Gli enti di previdenza privatizzati possono adottare provvedimenti di variazione di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del ” pro rata ” in relazione alle anzianità già maturate rispetto all’introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti. Il riferimento al principio del ” pro rata ” deve intendersi fatto dal legislatore con riferimento ai parametri suscettibili di frazionamento nel tempo e di separata valutazione in relazione ai periodi temporali di vigenza di diverse normative. Detto principio non può avere valenza generale e non è applicabile ai parametri non suscettibili di frazionamento nell’arco dell’intero periodo contributivo; in particolare, non è applicabile al sistema di calcolo della pensione, che non è suscettibile di frazionamento, può avvenire esclusivamente al momento dell’accoglimento della domanda di pensionamento e deve essere eseguito secondo le norme in vigore in quel momento.
La sentenza della Suprema Corte riportata in massima, in relazione ad una controversia riguardante la contestata legittimità di un regolamento della Cassa Ragionieri che aveva innovato il criterio di determinazione del trattamento pensionistico incrementando il numero dei redditi della base pensionabile da 10 a 12 sugli ultimi quindici redditi dichiarati dall’iscritto, affronta e risolve in guisa non del tutto condivisibile, un nodo problematico particolarmente delicato e, cioè, quello della corretta interpretazione dell’obbligo del rispetto del pro rata in caso di adozione di provvedimenti modificativi dei criteri di determinazione del trattamento pensionistico posto, a carico degli enti previdenziali privatizzati, dall’art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995.
La richiamata norma prevedeva, nel testo vigente all’epoca dell’entrata in vigore della contestata delibera, che gli enti potessero adottare : “…provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del princìpio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti”.
La Suprema Corte, nell’analizzare la portata della richiamata disposizione, ha ritenuto la stessa inapplicabile ai parametri (ritenuti) non suscettibili di frazionamento nell’arco dell’intero periodo contributivo; in particolare, il pro rata non sarebbe applicabile al sistema di calcolo della pensione, che non sarebbe suscettibile di frazionamento e potrebbe avvenire esclusivamente al momento dell’accoglimento della domanda di pensionamento secondo le norme in vigore in quel momento.
Ora, a ben guardare, la motivazione non particolarmente articolata della sentenza, non può che lasciare perplessi in quanto, a parere della Suprema Corte, il sistema di calcolo della pensione sarebbe, di per sè, insuscettibile di frazionamento e ciò non può che condurre all’ulteriore ineliminabile deduzione che la previsione dell’obbligo del rispetto del pro rata in caso di provevdimenti modificativi dei criteri di determinazione della pensione posta dall’art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995 sia sostanzialmente insuscettibile di trovare concreta applicazione.
Che senso avrebbe, infatti, imporre il rispetto del pro rata con riferimento a provvedimenti che, modificando il sistema di calcolo della pensione, non sarebbero, poi, seguendo la tesi della Suprema Corte, suscettibili di frazionamento all’atto del pensionamento?
Inoltre, gli stessi coefficienti di rendimento, citati espressamente dall’art. 3 comma 12 della L. n. 335 del 1995, entrano a far parte del sistema di calcolo della pensione, sicchè, anche con riferimento ad essi, dovrebbe concludersi, seguendo l’impostazione della Suprema Corte, per l’inapplicabilità del principio del pro rata in caso di provvedimenti modificativi degli stessi, con l’evidente conseguenza che l’obbligo del rispetto del pro rata verrebbe, così, privato di qualsivoglia effetto giuridico.
Seguendo l’opzione ermeneutica avallata dalla Suprema Corte, insomma, si giungerebbe all’assura conclusione per la quale il Legislatore avrebbe imposto il rispetto del pro rata con riferimento a provvedimenti insuscettibili di frazionamento e, in definitiva, avrebbe, conseguentemente, imposto un obbligo ineseguibile.
A ben vedere, invece, il principio del pro rata, nell’ambito del sistema della previdenza sociale ha, come riferimento specifico, proprio il sistema di calcolo della pensione ed è un cirterio, di fonte legislativa ordinaria, volto a preservare le aspettative pensionistiche maturate da iscritti a forme di previdenza sociale in caso di modificazione dei criteri di determinazione della pensione.
Di ciò si trova conferma nella precedente riforma organica del sistema previdenziale pubblico in quanto già il D.Lgs. n. 503/92 (c.d. riforma Amato), all’art. 13 aveva previsto che: “1. Per i lavoratori dipendenti iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, e per i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali amministrate dall’INPS, l’importo della pensione è determinato dalla somma: a) della quota di pensione corrispondente all’importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile; b) della quota di pensione corrispondente all’importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente decreto.”.
Da tale disposizione, sulla base della quale vengono, ancora oggi, calcolate gran parte delle pensioni in corso d’erogazione e prossimamente maturande, risulta che il pro rata è assolutamente compatibile con le modificazioni dei criteri di dterminazione della pensione ed è, anzi, un criterio che assolve, tra l’altro, alla funzione di consentire l’applicazione di diverse normative a diverse frazioni contributive.
Val la pena ulteriormente osservare come la richiamata disposizione confermi espressamente l’applicabilità del pro rata proprio con riferimento alle norme previdenziali che avevano incrementato le retribuzioni da inserire nella base pensionabile stabilendo che, per il calcolo della quota relativa alle anzianità contributive maturate sino al 1° gennaio 1993, restava confermata la previgente disciplina anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile.
Nè, poi, può sottacersi che il principio del pro rata, inteso come applicazione di diversi sistemi di calcolo della pensione per diverse frazioni contributive, è stato imposto, nell’ambito del passaggio al sistema contributivo e nel corpo della medesima legge, per il calcolo delle pensioni miste di tutti i lavoratori dipendenti dall’art. 1 comma 12 della legge 8 agosto 1995 n. 335 nel senso che la pensione è determinata, a mente della richiamata disposizione, dalla somma: a) della quota di pensione corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data; b) dalla quota di pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo.
A conclusione di questa breve nota, è opportuno sottolineare che la stessa Suprema Corte, con proprie precedenti pronunce, aveva sempre interpretato in guisa più rigorosa il principio del pro rata disapplicando, tra gli altri, un provvedimento della Cassa Ragionieri che aveva introdotto un tetto ai trattamenti pensionistici, ritenendo che tale provevdimento, implicitamente, determinava la violazione del principio del pro rata (Cass Civ. Sez Lav n 2224/2004; sui limiti dell’autonomia normativa degli enti previdenziali privatizzati si vedano anche Cass. Civ. Sez. Lav. n. 7010/2005; Cass. Civ. Sez. Lav. n. 17783/2005 e Cass. Civ. Sez. Lav. n. 11792/2005 ).
In sede di commento, poi, si ritiene importante sottolineare come l’opera della giurisprudenza, in un settore che, a prescindere dall’effettiva volontà del legislatore, sta subendo, nei fatti, una progressiva delegificazione con una sovrapproduzione regolamentare da parte di quasi tutti gli enti previdenziali privatizzati, sia di particolare importanza a presidio dei diritti dei professionisti garantiti da limiti di fonte legislativa che dovrebbero rappresentare capisaldi di garanzia e dei quali dovrebbe essere tutelato il rigorso rispetto.
Avv. Giampaolo Cervelli
Per approfondimenti sull’autonomia normativa degli aneti previdenziali privatizzati
http://www.previdenza-professionisti.it/Autonomia-Normativa/
Cassazione civile sez. lav. 25 giugno 2007 n. 14701
sentenza per esteso
http://www.previdenza-professionisti.it/Cass-14701-2007
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