Come sanare gli abusi edilizi dopo il decreto del fare

AR redazione 15/11/13
Scarica PDF Stampa

Un problema da esaminare è quello della perdurante applicabilità dell’art. 37 – la c.d. DIA in sanatoria – dopo l’entrata in vigore del d.l. 70/2011 convertito con modificazioni dalla l. 106/2011 (28) che ha, come abbiamo detto i precedenza, stabilito l’applicabilità della SCIA alla DIA in edilizia.

Al riguardo occorre partire dalla considerazione già svolta e relativa al fatto che la norma richiamata non ha “abrogato” la disciplina della DIA né ha “sostituito” la SCIA con la DIA, ma ha soltanto previsto l’applicazione delle disposizioni sulla SCIA ai casi regolati dalla seconda; inoltre ha espressamente previsto che l’introduzione della SCIA non fa venire meno né incide sulle disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, sulle responsabilità e sulle sanzioni previste dal d.P.R. 380/2001 e dalle leggi regionali. Sebbene l’intervento normativo potesse essere meglio costruito deve ritenersi che la disciplina del TU 380/2001 sarà sempre applicabile in tutte quelle situazioni in cui non si è fatto ricorso alla SCIA oppure non contemplate dalla disciplina della SCIA.

Innanzitutto, quindi, si potrà fare ricorso al sistema sanzionatorio previsto per la DIA – ivi compreso il meccanismo di DIA in sanatoria – ove si sia iniziato un intervento edilizio (assentibile con DIA-SCIA) ma senza titolo abilitativo.

Nel caso, invece, in cui si sia fatto ricorso alla SCIA, la procedura da attivare dovrà essere necessariamente quella disciplinata dall’art. 19 della 241/1990: l’amministrazione comunale, entro trenta giorni dal ricevimento della SCIA ed “in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti” dovrà adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. In altri termini, la sanatoria della SCIA avviene tramite l’invito, rivolto dalla PA al soggetto che sta effettuando l’attività edilizia, a conformare l’attività svolta alla normativa; ove codesto non provveda (nei termini fissati dall’amministrazione) la stessa dovrà vietare la prosecuzione dell’attività ed ordinare la rimozione degli effetti. A questo punto – decorso il termine fissato ed a fronte di un provvedimento demolitorio – può ritenersi che, ricorrendone tutti i presupposti (opera assentibile a DIA e sussistenza della cd. doppia conformità) il soggetto che ha ricevuto l’ordine di demolizione possa (nei termini fissati dal predetto ordine) chiedere una DIA in sanatoria ex art. 37 TU 380/2001 e – medio tempore – la sospensione dell’ordine demolitorio.

Nel contempo, però, ove l’amministrazione non intervenga nei trenta giorni previsti, e fatti salvi i limitatissimi casi in cui può provvedere comunque in autotutela, le irregolarità riscontrate non potranno essere sanzionate determinandosi una sorta di silenzio assenso con conseguente sanatoria (sul piano amministrativo).

Ovviamente ove l’attività espletata sia qualcosa di sostanzialmente diverso (da un punto di vista tipologico, strutturale o dimensionale) rispetto all’intervento segnalato al Comune, oppure nel caso in cui l’interessato ricorra alla SCIA per interventi necessitanti del permesso di costruire (o della DIA alternativa) saremmo fuori dall’ambito applicativo della SCIA; in presenza di un intervento diverso – tale da costituire un aliud pro alio – si applicherà la disciplina del TU 380/2001, verificando il titolo abilitativo necessario (permesso o DIA), le sanzioni da applicare e le possibili sanatorie ai sensi degli artt. 36 e 37 del TU.

 

testo estratto dal volume

Come sanare gli abusi edilizi, di D’Angelo Nicola

Maggioli Editore, novembre 2013

€ 32,00 ACQUISTA

 

 

 

AR redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento