procedimenti Disciplinari (U.P.D.).

Nel 2009, con la riforma voluta dal  Ministro Brunetta, per ottimizzare la produttività del lavoro pubblico, era stato valorizzato il ruolo dei dirigenti, in quanto responsabili della gestione delle risorse umane, nonché della qualità e quantità del prodotto delle pubbliche amministrazioni e, pertanto, veniva loro riconosciuta piena ed esclusiva competenza per  avviare e concludere l’intero procedimento relativo alle  seguenti sanzioni disciplinari:

-rimprovero verbale;

-rimprovero scritto (censura);

-multa di importo variabile fino a massimo 4 ore di retribuzione;

-sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a 10 giorni.

Per tutte le altre sanzioni più gravi la competenza era dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari.

Nuove modifiche alla suddetta ripartizione sono, però, intervenute con la riforma cosiddetta “Madia”  (d. lgs. 25 maggio 2017, n. 75, in vigore dal 22 giugno 2017 ) e ai dirigenti delle amministrazioni pubbliche (e non ai dirigenti scolastici, come si dirà più avanti) è stata conservata la sola competenza sanzionatoria del “rimprovero verbale”, mentre all’Ufficio Procedimenti Disciplinari sono state riservate  tutte le restanti sanzioni.

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Parere del Consiglio di Stato sul taglio operato dalla riforma Madia

Questa modifica – certamente riduttiva dell’esercizio della funzione disciplinare – è stata considerata dal legislatore come una salutare innovazione e anche il Consiglio di Stato,  chiamato ad esprimere il proprio parere ( adunanza della Commissione Speciale dell’11 aprile 2017) sullo schema del d. lgs. della riforma Madia, con il quale venivano apportate modifiche e integrazioni al Testo Unico del Pubblico Impiego (d.lgs. 30 marzo 2001, n.165), ha espresso condivisione sulle innovazioni inerenti alla competenza del dirigente (o responsabile della struttura) all’irrogazione della sola sanzione di minore entità del “rimprovero verbale”, a differenza della precedente previsione  dell’art. 55-bis, comma 1, del T.U., che, invece, riservava alla competenza del responsabile della struttura avente qualifica dirigenziale l‘irrogazione del “rimprovero verbale” e delle altre tre sanzioni  più afflittive.

La novella “Madia” è intervenuta con forte volontà innovativa sulla potestà datoriale sanzionatoria e ha determinato un diverso esercizio della funzione disciplinare tra i vari dirigenti, riconoscendo solo ai dirigenti scolastici  la competenza complessiva (vale a dire dalla contestazione dell’addebito all’irrogazione della sanzione) a trattare tutti i procedimenti disciplinari dei loro dipendenti, cui consegue una sanzione massima della  “sospensione fino a dieci giorni”.

Per una più completa cognizione di quanto appena detto si riporta, di seguito, il comma 9-quater, aggiunto con la riforma Madia all’articolo 55-bis del d. lgs. 165/2001:

Per il personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, il procedimento disciplinare per le infrazioni per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni fino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni è di competenza del responsabile della struttura in possesso di qualifica dirigenziale e si svolge secondo le disposizioni del presente articolo. Quando il responsabile della struttura non ha qualifica dirigenziale o comunque per le infrazioni punibili con sanzioni più gravi di quelle indicate nel primo periodo, il procedimento disciplinare si svolge dinanzi all’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari”.

Differente competenza disciplinare tra dirigenti

Questo  diverso ruolo,  creato dal legislatore, tra dirigenti scolastici ( unico caso in cui è stata mantenuta la previgente competenza disciplinare) e dirigenti appartenenti ad altre amministrazioni pubbliche,  determina una differente potestà sanzionatoria   tra soggetti chiamati a svolgere le stesse funzioni in una materia di massima espressione di gestione delle risorse umane.

E’ piuttosto inconsueto, infatti, riconoscere ad alcuni dirigenti la sola possibilità di irrogare un semplice “rimprovero verbale”, che risulta poco pregnante per l’esercizio di una funzione dirigenziale alla quale dovrebbero essere riservati  idonei strumenti per far comprendere che il cosiddetto  “Capo di prossimita”  ha  poteri e facoltà  da esercitare con tempestività e immediatezza, per reprimere illecite condotte e violazioni comportamentali.

