Cass. civ., sez. III, 24 aprile 2008, n. 10690: “Lesione dell’identità personale e pubblicazione della rettifica”

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L?identit? personale delle persone, intesa come ?immagine sociale?, ? qualificabile come diritto soggettivo, ai sensi dell?art. 2 Cost., il quale riconosce e tutela la personalit? nella complessit? ed unitariet? di tutte le sue componenti.
La lesione di tale diritto per il tramite di pubblicazioni a mezzo stampa consente, quindi, l?autonoma esperibilit? dei rimedi inibitori, risarcitori e speciali apprestati dall?ordinamento. Fra questi, quello della rettifica di cui all?art. 8 della legge sulla stampa 8 febbraio 1948, n. 47 e della pubblicazione del dispositivo della sentenza (Cassazione civile, sez. III, 31 gennaio 2008 n. 2375 in www.legge-e-giustizia.it).
Il diritto alla pubblicazione di dichiarazioni o rettifiche spetta, secondo la Cassazione, ai soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignit? o contrari a verit?, ?sulla base del loro personale sentire ed indipendentemente dal fatto che lesione della dignit? effettivamente vi sia stata?.
L?esercizio del diritto di rettifica di cui all?art. 8 della legge 8.2.1948, n. 47, si legge nella sentenza, ? riservato alla valutazione soggettiva della persona presunta offesa, al cui discrezionale ed insindacabile apprezzamento ? rimesso tanto di stabilire il carattere lesivo della propria dignit? dello scritto o dell?immagine, quanto di fissare il contenuto ed i termini della rettifica. Il direttore del giornale (o altro responsabile) ? tenuto, pertanto, nei tempi e con le modalit? fissate dalla suddetta disposizione, all?integrale pubblicazione dello scritto di rettifica, purch? contenuto nelle dimensioni di trenta righe, essendogli inibito qualsiasi sindacato sostanziale, salvo quello diretto a verificare che la rettifica non abbia contenuto tale da poter dare luogo ad azione penale.
Nell?ordinamento della professione di giornalista il dovere di rettifica ? menzionato dall?art. 2 legge 3 febbraio 1963 n. 69, secondo cui ?devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte e riparati gli eventuali errori?. Il Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attivit? giornalistica (art. 4) stabilisce, in tal senso, che, ?nell?ipotesi di errori e inesattezze nel trattamento dei dati personali, il giornalista ? tenuto a correggerli, in conformit? al dovere di rettifica nei casi e nei modi stabiliti dalla legge?.
Ai sensi dell?art. 8 legge n. 47/1948, se la rettifica non viene pubblicata a seguito della richiesta dell?interessato, questi pu? chiedere al tribunale di disporne la pubblicazione. Alla fase stragiudiziale, rappresentata dalla richiesta di rettifica, che deve essere esaudita in un brevissimo spazio temporale, segue, quindi, una fase giurisdizionale, in cui l?interessato si rivolge al giudice, non appena sia decorso invano quel brevissimo termine di due giorni. Il giudice, nel valutare se concedere o meno la pubblicazione coattiva di una rettifica, deve accertare: che l’articolo di stampa contestato contenga effettivamente l’attribuzione al soggetto ricorrente di atti, pensieri o affermazioni (o immagini) e che costui le consideri lesive della propria dignit? o contrarie a verit?; che la rettifica, di cui l?interessato chiede la pubblicazione coattiva, non abbia contenuto suscettibile di incriminazione penale; che la rettifica rispetti il limite formale della trenta righe (Tribunale Torino, 01 ottobre 2003 in Dir. informatica 2004, 69).
Nella sentenza in esame si legge, inoltre, che il diritto di risposta e rettifica svolge una funzione riparatoria il cui esercizio non ? suscettibile di lasciare spazio ad un danno ulteriormente risarcibile. Per converso, questo spazio residua o risulta ampliato, ?se all?istanza di rettifica non venga data esecuzione, da parte del direttore o del responsabile, nella piena osservanza delle disposizioni normative che la disciplinano, ovvero se la pubblicazione della rettifica avvenga con modalit? o commenti tali da accrescere la lesione dell?identit? personale, o addirittura da provocarla essa stessa?.
