Che l’accertata illegittimità dei predetti atti non consente peraltro al Tribunale di sovrapporsi all’Amministrazione nella scelta fra le molte possibili zonizzazioni dell’area di proprietà del ricorrente, e che il nuovo assetto regolatorio della medesima

Lazzini Sonia 24/12/09
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Che il predetto danno a giudizio del Collegio è quantificabile nella differenza fra il valore commerciale attuale dell’area in questione, conseguente alla predetta variante urbanistica, e il valore commerciale (comprensivo del manufatto) che avrebbe oggi la stessa area ove fosse stato realizzato a regola d’arte il manufatto oggetto della domanda di titolo edilizio. Da tale importo dovrà essere detratto il costo vivo stimato di costruzione del medesimo manufatto riferito all’anno 2002, ed al risultato dovrà infine essere sommato l’importo del canone complessivo ritenuto ottenibile per la locazione dell’intero immobile per tre anni, maggiorato degli interessi di legge dalla scadenza di ogni rata mensile fino al soddisfo.
Che il ricorrente il 22.12.1998 acquistava mediante decreto del Tribunale fallimentare di Velletri un lotto di terreno edificabile di 5000 mq, con sovrastante piccolo rustico, ricadente in zona C1, Tipo C, residenziale estensiva con indice di edificabilità di 0,10 mc/mq, rapporto massimo di copertura 0,20, altezza massima 4,50, distacco de confini mt. 6,00, distanza dai corpi di fabbrica mt. 12,00;
Che lo stesso presentava al Comune intimato, in data 1.8.2000, domanda di concessione edilizia per la realizzazione di un fabbricato per civile abitazione, composta da piano interrato per m. 136,58 e da piano fuori terra per mq. 171,59 per un volume totale pari a mc. 865,88;
Che il responsabile del procedimento chiedeva ai Direttori dei Settori LL.PP. e viabilità e ********** due relazioni sulla sussistenza delle opere di urbanizzazione primaria, non richieste per i progetti similari e non previste dalla vigente normativa e quindi mai trasmesse da tali uffici;
Che il 10.2.2001 il ricorrente produceva quindi autocertificazione al riguardo, e, a seguito della deliberazione favorevole della Commissione urbanistica del 20.9.2002, in data 20.11.2002 chiedeva nuovamente il rilascio del titolo edilizio al comune, che eccepiva però la necessità del nullaosta paesistico;
Che lo stesso ricorrente in data 18.2.2005 otteneva il predetto nullaosta, superando sia l’inerzia della Regione, mediante l’intervento in via surrogatoria del Ministero, sia l’inerzia del Comune, che non ha mai trasmesso la necessaria documentazione al Ministero stesso;
Che il ricorrente proponeva quindi istanza di riesame dell’originario progetto ottenendo, dopo aver ottemperato a due successive richieste d’integrazione documentale, un nuovo parere favorevole della Commissione edilizia comunale in data 29.9.2005, che veniva però subordinato a due ulteriori successive integrazioni documentali, puntualmente ottemperate dal ricorrente, che provvedeva anche al calcolo degli oneri concessori, stante l’inerzia del Comune nel compiere tale operazione;
Che nelle more del descritto defatigante, incerto ed interminabile iter amministrativo, con delibera di G.R. n. 66 del 14.2.2006 veniva approvata la variante del P.R.G. del Comune, che suddivideva il lotto di 5000 mq. del ricorrente , parte in zona G6 – verde privato diffuso, dove però per l’edificazione era richiesta una superficie minima di 5000 mq, (che il lotto ora suddiviso non possedeva più), e parte in zona L – recupero urbanistico, dove però per l’edificazione era prevista una superficie massima di 1500 mq., che la parte di lotto pur suddivisa ricadente su tale area superava;
Che la nuova zonizzazione operata dal Comune precludeva quindi ogni possibilità edificatoria dell’area di proprietà del ricorrente;
Che il 12.10.2006 veniva infine adottato, dopo più di 6 anni, il provvedimento conclusivo del procedimento d’esame della domanda di concessione edilizia, inevitabilmente denegata per il contrasto con la sopravvenuta variante;
Che il ricorrente, con il ricorso in epigrafe, impugnava i citati provvedimenti di diniego della propria domanda e di adozione della variante urbanistica e chiedeva a questo tribunale di liquidare in via equitativa il risarcimento dei danni causati dall’illegittimo ritardo dell’Amministrazione, del tutto illogicamente protrattosi fino all’adozione di una variante urbanistica che, altrettanto illogicamente, aveva eliminato ogni sua facoltà edificatoria per l’area in esame;
Che al riguardo il ricorrente deduceva i vizi di legittimità per difetto di motivazione del diniego e della variante, nonché di eccesso di potere per abnorme illogicità ed irragionevolezza della
procedura seguita dall’Amministrazione comunale intimata, per violazione del principio dell’affidamento e per ingiustizia manifesta;
qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?
 
