Come deve essere intesa la pena più grave prevista dall’art. 187 disp. att. c.p.p.

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(Ricorso dichiarato inammissibile)

(Riferimento normativo: Disp. att. c.p.p., art. 187)

Il fatto

La Corte di appello di Napoli rigettava la richiesta del condannato di declaratoria di nullità dell’ordine di esecuzione emesso a suo carico da parte del Procuratore generale presso la medesima Corte in relazione alla sentenza emessa il 9 maggio 2019, parzialmente definitiva il 19 febbraio 2020 in ordine al reato di cui all’art. 648 cod. pen..

In particolare, l’ordine di esecuzione era stato legittimamente emesso in relazione ad una pena minima certa, potendo al più determinarsi, in sede di rinvio, un incremento della stessa per effetto del riconoscimento del vincolo della continuazione con i fatti in precedenza giudicati mentre non vi era dubbio che il reato in ipotesi più grave fosse quello oggetto della sentenza da ultimo pronunciata per la quale era stato emesso l’ordine di esecuzione che aveva avuto ad oggetto un episodio di ricettazione aggravato ex art. 7 I. n. 203 del 1991 mentre la precedente sentenza aveva ad oggetto un episodio di ricettazione non aggravato.

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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso l’ordinanza proponeva ricorso il difensore del condannato che aveva dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione in quanto a suo avviso il giudice dell’esecuzione aveva trascurato di considerare che in fase esecutiva il reato più grave va individuato sulla base della pena inflitta in concreto in quanto per pena più grave non può intendersi quella finale riportata in sentenza, all’esito degli aumenti per aggravanti o delle diminuzioni per attenuanti o per il rito, quanto quella individuata come pena base dal giudice del merito per il reato più grave.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso proposto veniva dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.

Si evidenziava a tal proposito prima di tutto come il giudice avesse affermato la legittimità dell’ordine di esecuzione perché la sentenza di condanna, per la parte non oggetto di annullamento con rinvio, aveva riferimento al reato certamente più grave della ipotizzata continuazione con altro episodio oggetto di condanna già in precedenza divenuta irrevocabile.

Il giudice del rinvio, per effetto della statuizione di annullamento, era stato investito del compito di valutare la sussistenza della continuazione con l’episodio giudicato con la sentenza divenuta irrevocabile il 13 gennaio 2015 che a sua volta aveva irrogato una pena meno elevata.

Ciò posto, si faceva presente come il criterio per l’individuazione del reato meno grave sia rinvenibile, trattandosi di statuizioni di condanna irrevocabili, nell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. che impone di aver riguardo alla pena più elevata determinata in concreto dal giudice – Sez. 1, n. 31640 del 09/05/2014; cfr., anche, Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, e Sez. U, n. 6296 del 24/11/2016, dep. 2017 – rilevandosi al contempo come non risponda al contenuto precettivo dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. quel che aveva affermato il ricorrente ossia che la pena più grave in concreto irrogata debba essere individuata facendo riferimento alla quantità posta a base per il computo delle circostanze atteso che la giurisprudenza di legittimità è nel senso che per pena più grave debba intendersi quella determinata in concreto ovviamente all’esito delle operazioni rese necessarie dall’incidenza degli elementi circostanziali.

Ciò posto, sulla base del criterio così linearmente delineato, senza letture della disposizione non giustificate dal chiaro tenore letterale, ad avviso del Supremo Consesso, non vi era dubbio che il reato oggetto della sentenza divenuta (parzialmente) definitiva il 19 febbraio 2020 fosse quello più grave e quindi non vi era allora alcun ostacolo alla messa in esecuzione della sentenza per la parte in cui aveva definitivamente pronunciato su quel reato che forma capo autonomo tenuto conto altresì del fatto che, in caso di reato continuato, peraltro composto da episodi oggetto di distinte sentenza, si era ovviamente di fronte a capi autonomi ciascuno relativo al reato che della continuazione forma oggetto e, quando la statuizione di condanna per il reato più grave diviene irrevocabile la pena per esso inflitta, che è base per il computo degli aumenti in relazione agli altri reati di minore gravità, ben può essa essere messa in esecuzione perché la connessione con il reato oggetto di annullamento non interferisce con la definitività della pronuncia.

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante nella parte in cui si spiega come deve intendersi la pena più grave a cui fa riferimento l’art. 187 disp. att. c.p.p. ai sensi del quale: “Per l’applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato da parte del giudice dell’esecuzione si considera violazione più grave quella per la quale è stata inflitta la pena più grave, anche quando per alcuni reati si è proceduto con giudizio abbreviato”.

Difatti, in tale pronuncia, una volta fatto presente che l’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. impone di aver riguardo alla pena più elevata determinata in concreto dal giudice, è postulato che la determinazione in concreto di questa pena deve avvenire all’esito delle operazioni rese necessarie dall’incidenza degli elementi circostanziali.

Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di comprendere cosa debba intendersi per “pena più grave” in relazione a quanto disposto dalla succitata norma attuativa del c.p.p..

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica processuale, dunque, non può che essere positivo.

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Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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