Risulta interessante, infine, il ruolo della rettifica con riferimento all?eventuale notizia diffamatoria successivamente corretta.
La giurisprudenza ha pi? volte chiarito che la pubblicazione, ad esempio, di un?intervista-rettifica della persona offesa, espressione dell’obbligo di ristabilire prontamente la verit?, non riveste alcuna efficacia scriminante del precedente comportamento diffamatorio, potendo rilevare soltanto in ordine alle sue conseguenze (Cassazione penale, sez. V, 02 luglio 2002, n. 32364 in Cass. pen. 2003, 2656; Tribunale Milano, 04 aprile 2005 in Giustizia a Milano 2005, 30).
Sotto tale profilo, si rinvia ad una recente pronuncia della Cassazione penale, secondo cui la pubblicazione della rettifica pu? attenuare la sanzione pecuniaria, prevista, in tema di diffamazione a mezzo stampa, dall’art. 12 legge n. 47/1948 (Cassazione penale, sez. V, 07 marzo 2006, n. 16323 in CED Cass. pen. 2006, 234426).
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Testo integrale della sentenza:
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Corte di cassazione
?Sezione III Civile
?Sentenza 31 marzo 2008, n. 10690
?(dep. 24 aprile 2008)
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Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE?********************************** -?Presidente?? –
Dott. *****************?????????????????????????? -?Consigliere?-
Dott. MASSERA?********************************** -?Consigliere?-
Dott. ****************?????????????????????? -?rel. Consigliere?-
Dott. SCARANO?****************?????????????????? -?Consigliere?-
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
P.F., elettivamente domiciliato in ROMA LUNGOTEVERE A DA BRESCIA?9, presso lo studio dell’avvocato ****************,?che?lo difende unitamente alL’avvocato RADICE ******, giusta delega in atti;
– ricorrente ?
contro
S.E.T.A.?SOCIETA’ EDITRICE TIPOGRAFICA ATESINA SPA, in?persona?del legale?? rappresentante?? amministratore?delegato?? sig.???????? *****, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GAVINANA 1,?presso lo?studio?dell’avvocato?*************?********,?che?lo?difende unitamente agli avvocati *****************, LA GUARDIA PAOLA,?giusta delega in atti;
– controricorrente –
E contro
B.N.;
– intimata –
avverso?la?sentenza n. 351/03 della Corte d’Appello di?TRENTO,?2^ sezione?civile?emessa?il 17/6/2003, depositata?il?08/07/03;?RG. 324/2002;
udita?la?relazione?della causa svolta nella pubblica?udienza?del?31/03/08 dal Consigliere Dott. ****************;
udito?l’Avvocato?******************** (per?delega?AVV.?*********?*******);
udito?il?P.M.?in persona del Sostituto Procuratore Generale?*****?*********?******** che ha concluso per accoglimento?per?quanto?di?ragione.
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Fatto
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1. Sul numero del (OMISSIS) del quotidiano “(OMISSIS)” venne pubblicata una lettera a firma di N.B., sotto forma di articolo intitolato ” (OMISSIS)”, relativo ad un episodio verificatosi durante la giornata europea di apertura al pubblico delle dimore storiche, del seguente contenuto:
“In occasione della giornata europea del patrimonio artistico … un signore, che in un secondo momento ho capito essere il proprietario, all’ingresso selezionava solo le persone gradite. Con me in attesa di entrare vi era un signore anziano che accompaganava quattro bambini:
aveva l’aspetto di una persona semplice e, ascoltando le spiegazioni che forniva ai bambini in merito al castello, dimostrava di conoscerne la storia. Quando ? arrivato il turno del signore anziano, il tipo all’ingresso gli ha detto, senza spiegarne il motivo, che non poteva entrare. Il signore ? rimasto fuori umiliato ed in evidente disagio anche per la presenza dei bambini che accompagnava, delusi ed offesi. Sono rimasta tanto indignata, ma purtroppo in quel momento incapace di reagire. Durante la visita ho continuato a pensare a quel vecchietto lasciato fuori dalla porta, che doveva essere aperta, da un individuo che non ha fornito a quei bambini un modello di comportamento da prendere ad esempio.
