In data 15 febbraio 2024 il Parlamento ha approvato il disegno di legge di ratifica del Protocollo tra Italia e Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, stipulato a Roma il 6 novembre 2023 che già prevedeva l’utilizzo dei due centri anche come C.P.R. Per superare numerose decisioni contrarie della Corte di Appello di Roma, competente in materia, che avevano sostanzialmente posto nel nulla i trasferimenti nei centri in questione, con decreto legge n.37 del 28 marzo 2025, convertito in legge 23 maggio 2025, n. 75, è stato disposto l’impiego di uno dei due centri istituiti dal Protocollo per il rimpatrio dei migranti irregolari. Tuttavia, nonostante tale provvedimento normativo, la Corte Costituzionale, in data 2 luglio 2025, con la sentenza n.96/2025, ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 2, del decreto legislativo numero 286/1998, sollevate in riferimento sia agli articoli 13, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 5, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sia agli articoli 2, 3, 10, secondo comma, 24, 25, primo comma, 32 e 111, primo comma, della Costituzione. La Consulta ha però statuito che, con riferimento al trattenimento nei centri di permanenza per rimpatri, la disciplina vigente non rispetta la riserva di legge in materia di libertà personale e, quindi, spetta al Legislatore integrarla. Per approfondimenti in materia, consigliamo il volume “Immigrazione, asilo e cittadinanza”, acquistabile sia su Shop Maggioli che su Amazon, un testo di riferimento in materia di diritto all’immigrazione.
Indice
1. Il trattato con l’Albania e la legge n. 75/2025 sui centri per il rimpatrio
In data 5 dicembre 2023 il Consiglio dei Ministri, ha approvato il disegno di legge di ratifica del Protocollo tra il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania e il Governo della Repubblica italiana per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, stipulato a Roma il 6 novembre 2023 [1]. Il documento prevede che nei due centri previsti sul territorio albanese possono essere condotte “esclusivamente persone imbarcate su mezzi delle autorità italiane all’esterno del mare territoriale della Repubblica o di altri Stati membri dell’Unione europea, anche a seguito di operazioni di soccorso”. Tra le misure principali è prevista la clausola di equiparazione delle due aree previste dal Protocollo alle zone di frontiera o di transito indicate dal decreto legislativo n.25/2008, nelle quali si dispone l’espletamento delle procedure accelerate in frontiera. Tali aree sono assimilate rispettivamente agli hotspot e ai centri di permanenza per il rimpatrio di cui al Testo unico sull’immigrazione (C.P.R.). Nei confronti dei migranti è sancita l’applicazione della disciplina italiana e, quindi, europea in materia di immigrazione e di ammissione degli stranieri nel territorio nazionale, con contestuale individuazione esplicita della competenza del Tribunale di Roma (ora Corte di Appello ai sensi della legge n. 187/2024). Per quanto concerne la disciplina amministrativa, viene individuata la competenza del Prefetto, del Questore e della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale con costituzione ad hoc di apposite sezioni di Roma per i provvedimenti da adottare nei confronti dei migranti.Con riferimento, invece, alla tutela della sicurezza, il disegno di legge stabilisce che lo straniero che commette un delitto all’interno delle strutture del Protocollo sia punito secondo la legge italiana se vi è la richiesta del Ministro della giustizia (ferma la necessità della querela della persona offesa, ove si tratti di reato procedibile a querela). Si prevedono anche la competenza dell’autorità giudiziaria e della polizia giudiziaria italiane nelle aree individuate dal Protocollo quando è esercitata la giurisdizione penale, la trasmissione nei casi di arresto in flagranza o fermo del verbale, entro quarantotto ore, al pubblico ministero di Roma e che, nelle successive quarantotto ore, si svolga l’udienza di convalida presso la Corte di Appello della stessa città. Sulla base di tali presupposti, in data 22 febbraio 2024, il parlamento albanese ha approvato l’accordo con l’Italia sul trasferimento di migranti nei due centri in Albania e successivamente la legge è stata promulgata dal presidente della Repubblica. Nelle more, il Parlamento italiano il 15 febbraio 2024 aveva approvato in via definitiva il citato disegno di legge di ratifica del Protocollo.Con lo scopo di legittimare i centri in questione