Come funziona l’adozione in Italia

Laura Citroni 28/10/16
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Dedichiamo oggi un articolo all’adozione, istituto molto delicato, perché peculiare non solo dal punto di vista giuridico, ma anche e soprattutto per quanto riguarda le inevitabili implicazioni sociologiche e psicologiche che comporta.

Sebbene negli ultimi settant’anni per vari fattori istituzionali e sociologici sia drasticamente diminuito il numero di minori italiani in palese stato di abbandono, esistono ancora, purtroppo, casi tali da portare alla dichiarazione di stato di adottabilità del minore.

A seguito dell’evoluzione legislativa e sociologia del concetto di famiglia avvenuta nel secolo scorso, l’istituto dell’adozione oggi ha l’obiettivo di garantire ai bambini il soddisfacimento del primario diritto ad avere una famiglia, ed è proprio a questo diritto che si ispira la disciplina dell’adozione (Legge n. 184/1983, come modificata dalla Legge n.149/2001, di seguito L.Adoz.).

Tralasciando, in quanto non di nostra competenza, l’aspetto sociologico e psicologico che porta un minore ad essere dichiarato adottabile, oggi intendiamo focalizzarci sull’iter che una coppia di “aspiranti” genitori deve seguire.

L’art.6 L.Adoz. prevede requisiti oggettivi e soggettivi da rispettare: dando per scontato  che la coppia sia in possesso dei requisiti soggettivi richiesti (in ogni caso sempre oggetto di indagini da parte del Tribunale dei minorenni e dei servizi sociali), quali l’idoneità ad educare, istruire e mantenere i minori in adozione, ci focalizziamo sui requisiti oggettivi.

La norma stabilisce i seguenti limiti:

  1. stabilità della coppia: i coniugi devono essere uniti in matrimonio da almeno tre anni (nel corso dei quali non deve essere intercorsa separazione personale, nemmeno di fatto): l’istituto si è comunque plasmato sull’evoluzione dei costumi e la novella del 2001 ha incluso nel computo dei tre anni richiesti anche un eventuale periodo di convivenza precedente al matrimonio;
  2. età degli adottanti: l’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando.

La prescrizione di un divario di età, tra adottanti ed adottando, ha la funzione di offrire al minore genitori adottivi non troppo giovani né troppo anziani ed intende ribadire, anche sotto il profilo della differenza d’età, l’esigenza di assicurare al minore l’inserimento in un nucleo familiare il più possibile idoneo a provvedere alla sua crescita.

I limiti di cui sopra sono derogabili nel caso in cui il Tribunale per i minorenni dovesse accertare che dalla mancata adozione deriverebbe un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore; non è preclusa l’adozione quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni, o quando essi siano genitori di figli naturali o adottivi dei quali almeno uno sia in età minore, ovvero quando l’adozione riguardi un fratello o una sorella del minore dagli stessi adottato.

Una coppia che intenda ricorrere all’adozione deve presentare domanda al Tribunale dei minorenni: sui siti istituzionali dei vari tribunali dislocati sul territorio nazionale si possono reperire i moduli necessari. La domanda di adozione, di fatto, consiste nella dichiarazione delle disponibilità ad adottare un bambino in stato di abbandono. Generalmente a corredo della domanda è richiesta una serie di documentazione che può tuttavia variare, nel dettaglio, da un tribunale all’altro. Una coppia può presentare più domande anche successive a più tribunali per i minorenni, purché ne dia comunicazione a tutti gli altri tribunali. La domanda decade dopo tre anni dalla presentazione e può essere rinnovata. 

Ricevuta la domanda, il Tribunale attiva tutte le procedura necessarie per verificare l’idoneità dei richiedenti, sia dal punto di vista soggettivo che sotto l’aspetto oggettivo come accennato sopra.

Al centro dell’intero procedimento di adozione resta esclusivamente l’interesse del minore ad avere una famiglia, tanto che il Tribunale vaglierà tutte le domande di adozione ricevute e sceglierà la coppia che ritiene possa maggiormente soddisfare le esigenze del minore.

A quel punto il Giudice disporrà l’audizione del pubblico ministero, degli ascendenti dei richiedenti (e anche del minore che ha compiuto i 12 anni e anche del minore di età, in considerazione della sua capacità di discernimento).

Conclusa positivamente questa fase, il Tribunale dispone con ordinanza l’affidamento preadottivo del minore alla coppia prescelta; l’ordinanza viene comunicata al pubblico ministero, alla coppia richiedente ed al tutore del minore.

Nel corso dell’anno di affidamento preadottivo il Tribunale incaricherà i servizi sociali locali di vigilare sul buon andamento dell’affidamento e prenderà tutti gli eventuali provvedimenti che si dovessero rendere necessari.

Al termine di questo periodo, sentiti i coniugi adottanti, il minore che ha compiuto i 12 anni (o anche il minore di età, in considerazione della sua capacità di discernimento), il pubblico ministero, il tutore, i servizi sociali locali e i figli dei coniugi adottanti (se maggiori di 12 anni), il Tribunale si pronuncia con sentenza disponendo, o meno, l’adozione.

La sentenza viene notificata al pubblico ministero, agli adottanti, e al tutore del minorenne, i quali possono proporre impugnazione dinanzi alla sezione per i minorenni della Corte di Appello (secondo grado di giudizio) entro 30 giorni dalla notifica. La Corte di Appello, sentite le parti ed esperito ogni accertamento, pronuncia sentenza che viene notificata alle parti le quali possono proporre ricorso entro 30 giorni alla Corte di Cassazione (terzo ed ultimo grado di giudizio), solo in  caso di violazione o falsa applicazione di norme di diritto. 

Laura Citroni

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