A giustificare le differenti competenze  tra dirigenti scolastici e dirigenti di altre  amministrazioni pubbliche, sono state l’autonomia riconosciuta agli istituti scolastici e soprattutto il numero dei soggetti coinvolti, trattandosi  di migliaia di docenti e personale ATA delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, con conseguente difficoltà ad esercitare l’azione sanzionatoria da parte degli Uffici Procedimenti Disciplinari istituiti presso gli Ambiti Territoriali.

Quanto appena detto trova  conferma nella relazione illustrativa dello schema del d. lgs. 25 maggio 2017, n. 75 (riforma Madia) recante modifiche e integrazioni al d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ove è precisato che la differenziazione si è resa necessaria “ in quanto ciascuno dei cento ambiti territoriali gestisce in media migliaia di dipendenti del settore scolastico e si fa carico di curare svariate decine di procedimenti disciplinari gravi all’anno. Gli ambiti territoriali non sarebbero in grado di far fronte all’ulteriore carico di lavoro che deriverebbe dai procedimenti disciplinari di minore gravità.

Infatti, sebbene al riguardo non siano disponibili dati circa la relativa numerosità, è ragionevole supporre che si tratti di più di diecimila procedimenti all’anno, essendo sicuramente più numerosi dei procedimenti per infrazioni disciplinari gravi”.

Con le differenti competenze volute  dalla  riforma “Madia” non solo è stato tolto  ai dirigenti delle  amministrazioni pubbliche quello che aveva aggiunto nel 2009 la riforma “Brunetta”, ma è stato eliminato anche quello già riconosciuto in materia disciplinare sin dal T.U. 10 gennaio 1957, n. 3.

In buona sostanza,  prima della riforma Brunetta e da sempre i dirigenti delle amministrazioni pubbliche avevano maggiore autorità disciplinare, essendo competenti ad irrogare non solo il “rimprovero verbale”, ma anche la sanzione del “rimprovero scritto (censura)”, sicché sotto  questa soglia non si sarebbe affatto dovuto scendere, per non svilire la funzione dirigenziale.

Il sistema disciplinare attuale non riconosce più al dirigente delle amministrazioni pubbliche  neanche  la possibilità di formulare una contestazione di addebiti (non essendo prevista per il “rimprovero verbale”) nei riguardi di un suo collaboratore che abbia violato gli obblighi comportamentali, ma deve, anche per cose di poca rilevanza disciplinare (è il caso di comportamenti sanzionati con un semplice “rimprovero scritto”, che potrebbero avere inizio e concludersi all’interno della struttura), elaborare una specifica relazione e inviare all’U.P.D. tutto quanto possa risultare utile.

La potestà sanzionatoria dei dirigenti sarebbe stata condizionata da “buonismi” e “vicinanza”

In effetti la novella Madia ha operato una vera falciatura sulle competenze dirigenziali in materia disciplinare, riducendo ad alcuni di essi un’autorità disciplinare ritenuta eccessiva, perché male esercitata e condizionata da “buonismi” e “vicinanza”: occorreva, pertanto,  togliere ogni potere sanzionatorio, in quanto il semplice “rimprovero verbale” rappresenta quasi niente nell’esercizio di una funzione dirigenziale finalizzata non solo ad amministrare, ma soprattutto a gestire risorse umane.

Verosimilmente poteva essere adottata  una soluzione che il saggio legislatore del T.U. del 1957 aveva già posto in essere, riservando al dirigente (prima ancora delle riforme  del D.Lgs. 29/93, ecc. che ne avevano valorizzato il ruolo e le competenze) almeno le prime due sanzioni disciplinari.

C’è una forte volontà di cambiare sempre, anche se incombe il rischio di peggiorare l’esistente o non portarvi alcun beneficio, ma l’avvicendamento dei Ministri e il desiderio di lasciare tracce del loro operato costituiscono una tentazione ineludibile.

Ritornando ai dirigenti scolastici, si ribadisce che essi, in base a quanto sancito nel comma 9-quater dell’art. 55-bis del d. lgs. 165/2001, hanno competenza, per  il personale docente, educativo e ATA, ad irrogare  tutte le sanzioni disciplinari fino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per un massimo di dieci giorni. Le restanti sanzioni più afflittive sono riservate all’Ufficio Procedimenti Disciplinari.