dopo numerose decisioni contrarie dei giudici della Corte di appello di Roma, il governo ha emanato il decreto legge n.37 del 28 marzo 2025 convertito in legge 23 maggio 2025, n. 74, che modifica il funzionamento dei centri per migranti già costruiti nel paese balcanico, trasformandoli a tutti gli effetti in Centri di permanenza per il rimpatrio (C.P.R.), strutture dove vengono trattenuti gli stranieri in attesa di essere rimpatriati nei loro paesi d’origine. Il provvedimento rappresenta il tentativo del governo di rilanciare un’operazione ritenuta strategica che nei mesi scorsi si era arenata a causa dei ripetuti interventi della magistratura che aveva bloccato i trasferimenti dei migranti nei centri albanesi di Shengjin e Gjader ritenendo illegittimi i trattenimenti e ordinando il loro rientro in Italia [2]. La modifica sostanziale del provvedimento consiste nell’ampliare la categoria di migranti che possono essere trasferiti nei centri albanesi, includendo anche coloro che si trovano già sul territorio italiano e sono destinatari di provvedimenti di espulsione. In questo modo, il governo intende utilizzare le strutture già realizzate come veri e propri C.P.R., una funzione che era comunque prevista nell’accordo originale, che contemplava un centro da 144 posti per questa finalità.Con il provvedimento in esame, si aumenta, quindi, la capacità di accoglienza del centro di Gjader: da 48 posti si passerà a 144. Viene poi specificato che la permanenza dei migranti nei C.P.R. albanesi non potrà superare i 18 mesi e i trasferimenti avverranno via nave o aereo, a seconda delle necessità logistiche e della distanza dalle strutture. Per approfondimenti in materia, consigliamo il volume “Immigrazione, asilo e cittadinanza”, acquistabile sia su Shop Maggioli che su Amazon, un testo di riferimento in materia di diritto all’immigrazione.
Immigrazione, asilo e cittadinanza
Obiettivo degli autori è quello di cogliere l’articolato e spesso contraddittorio tessuto normativo del diritto dell’immigrazione.Il volume, nel commento della disciplina, dà conto degli orientamenti giurisprudenziali e delle prassi amministrative, segnalando altresì la dottrina “utile”, perché propositiva di soluzioni interpretative utilizzabili dall’operatore (giudici, avvocati, amministratori, operatori nei diversi servizi).Il quadro normativo di riferimento di questa nuova edizione è aggiornato da ultimo alla Legge n. 176/2023, di conversione del decreto immigrazione (D.L. n. 133/2023) e al D.lgs n. 152/2023, che attua la Direttiva UE/2021/1883, gli ultimi atti legislativi (ad ora) di una stagione breve ma normativamente convulsa del diritto dell’immigrazione.Paolo Morozzo della RoccaDirettore del Dipartimento di Scienze umane e sociali internazionali presso l’Università per stranieri di Perugia.
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2. La sentenza della Corte Costituzionale n.96/2025 in data 2 luglio 2025
In materia di Centri per i rimpatri dei migranti (C.P.R.), in data 2 luglio 2025, è intervenuta la sentenza n.96/2025 con cui la Corte costituzionale si è pronunciata – dichiarandole inammissibili – sulle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come sostituito dall’art. 3, comma 4, lettera a), del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all’utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale), convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 173, nelle parti in cui non disciplina puntualmente i “modi” e i procedimenti per la restrizione della libertà personale all’interno dei citati centri di permanenza ; non prevede i diritti e le forme di tutela dei trattenuti; non indica l’autorità giudiziaria competente al controllo delle modalità di restrizione della libertà personale dei cittadini stranieri in stato di “detenzione amministrativa” all’interno dei C.P.R. e alla tutela giurisdizionale dei loro diritti; non disciplina il ruolo e i poteri di tale autorità giudiziaria; infine, rinvia, pressoché integralmente, a una fonte subordinata, quale l’art. 21, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 (Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).Con la sentenza in questione la Corte costituzionale ha, quindi, dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 2, del decreto legislativo n. 286 del 1998, sollevate in riferimento sia agli articoli 13, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 5, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sia agli articoli 2, 3, 10, secondo comma, 24, 