Bisogner? forse accertarsi che, nel caso di (OMISSIS), oltre agli affreschi e soffitti lignei lasciati dai principi (OMISSIS), siano ancora presenti principi di buona educazione e rispetto del prossimo”.
2. Con atto di citazione del 13.3.2000 P.F., proprietario dell’immobile, convenne in giudizio la B. e la S.E.T.A. s.p.a., editrice del quotidiano, domandandone la condanna, solidale o in relazione alle rispettive responsabilit?, al risarcimento dei danni subiti nonch? al pagamento della riparazione pecuniaria di cui all’art. 12 della Legge sulla stampa, con pubblicazione della sentenza ex art. 120 c.p.c.. A fondamento della domanda addusse:
a) che la lettera/articolo della B., ritenuta diffamatoria, era stata inviata anche all’Associazione Dimore Storiche Italiane e che il giornale non aveva pubblicato la rettifica spedita in data 8.10.08, con la quale si negava che il proprietario avesse selezionato i visitatori all’ingresso e ci si doleva che non fossero state accertate le ragioni della non gradita presenza di una persona (verso la quale il proprietario nutriva personali ragioni di dissapore), ritenendosi per questo arbitraria ed infondata l’accusa di maleducazione e di mancanza di rispetto nei confronti del prossimo;
b) che il (OMISSIS) era stata pubblicata solo parte di una seconda rettifica del (OMISSIS), peraltro in fondo pagina e con commento del giornale chiaramente a favore della convenuta;
c) che con ulteriore lettera del (OMISSIS) erano state rappresentate al giornale le violazioni della legge sulla stampa in cui era incorso ed era stato richiesto il risarcimento del danno, quantificato in L. 50.000.000, subito dal P. per le patite lesioni della propria immagine (anche a seguito dell’esposizione, da parte d? ignoti, del contenuto del primo articolo nei locali dove avevano sede gli uffici comunali);
d) che tale lettera era stata inopinatamente pubblicata dal giornale, in violazione anche della legge sulla privacy, stavolta con l’indicazione del nome del proprietario dell’immobile, “sig. P.”, mai prima di allora nominativamente indicato, e con l’avvertenza che per il giornale la questione doveva ormai ritenersi chiusa.
I convenuti resistettero invocando la sussistenza dei requisiti della verit?, della continenza e dell’interesse pubblico alla notizia, sostenendo di aver integralmente riportato il testo della rettifica e negando che gli argomentati commenti alla stessa potessero configurare profili di illegittimit?.
L’adito tribunale di Trento rigett? la domanda con sentenza del 13/14.3.2002 e condann? l’attore alle spese sui rilievi che non sussistevano gli estremi della diffamazione, n? risultavano violati l’art. 8 della legge sulla stampa in punto di rettifica e la L. n. 1975 del 1996, essendo agevole risalire al P. come proprietario di (OMISSIS) e costituendo la rivelazione del nome, nel contesto di una notizia di sicura rilevanza pubblica, ipotesi di corretto esercizio del trattamento dei dati personali della Legge da ultimo citata, ex art. 20.
Il gravame del P. ? stato rigettato dalla corte d’appello di Trento con sentenza n. 351/03, avverso la quale lo stesso ricorre per cassazione affidandosi a tre motivi, cui resiste con controricorso la S.E.T.A. s.p.a..
L’intimata B.N. non ha svolto attivit? difensiva.
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Diritto
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1.1. Col primo motivo sono dedotti violazione di norme di legge e vizio della motivazione per avere la corte d’appello escluso il carattere diffamatorio della prima pubblicazione erroneamente opinando:
a) che il fatto era vero perch? al visitatore con bambini era stato effettivamente impedito l’ingresso, mentre era invece inequivocamente emerso che il P. gli aveva solo rappresentato che non era persona gradi.
b) che era stato rispettato il requisito della continenza espressiva, bench? il proprietario della dimora fosse stato accusato di maleducazione, di insensibilit? e d? mancanza di rispetto per il prossimo; e che, inoltre, la palese negativit? del commento del giornalista, integrante una critica, era legittima in quanto censurabile era il comportamento del P., per avere il medesimo “con il suo agire contraddetto lo spirito che dichiaratamente informava la manifestazione alla quale pure aveva aderito” (apertura al pubblico delle dimore storiche in un determinato giorno), cos? ritenendo che il requisito della continenza potesse essere superato in relazione alle finalit? dell’articolista ed all’obiettiva censurabilit? del comportamento riferito;
c) che sussisteva la rilevanza sociale del fatto e l’interesse pubblico alla sua divulgazione bench? difettasse il presupposto della “discriminazione” rappresentato nella pubblicazione, posto che il fatto accaduto in non altro era consistito che nell’intervenuta rappresentazione ad un aspirante visitatore che il suo ingresso non era gradito (tra l’altro, per ragioni di personale acredine nei suoi confronti da parte del proprietario dell’immobile).