Per il personale della scuola occorre una specifica sessione negoziale

 

La materia disciplinare riguardante i docenti e il personale educativo necessita, però, di una  rivisitazione e, pertanto, all’articolo 29 dell’ultimo  Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, relativo al personale del Comparto Istruzione e Ricerca per il triennio 2016-2018, sottoscritto il 19 aprile 2018, è stato concordato che, in attesa di una specifica sessione negoziale a livello nazionale, che possa procedere alla definizione, per il personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche, della tipologia delle infrazioni disciplinari e delle relative sanzioni, resta fermo quanto stabilito “dal Capo IV Disciplina, Sezione I Sanzioni disciplinari del d. lgs. n. 297 del 1994, con le seguenti modificazioni ed integrazioni all’articolo 498, comma 1, cui sono aggiunte le seguenti lettere, inerenti ai casi che possono determinare la destituzione del docente:

  1. g) per atti e comportamenti o molestie a carattere sessuale che riguardino gli studenti affidati alla vigilanza del personale, anche ove non sussista la gravità o la reiterazione;
  2. h) per dichiarazioni false e mendaci che abbiano l’effetto di far conseguire, a personale che le ha rese, un vantaggio nelle procedure di mobilità territoriale o professionale. “

Nell’art. 29 del CCNL è anche stabilito che, in occasione della sessione negoziale finalizzata a definire, per il personale docente ed educativo, la tipologia delle infrazioni disciplinari e delle relative sanzioni, si dovrà tener conto delle  specificazioni  di seguito riportate:

1) deve essere  prevista la sanzione del licenziamento nelle seguenti ipotesi:

a) atti, comportamenti o molestie a carattere sessuale, riguardanti studentesse o studenti affidati alla vigilanza del personale, anche ove non sussista la gravità o la reiterazione dei comportamenti;

b) dichiarazioni false e mendaci, che abbiano l’effetto di far conseguire un vantaggio nelle procedure di mobilità territoriale o professionale;

2) occorre prevedere una specifica sanzione nel seguente caso:

a) condotte e comportamenti non coerenti, anche nell’uso dei canali sociali informatici, con le finalità della comunità educante, nei rapporti con gli studenti e le studentesse.”

Al momento dell’elaborazione del presente scritto ancora non si è tenuta la specifica sessione negoziale a livello nazionale per definire la materia disciplinare delle istituzioni scolastiche, di cui si è appena detto, anche se nell’art. 29 del CCNL sottoscritto il 19 aprile 2018, è stabilito che avrebbe dovuto concludersi entro il mese di luglio 2018; pertanto la previsione normativa attuale attribuisce ai dirigenti scolastici la competenza ad irrogare al personale docente ed educativo le seguenti sanzioni disciplinari:

– avvertimento scritto;

– censura ;

– sospensione dall’insegnamento fino a 10 giorni.

Le restanti sanzioni più gravi – per le quali si rinvia al prospetto riportato in calce al presente scritto – sono di competenza dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari.

La “sospensione dal servizio fino a 10 giorni” è stata impugnata dinanzi al giudice del lavoro.

La sanzione della “sospensione dal servizio fino a 10 giorni” postula alcune riflessioni perchè, già da tempo, ma soprattutto in questi ultimi mesi, è stata oggetto di attenzione sia da parte del mondo della scuola (docenti e dirigenti scolastici) sia da parte del giudice ordinario del lavoro chiamato a pronunciarsi a seguito di diversi ricorsi finalizzati all’annullamento della sanzione per incompetenza del soggetto che ha esercitato la potestà punitiva.

Per comprendere cosa abbia  determinato il contenzioso è necessario un approfondimento sulla formulazione delle norme che hanno disciplinato le competenze sanzionatorie dei dirigenti scolastici e una valutazione su alcune difficoltà applicative venutesi a creare.

In effetti il comma 9-quater, aggiunto con la riforma Madia del 2017, all’articolo 55-bis del d.lgs. 165/2001, ha stabilito che:

Per il personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, il procedimento disciplinare per le infrazioni per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni fino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni è di competenza del responsabile della struttura in possesso di qualifica dirigenziale.”