25, primo comma, 32 e 111, primo comma, della Costituzione.Nel comunicato stampa della Corte si precisa tuttavia che, con riferimento al trattenimento nei centri di permanenza per rimpatri, la disciplina vigente non rispetta la riserva di legge in materia di libertà personale e, quindi, spetta al Legislatore integrarla.Le questioni erano state rimesse dal Giudice di pace di Roma, chiamato a convalidare provvedimenti di trattenimento di stranieri in un centro di permanenza per i rimpatri (C.P.R.). Il rimettente aveva denunciato che il trattenimento si svolge secondo modalità e procedimenti non disciplinati da una normativa di rango primario, in violazione della riserva assoluta di legge prevista dall’articolo 13, secondo comma, della Costituzione; aveva inoltre lamentato l’omessa previsione di standard minimi di tutela giurisdizionale, con disparità di trattamento rispetto ai detenuti in carcere, che usufruiscono delle garanzie dell’ordinamento penitenziario.La Corte ha riaffermato che il trattenimento nei C.P.R. implica un “assoggettamento fisico all’altrui potere”, incidente sulla libertà personale.La sentenza ha pertanto ritenuto sussistente il vulnus denunciato con riguardo alla riserva assoluta di legge, in quanto la disposizione censurata reca una normativa del tutto inidonea a definire, con sufficiente precisione, quali siano i “modi” della restrizione, ovvero quali siano i diritti delle persone trattenute nel periodo – che potrebbe anche essere non breve – in cui sono private della libertà personale, disciplina rimessa, quasi per intero, a norme regolamentari e a provvedimenti amministrativi discrezionali.Le questioni sollevate in riferimento agli articoli 13, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione sono state, tuttavia, dichiarate inammissibili, avendo la Corte evidenziato che non è ad essa consentito porre rimedio alla riscontrata carenza, ricadendo sul legislatore il dovere ineludibile di introdurre una normativa compiuta, la quale assicuri il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona trattenuta.A sua volta, la questione riferita agli articoli 2, 3, 10, secondo comma, 24, 25, primo comma, 32 e 111, primo comma, della Costituzione è stata dichiarata inammissibile per incompleta ricostruzione del quadro normativo, riguardo all’operatività, a tutela dei diritti della persona trattenuta, oltre che dello strumento risarcitorio generale di cui all’articolo 2043 del codice civile, altresì del rimedio di cui all’articolo 700 del codice di procedura civile. Il ricorso alla tutela preventiva cautelare assicurata da tale articolo ben può, infatti, giustificarsi contro le violazioni o le limitazioni dei diritti fondamentali, subite da chi sia trattenuto presso un C.P.R., non oggetto di puntuale disciplina da parte del testo unico dell’immigrazione.In proposito, il ministero dell’Interno fa notare che “la pronuncia della Corte costituzionale mette in luce una carenza risalente nel tempo al 1998 ovvero alla legge Turco Napolitano senza tuttavia mettere in discussione la legittimità dell’utilizzo dei C.P.R. per il rimpatrio dei migranti irregolari”. Gli uffici del Viminale sarebbero già impegnati nella redazione di una norma di rango primario, che disciplini compiutamente i trattenimenti in questione.La sentenza è di estrema importanza. La Corte, ricordando la sua giurisprudenza sul trattenimento nei centri di detenzione amministrativa per gli stranieri (sentenze n. 212 del 2023, n. 127 del 2022 e n. 105 del 2001), ma anche la sua recente giurisprudenza (sentenza n. 22/2022) sulle Rems (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) sottolinea con chiarezza che “il trattenimento dello straniero, dunque, in quanto misura incidente sulla libertà personale, non può essere adottato al di fuori delle garanzie dell’art. 13 Cost., essendo da ricondurre alle “altre restrizioni della libertà personale” e che “gli interessi pubblici incidenti sulla materia dell’immigrazione non possono, infatti, scalfire il carattere universale della libertà personale, che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili, spetta ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”.Secondo la Corte, dunque, “sussiste il vulnus lamentato dal rimettente con riferimento alla riserva assoluta di legge di cui all’art. 13, secondo comma, Cost.” in quanto, proprio nel rispetto del citato art. 13 comma 2 Cost. spetta alla “fonte primaria perciò prevedere non solo i casi, ma, almeno nel loro nucleo essenziale, i modi con cui il