I predetti plurimi profili di illegittimità dell’operato del Comune, privi di ogni evidente giustificazione o spiegazione, impongono di accogliere il ricorso consentendo di ritenere assorbite le ulteriori censure d’ordine formale e procedurale
il ricorso a giudizio del Collegio è fondato quanto al dedotto vizio di illogicità ed irragionevolezza della procedura, che ha determinato sia una ingiustizia manifesta, sia la violazione del principio dell’affidamento, in danno del ricorrente: risultano infatti dimostrati per tabulas i numerosi e reiterati ingiustificati aggravamenti di oneri e di tempi procedurali sopradescritti, operati dagli Uffici dell’Amministrazione comunale in danno del ricorrente. Ciò ha incontrovertibilmente determinato un ritardo di almeno 4-5 anni dei tempi fisiologicamente necessari (che risultano essere stati rispettati in fattispecie analoghe riguardanti altri richiedenti) per pronunciarsi sulla sua domanda di titolo edilizio, volto alla realizzazione di una modesta abitazione su di un’area edificabile acquisita mediante asta fallimentare;
Ugualmente evidente è la irragionevolezza, sotto il profilo della violazione dei principi di proporzionalità e di tutela dell’affidamento privato e della manifesta ingiustizia, della scelta operata con la variante urbanistica (che senza il predetto ritardo non avrebbe riguardato il ricorrente), di precludere ogni sua facoltà edificatoria non per una oggettiva inidoneità della sua area, bensì solo perché la stessa area viene ora suddivisa dal medesimo Comune fra due destinazioni urbanistiche, dimensionando le due zone in modo da non rispettare (in una zona per eccesso, nell’altra per difetto…) i limiti di superficie previsti dal Comune stesso per poter costruire;
 
 
a cura di *************
 
 
riportiamo qui di seguito la sentenza numero 11195 del 16 novembre 2009, emessa dal Tar Lazio, Roma
 
 
N. 11195/2009 REG.SEN.
N. 00003/2007 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione Seconda Bis
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 3 del 2007, proposto da:
Ricorrente  *********, rappresentato e difeso dall’avv. ********************, con domicilio eletto presso lo studio della stessa ******************** in Roma, via della Giuliana,38;
contro
Comune di Velletri, rappresentato e difeso dall’****************** e domiciliato in Velletri, p.zza ************************,1; Regione Lazio, non costituita;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
del DINIEGO RILASCIO PERMESSO DI COSTRUIRE e per il RISARCIMENTO DANNI.
 
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Velletri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2009 il dott. ***************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
 