Con questa novella (ma già ancor prima, a seguito della riforma Brunetta di cui al d. lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, che con l’art. 72 del d. lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, aveva abrogato gli articoli da 502 a 507 del d. lgs. 16 aprile 1994, n. 297) al dirigente scolastico è stata attribuita la competenza ad infliggere la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio fino a 10 giorni sia nei riguardi del personale docente che del personale ATA; tuttavia, mentre per quest’ultimo  tale misura punitiva è espressamente prevista dall’art. 12 del CCNL, Comparto Istruzione e Ricerca 2016-2018, sottoscritto il 19 aprile 2018 , per il personale docente trova ancora applicazione, in attesa di una specifica sessione negoziale di cui si è detto innanzi,  la sanzione della “sospensione dall’insegnamento fino a un mese”, cosicché è nato il problema sulla corretta applicazione di tali norme.

In effetti si è sostenuto che il dirigente scolastico non potrebbe irrogare nei confronti dei docenti e del personale educativo, la sanzione della “sospensione fino a 10 giorni” perché non espressamente prevista nell’ordinamento degli insegnanti e, pertanto, dovrebbe limitarsi a considerare la fattispecie comportamentale  in relazione alla sanzione edittale astrattamente irrogabile sulla base della disciplina sanzionatoria normativamente prevista.

Con la circolare del 2010 il Ministero dell’Istruzione ha fornito istruzioni operative

Che fossero necessari dei chiarimenti su questa tipologia di sanzione  si era già, verosimilmente, reso conto lo stesso Ministero dell’Istruzione che, all’indomani della riforma Brunetta, si preoccupò di elaborare una meticolosa circolare – la n. 88 dell’8 novembre 2010 – con la quale fornì istruzioni operative  per l’applicazione al personale della scuola delle nuove norme in materia disciplinare introdotte dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e al punto 1 stabilì che : Con riferimento alla sospensione dall’insegnamento fino a un massimo di dieci giorni, la valutazione circa l’entità della sanzione da applicare in rapporto alla gravità dell’infrazione commessa deve essere compiuta dal dirigente scolastico ex ante. Qualora vi sia incertezza circa l’inquadramento della fattispecie concreta come comportamento sanzionabile con la predetta tipologia di sospensione, gli atti devono essere trasmessi all’ufficio per i procedimenti disciplinari …”.

In effetti con questa circolare il Ministero ha tenuto conto delle nuove norme che hanno riconosciuto al dirigente scolastico la possibilità di sospendere il docente per un massimo di 10 giorni, ma ha  contestualmente considerato la coesistenza dell’articolo 494 del d. lgs. 297/94, che prevede  la sospensione dall’insegnamento fino a un mese, sicché  è stato suggerito ai dirigenti  di valutare anteriormente il comportamento da sanzionare e, se ritenuto che possa rientrare  nei 10 giorni di sospensione,  si può procedere autonomamente, altrimenti, nei casi in cui si consideri che il comportamento sia di maggiore gravità, ovvero vi sia  incertezza circa l’inquadramento della fattispecie concreta da sanzionare, occorre inviare gli atti all’Ufficio per i procedimenti disciplinari.

Questa valutazione ex ante suggerita dal Ministero è stata contestata da alcuni docenti destinatari di sanzioni disciplinari di sospensione dall’insegnamento fino a 10 giorni e impugnata dinanzi al giudice del lavoro, perché il dirigente scolastico non avrebbe avuto competenze punitive per le tipologie di comportamenti illeciti contemplati dall’articolo 494 del d.lgs. 297/94, sanzionati con la sospensione dall’insegnamento fino a un mese.

Secondo la Cassazione la competenza deve essere determinata sulla base delle sanzioni edittali

Diversi sono stati i pronunciamenti giurisdizionali su tali fattispecie, sia del giudice del lavoro di primo e secondo grado sia della Corte Suprema di Cassazione, e  sostanzialmente si è ritenuto che il dirigente scolastico, per determinare la propria competenza, deve tener conto della sanzione edittale astrattamente irrogabile sulla base della disciplina sanzionatoria normativamente prevista, senza che sia possibile una valutazione ex ante della gravità del fatto e della conseguente sanzione da irrogare.

La Corte Suprema di Cassazione con la sentenza della Sezione Lavoro n. 28111 del 31 ottobre 2019  ha sancito che “la competenza ad iniziare, svolgere e concludere il procedimento disciplinare deve essere determinata in ragione della sanzione disciplinare come stabilita in astratto, in relazione alla fattispecie legale, normativa o contrattuale, che viene in rilievo. Il principio del giusto procedimento, che trova applicazione anche con riguardo al procedimento disciplinare, e il principio di legalità in senso formale postulano che la competenza risulti determinata dalla legge in modo certo, anteriore al caso concreto, ed oggettivo.