trattenimento può restringere la libertà personale del soggetto che vi sia sottoposto”. Ciò però non è mai avvenuto in quanto “il legislatore è venuto meno all’obbligo positivo di disciplinare con legge i modi di limitazione della libertà personale, eludendo la funzione di garanzia che la riserva assoluta di legge svolge in relazione alla libertà personale nell’art. 13, secondo comma, Cost. Le modalità del trattenimento sono infatti attualmente impropriamente disciplinate (o non disciplinate affatto) da fonti regolamentari non aventi forza di legge e spesso solo da semplici disposizioni amministrative. La scarna normativa vigente è dunque “del tutto inidonea a definire, in modo sufficientemente preciso, quali siano i diritti delle persone trattenute nel periodo – che potrebbe anche essere non breve – in cui sono private della libertà personale”. Sul punto la Corte è precisa: il legislatore ha un “ineludibile dovere di introdurre una disciplina compiuta che detti, in astratto e in generale per tutti i soggetti trattenuti, contenuti e modalità delimitativi della discrezionalità dell’amministrazione, in maniera che il trattenimento degli stranieri assicuri il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona senza discriminazioni”.Da questa decisione, pertanto, emergono tre aspetti fondamentali. Il primo è l’assimilazione dei C.P.R. ad altre forme di trattenimento da parte dello Stato, tra cui le carceri. Il secondo è la proclamazione del diritto alla libertà personale sancito dall’articolo 13 della Costituzione che afferma che “La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”.Il terzo – fondamentale dal punto di vista culturale e dell’affermazione della civiltà – è quello che un migrante e un profugo devono essere considerati esseri umani. Si rileva, altresì, che meno di 24 ore dopo il deposito della menzionata sentenza, il primo migrante, un cittadino albanese, rinchiuso dallo scorso marzo nel C.P.R. sardo di Macomer, in provincia di Nuoro, è stato rimesso in libertà. La convalida del trattenimento l’aveva data il giudice di pace, la prima proroga la Corte d’appello perché, più tardi, il migrante aveva chiesto asilo. Così anche la successiva richiesta di estendere la detenzione è stata esaminata dal giudice di secondo grado.In realtà l’uomo sarebbe stato comunque dimesso dal Centro per vizi del provvedimento; infatti, il questore di Nuoro ha formulato l’istanza troppo tardi, oltre la scadenza dei termini del provvedimento precedente. Ma se così non fosse stato – scrive la Corte d’appello di Cagliari, sezione specializzata in Immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini Ue – ci si sarebbe dovuti confrontare con “la recentissima pronuncia della Corte costituzionale n. 96 del 2025, come peraltro espressamente richiesto dalla difesa”.Nel testo della decisione si legge che la Consulta ha introdotto “considerazioni che non possono essere eluse dal giudice chiamato a decidere sulle convalide del trattenimento e sulle relative proroghe”. La considerazione principale è che l’attuale disciplina della detenzione amministrativa viola l’articolo 13 della Costituzione perché regola i “casi” del trattenimento ma non i “modi”. Non c’è alcuna norma di rango primario che si occupi di stabilire con precisione quali sono i diritti dello straniero privato della libertà personale, né a quale giudice può rivolgersi per una tutela completa dei propri diritti, esclusi alcuni procedimenti possibili per risarcimento danni o violazioni specifiche.“Ed è qui che si pone la questione da risolvere qualora ci si trovi davanti a un’istanza di convalida o di proroga del trattenimento – secondo la Corte d’appello cagliaritana – perché se è vero che solo il legislatore può, ma come ben spiega la Consulta soprattutto deve, provvedere alla determinazione dei “modi” della detenzione amministrativa, stante la riserva assoluta di legge di cui all’art. 13 Cost., occorre chiedersi che cosa debba fare il giudice di merito a fronte dell’accertamento di un vulnus costituzionale”.Di conseguenza, per la Corte di appello, in assenza di una legge che disciplina i “modi” della detenzione amministrativa “non può che riespandersi il diritto alla libertà personale”.Decisioni analoghe potrebbero essere presto adottate nei confronti di altri migranti rinchiusi nei dieci C.P.R. attivi sul territorio nazionale e in quello di Gjader, in Albania, dove tra l’altro le problematiche elencate dalla Consulta potrebbero aggravarsi a causa dell’extraterritorialità della struttura.