1.2. Col secondo motivo sono denunciate violazione e falsa applicazione della L. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 8 nonch? dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 per avere la corte d’appello bens? riconosciuto che la rettifica non era stata pubblicata integralmente, ma tuttavia ritenuto che tanto fosse giustificabile in quanto la parte omessa “costituiva manifestazione di polemica e non rettifica della notizia”, cos? sindacando il contenuto della rettifica e non gi? l’intervenuto rispetto, ovvero la violazione della norma.
Il ricorrente imputa inoltre alla corte d’appello di non aver considerato, genericamente riferendosi ad “irregolarit? che non hanno alcuna rilevanza”:
– la diversa collocazione della rettifica ed il fatto che non era stata pubblicata nella stessa pagina (della L. n. 47 del 1948, art. 8, comma 2);
la diversit? dei caratteri usati rispetto all’art?colo cui la rettifica si riferiva (L. cit., art. 8, comma 5);
– che il giornale aveva effettuato una “difesa d’ufficio” della B.;
che la prima richiesta di rettifica del (OMISSIS), giunta via fax lo stesso giorno, non era stata pubblicata, mentre avrebbe dovuto esserlo entro 48 ore.
1.3. Col terzo motivo, da ultimo, la sentenza ? censurata per violazione e falsa applicazione della L. 31 dicembre 1996, n. 675, artt. 1, 11, 12, 21 e 25, della Delib. del Garante 29 luglio 1998, artt. 5 e 6 (in G.U. n. 179 del 3.8.98), e dell’art. 112 c.p.c., nonch? per omessa o insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in ordine all’autonoma decisione del giornale di pubblicare la lettera del (OMISSIS), ritenuta incensurabile in quanto “la natura privata della comunicazione non emergeva in alcun modo e quindi neppure il divieto di pubblicazione”.
S? sostiene che la corte territoriale, per un verso, non ha tenuto conto dell’assoluta carenza di interesse pubblico alla divulgazione della pretesa risarcitoria del ricorrente e, per altro verso, ha ritenuto che la diffamazione dovesse escludersi “in ragione di tutte le osservazioni che precedono”, le quali si riferivano per? alla prima pubblicazione e non alla lettera relativa alla richiesta di risarcimento, con la pubblicazione della quale il P. ed il suo avvocato erano stati ridicolizzati per aver formulato una richiesta risarcitoria prospettata come esagerata.
La richiesta di cui alla lettera pubblicata costituiva invece, per gli effetti di cui alla L. n. 675 del 1996, art. 1, lett. c), un non divulgabile “dato personale” in difetto del consenso espresso dell’interessato, richiesto dall’art. 11, L. citata.
2.1. Il primo motivo ? infondato.
Quanto alla verit? del fatto, la corte d’appello ha invero ritenuto, con affermazione non specificamente censurata dal ricorrente, che la notizia di cui alla lettera della B. fosse vera in quanto “impedire o manifestare il non gradimento all’ingresso ? evidentemente la stessa cosa”, posto che per superare l’opposizione del proprietario sarebbe stato necessario che il visitatore ponesse in essere un illegittimo “atto di forza”.
Quanto alla riconosciuta sussistenza, da parte della corte d’appello, del requisito della continenza, deve rilevarsi che il giudice del merito ne ha positivamente apprezzato la ricorrenza anche in relazione al fatto cos? come percepito dalla B. ed alla circostanza che il P. non aveva contestualmente spiegato perch? l’ingresso di quel determinato visitatore non era gradito (pagina 9 della sentenza impugnata, in fine). *****?, dunque, sia corretta l’affermazione del ricorrente laddove ritiene che l’apprezzamento della sussistenza della continenza espressiva non pu? essere collegato alle finalit? perseguite dal giornale o da chi ad esso invii una lettera, deve tuttavia riconoscersi che, ove le espressioni usate non siano platealmente ed intrinsecamente offensive, il giudizio sulla continenza delle stesse ? legittimamente compiuto dal giudice del merito alla luce della gravita del fatto come riferito e percepito da chi le usa.