D’altra parte, sostiene sempre la Cassazione, se non fosse così  “si determinerebbe il paradosso che l’individuazione dell’organo competente, da cui discende anche la determinazione delle regole procedurali applicabili, avverrebbe sulla base di un dato incerto ed opinabile, che ben potrebbe essere smentito all’esito del procedimento medesimo svoltosi secondo le suddette regole. “

Analogo pronunciato giurisprudenziale è stato emesso da altro Collegio della  Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, con sentenza n. 30226 del 20 novembre 2019, secondo cui la competenza al dirigente scolastico o all’Ufficio per i procedimenti disciplinari si definisce “esclusivamente sulla base delle sanzioni edittali massime stabilite per i fatti quali indicati nell’atto di contestazione e non sulla base della misura che la Pubblica Amministrazione possa prevedere di irrogare.”

Le considerazioni appena svolte inducono a ritenere che, al momento, si è creata una situazione di particolare incertezza, per la quale i dirigenti scolastici si trovano a dover applicare norme che mal si conciliano con la loro serenità, in una materia estremamente delicata, riguardante il percorso sanzionatorio da seguire e soprattutto l’autorità disciplinare competente.

Il dirigente scolastico deve esercitare le proprie funzioni  dando concreta attuazione alle norme che disciplinano le singole fattispecie inerenti alla gestione del personale  e deve avere certezze sulla fonte legislativa, senza dover far ricorso a ricostruzioni ermeneutiche dell’impianto normativo.

 

Per superare le attuali difficoltà necessita la specifica sessione negoziale

 

E’ indubbio che per superare siffatte difficoltà è necessario dare attuazione a quanto stabilito nell’ultimo accordo negoziale (CCNL 2016-2018) del Comparto Istruzione e Ricerca, ove all’articolo 29 è detto che: “Le parti convengono sull’opportunità di rinviare ad una specifica  sessione negoziale a livello nazionale la definizione per il personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche, della tipologia delle infrazioni disciplinari e delle relative sanzioni [….] La sessione si conclude entro il mese di luglio 2018.”

Come si può comprendere sia il Ministero dell’Istruzione che le Organizzazioni Sindacali, al momento della stipula del contratto, erano pienamente consapevoli della necessità di un intervento su una materia che sta creando conflittualità all’interno delle istituzioni scolastiche e alimentando un significativo contenzioso che si traduce in impegno della magistratura del lavoro nei vari gradi di giudizio e finanche della Corte di Cassazione.

E’, pertanto, abbondantemente giunto il momento, con un orizzonte temporale brevissimo, di dare esecuzione a quanto concordato nel Contratto Collettivo, considerato che il termine del mese di luglio 2018 per concludere la specifica sessione negoziale che avrebbe dovuto riordinare la materia, è scaduto da tantissimo tempo e, al momento del presente scritto, non risulta sia stato posta in essere detta sessione.

 

Nessun problema per il personale ATA

 

Nessuna criticità relativa all’autorità disciplinare competente esiste, invece, nei riguardi  del personale Ausiliario Tecnico e Amministrativo (ATA), per il quale i dirigenti scolastici possono irrogare le seguenti sanzioni disciplinari:

– rimprovero verbale;

– rimprovero scritto (censura);

– multa di importo variabile fino ad un massimo di quattro ore di retribuzione;

– sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a 10 giorni.

Le restanti sanzioni più gravi – per le quali si rinvia al prospetto riportato in calce al presente scritto –  sono di competenza dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari.

Per il suddetto personale trova chiara applicazione il comma 9-quater dell’articolo 55-bis del d. lgs. 165/2001 e non sono emerse difficoltà attuative o interpretative sia dalla parte datoriale sia dai soggetti destinatari.

A conclusione del presente scritto, si ritiene, per ogni utilità operativa, di riportare qui di seguito un sintetico prospetto, di immediata lettura,  delle attuali competenze in materia disciplinare attribuite ai dirigenti delle amministrazioni pubbliche e ai dirigenti scolastici.