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3. Conclusioni
Si osserva preliminarmente che l’attuale governo attua sostanzialmente tre diverse politiche migratorie [3]. La prima consiste nella prosecuzione dell’accoglienza dei rifugiati ucraini, varata d’urgenza dal governo Draghi nel marzo del 2022 e che continua anche sotto l’attuale esecutivo. Al riguardo, la Commissione U.E. ha proposto di prorogare di un altro anno, fino al 4 marzo 2027, la protezione temporanea per le persone in fuga dalla guerra in Ucraina, e allo stesso tempo ha delineato un piano per coordinare il rimpatrio degli ucraini una volta concluso il conflitto [4]. La seconda politica, anch’essa non nuova ma rafforzata dal governo in carica, consiste nell’apertura nei confronti degli ingressi di lavoratori a causa di una diffusa carenza di manodopera per molte occupazioni. Infatti, Il Consiglio dei Ministri del 30 giugno 2025 ha approvato, in esame preliminare, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri relativo ai flussi migratori per il triennio 2026-2028, che programma per tale periodo gli ingressi regolari in Italia di lavoratori non comunitari. L’obiettivo del provvedimento è di consentire l’ingresso in Italia di manodopera indispensabile al sistema economico e produttivo nazionale e altrimenti non reperibile. Inoltre, con la stabile individuazione di un meccanismo d’immigrazione legale e controllato, si attivano canali di comunicazione fondamentali nel dialogo con i Paesi di origine dei flussi migratori e si costruisce uno strumento per il contrasto a fenomeni di irregolarità nell’ingresso e permanenza nel nostro Paese, nella lotta contro il lavoro sommerso e allo sfruttamento dei lavoratori. Nell’arco del triennio 2026-2028 le unità autorizzate saranno 497.550, con la seguente ripartizione:Lavoro subordinato non stagionale e autonomo, 230.550 unità.Lavoro stagionale nei settori agricolo e turistico, 267.000 unità.Le quote sono state determinate tenendo conto dei fabbisogni espressi dalle parti sociali e delle domande di nulla osta al lavoro effettivamente presentate negli anni scorsi, con l’obiettivo di una programmazione che recepisca le esigenze delle imprese e che sia anche realistica. Si tratta di un numero in ulteriore crescita rispetto ai 450.000 ingressi già programmati per il triennio 2023-2025.La terza politica, è rappresentata dalla chiusura verso gli ingressi per ragioni umanitarie. individuando in tale settore la linea strategica dell’esecutivo. In sostanza, il governo attuale in materia migratoria si muove tra opposte esigenze: quella della chiusura delle frontiere, quella della solidarietà con l’Ucraina, quella dell’apertura ai lavoratori richiesti dal sistema produttivo. In questa cornice s’inserisce l’accordo con l’Albania e la realizzazione di centri extraterritoriali per l’esame delle domande di asilo e per i C.P.R. In tale contesto, non vi è dubbio che la sentenza della Corte costituzionale in data 2 luglio 2025, unitamente alle recenti decisioni della Corte di Cassazione in data 30 maggio 2025 e della Corte di Giustizia europea in data 3 giugno 2025, potrebbe rappresentare un ulteriore vulnus alla politica migratoria del governo e arriva in un momento di incertezza normativa; entro il 1° agosto, infatti, si attende una pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che dovrà esprimersi sulla questione se un Paese di origine possa essere designato come sicuro in presenza di eccezioni relative a categorie di persone e come i giudici possano controllare se la designazione è legittima, mentre il regolamento europeo su immigrazione e asilo, che potrebbe incidere sui trasferimenti dei migranti, dovrebbe entrare in vigore solo nel 2026.Non si può disconoscere, tuttavia, che le affermazioni di principio sull’illegittimità costituzionale del sistema di trattenimento sono inequivocabili e possono produrre effetti concreti sia se il legislatore darà seguito alla decisione, sia in caso contrario. D’altro canto anche nel 2022 la sentenza della stessa Corte relativa alle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) aveva stabilito che anche in presenza di violazione della libertà personale è indispensabile un intervento normativo.In conclusione, si osserva che anche questa volta la Consulta ha assunto nella fattispecie in esame un atteggiamento cauto, preoccupandosi di contemperare le conseguenze delle proprie affermazioni e l’impatto concreto sulle norme, contrapponendo un argomento demolitorio del quadro legale a uno che sottolinea come solo il Parlamento possa intervenire in materia. Tuttavia, è innegabile che la stessa Corte ha cercato di salvaguardare la condizione umana e giuridica del migrante e ha sottolineato la necessità delle tutele che lo Stato dovrebbe garantire nel trattenimento, pur pervenendo ad una dichiarazione di inammissibilità della richiesta del giudice a quo.
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Note
[1] P. Gentilucci, Il trattato Italia-Albania sui centri di detenzione, in Diritto.it del 13 novembre 2025.
[2] P. Gentilucci, Centri in Albania: i provvedimenti del governo, in Altalex del 18 aprile 2025.
[3] P. Gentilucci, Le politiche migratorie del governo e le recenti decisioni dei giudici, in Diritto.it del 25 giugno 2025.
[4] M. Ambrosini, Tutte le contraddizioni del governo sulle politiche migratorie, in Lavoce.info del 25 ottobre 2024.
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