Considerato in fatto e ritenuto in diritto:
Che il ricorrente il 22.12.1998 acquistava mediante decreto del Tribunale fallimentare di Velletri un lotto di terreno edificabile di 5000 mq, con sovrastante piccolo rustico, ricadente in zona C1, Tipo C, residenziale estensiva con indice di edificabilità di 0,10 mc/mq, rapporto massimo di copertura 0,20, altezza massima 4,50, distacco de confini mt. 6,00, distanza dai corpi di fabbrica mt. 12,00;
Che lo stesso presentava al Comune intimato, in data 1.8.2000, domanda di concessione edilizia per la realizzazione di un fabbricato per civile abitazione, composta da piano interrato per m. 136,58 e da piano fuori terra per mq. 171,59 per un volume totale pari a mc. 865,88;
Che il responsabile del procedimento chiedeva ai Direttori dei Settori LL.PP. e viabilità e ********** due relazioni sulla sussistenza delle opere di urbanizzazione primaria, non richieste per i progetti similari e non previste dalla vigente normativa e quindi mai trasmesse da tali uffici;
Che il 10.2.2001 il ricorrente produceva quindi autocertificazione al riguardo, e, a seguito della deliberazione favorevole della Commissione urbanistica del 20.9.2002, in data 20.11.2002 chiedeva nuovamente il rilascio del titolo edilizio al comune, che eccepiva però la necessità del nullaosta paesistico;
Che lo stesso ricorrente in data 18.2.2005 otteneva il predetto nullaosta, superando sia l’inerzia della Regione, mediante l’intervento in via surrogatoria del Ministero, sia l’inerzia del Comune, che non ha mai trasmesso la necessaria documentazione al Ministero stesso;
Che il ricorrente proponeva quindi istanza di riesame dell’originario progetto ottenendo, dopo aver ottemperato a due successive richieste d’integrazione documentale, un nuovo parere favorevole della Commissione edilizia comunale in data 29.9.2005, che veniva però subordinato a due ulteriori successive integrazioni documentali, puntualmente ottemperate dal ricorrente, che provvedeva anche al calcolo degli oneri concessori, stante l’inerzia del Comune nel compiere tale operazione;
Che nelle more del descritto defatigante, incerto ed interminabile iter amministrativo, con delibera di G.R. n. 66 del 14.2.2006 veniva approvata la variante del P.R.G. del Comune, che suddivideva il lotto di 5000 mq. del ricorrente , parte in zona G6 – verde privato diffuso, dove però per l’edificazione era richiesta una superficie minima di 5000 mq, (che il lotto ora suddiviso non possedeva più), e parte in zona L – recupero urbanistico, dove però per l’edificazione era prevista una superficie massima di 1500 mq., che la parte di lotto pur suddivisa ricadente su tale area superava;
Che la nuova zonizzazione operata dal Comune precludeva quindi ogni possibilità edificatoria dell’area di proprietà del ricorrente;
Che il 12.10.2006 veniva infine adottato, dopo più di 6 anni, il provvedimento conclusivo del procedimento d’esame della domanda di concessione edilizia, inevitabilmente denegata per il contrasto con la sopravvenuta variante;
Che il ricorrente, con il ricorso in epigrafe, impugnava i citati provvedimenti di diniego della propria domanda e di adozione della variante urbanistica e chiedeva a questo tribunale di liquidare in via equitativa il risarcimento dei danni causati dall’illegittimo ritardo dell’Amministrazione, del tutto illogicamente protrattosi fino all’adozione di una variante urbanistica che, altrettanto illogicamente, aveva eliminato ogni sua facoltà edificatoria per l’area in esame;
Che al riguardo il ricorrente deduceva i vizi di legittimità per difetto di motivazione del diniego e della variante, nonché di eccesso di potere per abnorme illogicità ed irragionevolezza della
procedura seguita dall’Amministrazione comunale intimata, per violazione del principio dell’affidamento e per ingiustizia manifesta;
Che il ricorso a giudizio del Collegio è fondato quanto al dedotto vizio di illogicità ed irragionevolezza della procedura, che ha determinato sia una ingiustizia manifesta, sia la violazione del principio dell’affidamento, in danno del ricorrente: risultano infatti dimostrati per tabulas i numerosi e reiterati ingiustificati aggravamenti di oneri e di tempi procedurali sopradescritti, operati dagli Uffici dell’Amministrazione comunale in danno del ricorrente. Ciò ha incontrovertibilmente determinato un ritardo di almeno 4-5 anni dei tempi fisiologicamente necessari (che risultano essere stati rispettati in fattispecie analoghe riguardanti altri richiedenti) per pronunciarsi sulla sua domanda di titolo edilizio, volto alla realizzazione di una modesta abitazione su di un’area edificabile acquisita mediante asta fallimentare;