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DIRIGENTI AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

 

I dirigenti delle amministrazioni pubbliche di cui al D. Lgs. 165/2001 e succ. mod. e integr. hanno competenza ad irrogare unicamente la sanzione del “Rimprovero verbale”.

 

Tutte le seguenti restanti sanzioni sono di competenza dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari (U.P.D.):

 

-Rimprovero scritto (censura);

-Multa di importo variabile fino ad un massimo di quattro ore di retribuzione:

-Sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a 10 giorni;

-Sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino ad un    massimo di sei mesi;

-Licenziamento con preavviso;

-Licenziamento senza preavviso.

 

Il d. lgs. 165/2001 prevede le seguenti ulteriori sanzioni disciplinari, sempre di competenza dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari:

-Sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di quindici giorni, ai sensi dell’art. 55-bis, comma 7;

-Sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, ai sensi dell’art. 55-sexies, comma 1;

-Sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di tre mesi, ai sensi dell’art. 55 sexies, comma 3.

 

 

DIRIGENTI SCOLASTICI

 

 

La competenza va tenuta distinta tra PERSONALE DOCENTE, EDUCATIVO  E  ATA (Amministrativo Tecnico e Ausiliario).

 

PERSONALE DOCENTE ED EDUCATIVO

 

I dirigenti scolastici hanno competenza ad irrogare le seguenti sanzioni disciplinari:

-Avvertimento scritto;

-Censura;

-Sospensione dall’insegnamento fino a 10 giorni.

 

Le restanti seguenti sanzioni sono di competenza dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari (UPD):

-Sospensione dall’insegnamento da 11 giorni fino a un mese;

-Sospensione dall’insegnamento da oltre un mese a sei mesi;

-Destituzione

 

Riguardo alla sanzione della “sospensione dall’insegnamento fino a 10 giorni”  si ritiene utile rinviare ad alcune considerazioni sulla competenza dei dirigenti scolastici, che sono state esplicitate nel testo del presente lavoro, a seguito di pronunciati giurisprudenziali.

 

PERSONALE AMMINISTRATIVO TECNICO E AUSILIARIO (ATA)

I Dirigenti scolastici hanno competenza a irrogare le seguenti sanzioni disciplinari:

-Rimprovero verbale;

-Rimprovero scritto (censura);

-Multa di importo variabile fino ad un massimo di quattro ore di retribuzione;

-Sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni.

Le seguenti sanzioni disciplinari, più gravi, sono di competenza dell’Ufficio Procedimenti disciplinari:

Sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino a un massimo di sei mesi;

-Licenziamento con preavviso;

-Licenziamento senza preavviso.

Il d. lgs. 165/2001 prevede le seguenti ulteriori sanzioni disciplinari che sono sempre di competenza dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari:

-Sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di quindici giorni, ai sensi dell’art. 55-bis, comma 7;

-Sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, ai sensi dell’art. 55-sexies, comma 1;

-Sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di tre mesi, ai sensi dell’art. 55 sexies, comma 3.

RIFERIMENTI NORMATIVI E GIURISPRUDENZIALI

-Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 – Testo Unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato;

-Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 – Testo Unico delle disposizioni legislative  in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado;

-Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e succ. mod. e integr. – T.U. Dipendenti Pubblici – Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni Pubbliche;

-Legge 15 luglio 2002, n. 145 – Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l’interazione tra pubblico e privato;

-Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 – Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle amministrazioni pubbliche;

-Circolare Ministero dell’Istruzione n. 88 dell’8 novembre 2010  – Indicazioni e istruzioni per l’applicazione al personale della scuola delle nuove norme in materia disciplinare introdotte dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;

Parere Consiglio di Stato dell’11 aprile 2017 sullo schema del decreto legislativo 25 maggio 2017 n. 75 (riforma Madia), con il quale venivano apportate modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

-Decreto Legislativo 25 maggio 2017, n. 75 – Modifiche e integrazioni al d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165. ai sensi degli articoli 16, commi […] e articolo 17 comma 1, lettere […] della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche;

-Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo al Comparto di Istruzione e Ricerca, Triennio 2016-2018, sottoscritto il 19 aprile 2018;

-Sentenza Corte Suprema di Cassazione – Sezione Lavoro – n. 28111 del 31 ottobre 2019;

-Sentenza Corte Suprema di Cassazione – Sezione Lavoro – n. 30226 del 20 novembre 2019.

 

 

 

Dott. Silvestro Pezzuto

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