Ugualmente evidente è la irragionevolezza, sotto il profilo della violazione dei principi di proporzionalità e di tutela dell’affidamento privato e della manifesta ingiustizia, della scelta operata con la variante urbanistica (che senza il predetto ritardo non avrebbe riguardato il ricorrente), di precludere ogni sua facoltà edificatoria non per una oggettiva inidoneità della sua area, bensì solo perché la stessa area viene ora suddivisa dal medesimo Comune fra due destinazioni urbanistiche, dimensionando le due zone in modo da non rispettare (in una zona per eccesso, nell’altra per difetto…) i limiti di superficie previsti dal Comune stesso per poter costruire;
Che i predetti plurimi profili di illegittimità dell’operato del Comune, privi di ogni evidente giustificazione o spiegazione, impongono di accogliere il ricorso consentendo di ritenere assorbite le ulteriori censure d’ordine formale e procedurale;
Che l’accertata illegittimità dei predetti atti non consente peraltro al Tribunale di sovrapporsi all’Amministrazione nella scelta fra le molte possibili zonizzazioni dell’area di proprietà del ricorrente, e che il nuovo assetto regolatorio della medesima area pertanto preclude, allo stato, il rilascio del titolo tardivamente denegato dal Comune, causando peraltro al ricorrente un grave danno ingiusto, di cui lo stesso fornisce agevolmente la dimostrazione chiedendo che questo Tribunale provveda alla sua liquidazione in via equitativa;
Che il predetto danno a giudizio del Collegio è quantificabile nella differenza fra il valore commerciale attuale dell’area in questione, conseguente alla predetta variante urbanistica, e il valore commerciale (comprensivo del manufatto) che avrebbe oggi la stessa area ove fosse stato realizzato a regola d’arte il manufatto oggetto della domanda di titolo edilizio. Da tale importo dovrà essere detratto il costo vivo stimato di costruzione del medesimo manufatto riferito all’anno 2002, ed al risultato dovrà infine essere sommato l’importo del canone complessivo ritenuto ottenibile per la locazione dell’intero immobile per tre anni, maggiorato degli interessi di legge dalla scadenza di ogni rata mensile fino al soddisfo.
Che per la quantificazione della predetta somma previa determinazione (secondo un criterio presuntivo di massima dedotto dai prezzi di mercato di zona) dei predetti valori commerciali, dei predetti costi di costruzione e dei predetti canoni di locazione, appare necessario nominare un consulente tecnico d’ufficio del Tribunale, il cui costo (compenso e spese) viene fin d’ora posto a carico del Comune resistente, e che, entro i trenta giorni successivi alla comunicazione o notifica a cura di parte della presente sentenza dovrà consegnare la propria relazione, con i predetti importi e corredata di nota spese, alla Segreteria del Tribunale ed all’Amministrazione, che su tale base dovrà provvedere alla liquidazione del risarcimento del danno, come sopra determinato, in favore del ricorrente entro i successivi 30 giorni.
Che le spese devono infine seguire la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo;
P.Q.M.
Definitivamente decidendo sul ricorso in epigrafe, lo accoglie.
Per l’effetto, condanna il Comune resistente al risarcimento, in favore del ricorrente, del danno, che viene liquidato in via equitativa nella somma determinata come in motivazione;
Nomina CTU, in persona del Direttore dell’Agenzia del Territorio o del funzionario dallo stesso delegato, affinché entro 30 giorni dalla comunicazione o notifica a cura di parte della presente sentenza, comunichi alle Parti ed alla Segreteria del Tribunale gli importi di cui in motivazione necessari ai fini della liquidazione del danno, unitamente alla propria nota spese, che viene fin d’ora posta a carico del Comune resistente.
Ordina al Comune resistente di provvedere al pagamento sopraindicato entro i successivi 30 giorni.
Condanna altresì il Comune resistente alle spese di giudizio, quantificate in Euro 1000,00 (mille).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2009 con l’intervento dei Signori:
****************, Presidente
*****************, ***********, Estensore
*******************, Primo Referendario
Da Assegnare Magistrato, Consigliere
 
L’ESTENSORE             IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/11/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

Lazzini Sonia

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