Quanto all’interesse del pubblico alla notizia, ? sufficiente rilevare che la corte d’appello – al di l? del solo esplicativo riferimento alla ravvisata analogia a fatti di discriminazione in danno di soggetti deboli e della superflua considerazione delle ragioni, negativamente apprezzate, per le quali il P. nutriva risentimento verso quel visitatore, che era stato escusso come teste in un giudizio nel quale era coinvolto il P., rendendo dichiarazioni contrarie alla tesi dal medesimo sostenuta – ha dato determinante rilievo alla circostanza che la “notizia divulgata non era costituita dal diverbio tra il P. e quell’anonimo soggetto ma dalla circostanza che nella giornata d? apertura delle dimore storiche artistiche v’era chi non aveva potuto accedervi per opera di chi, pure, aveva manifestato disponibilit? ad accogliere tutti” (pagina 11, penultimo capoverso). E tanto costituisce un apprezzamento di fatto non specificamente censurato sotto il profilo del vizio della motivazione, che appare comunque congrua.
2.2. E’ invece fondato il secondo motivo.
Deve premettersi che il diritto di cronaca e di critica, che trova il suo fondamento nella libert? di stampa costituzionalmente garantita (ex art. 21 Cost., comma 2) in ragione del fondamentale interesse del pubblico all’informazione, ? suscettibile di risolversi in attivit? lesive della identit? personale delle persone, intesa come immagine sociale, quand’anche la pubblicazione non ne offenda l’onore o la reputazione.
L’interesse della persona a preservare quell’identit? ? qualificabile come posizione di diritto soggettivo alla stregua dei principi fissati dall’art. 2 Cost. in tema di difesa della personalit? nella complessit? ed unitariet? di tutte le sue componenti, sicch? la lesione di tale diritto consente l’esperibilit? dei rimedi inibitori, risarcitori e speciali apprestati dall’ordinamento. Fra quesiti, quello di cui alla L. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 8 nel testo sostituito dalla L. 5 agosto 1981, n. 416, art. 42.
*****? tali rimedi siano, in genere, autonomamente e cumulativamente esperibili, non pu? disconoscersi che il diritto di risposta e rettifica svolga una funzione riparatoria il cui esercizio ? suscettibile di non lasciare spazio ad un danno ulteriormente risarcibile; e, per converso, che quello spazio residui o risulti ampliato, se all’istanza di rettifica non sia data esecuzione, da parte del direttore o del responsabile, nella piena osservanza delle disposizioni normative che la disciplinano, ovvero se la pubblicazione della rettifica avvenga con modalit? o commenti tali da accrescere la lesione dell’identit? personale, o addirittura da provocarla essa stessa.
Il bilanciamento tra l’interesse del pubblico ad essere informato (alla cui realizzazione ? strumentale l’esercizio del diritto di cronaca e di critica da parte di chi informa) e l’interesse della persona, fisica o giuridica, a non essere lesa nella sua identit? personale ? realizzato dall’art. 8, comma 1, Legge sulla stampa col riconoscere il diritto alla pubblicazione di dichiarazioni o rettifiche ai “soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essere tenuti lesivi della loro dignit? o contrari a verit?”, sulla base del loro personale sentire, indipendentemente dal fatto che lesione della dignit? effettivamente vi sia stata.
Alla stregua d? tali considerazioni ? errata in diritto l’opinione della corte d’appello che “il fatto che la rettifica non sia stata pubblicata con la stessa evidenziazione grafica della notizia e secondo le speciali prescrizioni non ha rilevanza, atteso che, comunque, la pubblicazione della notizia non determinava un’obbligazione risarcitoria” (pagina 13, della sentenza impugnata, capoverso). Il principio sotteso all’affermazione ?, infatti, che il diritto alla rettifica nasca in capo al soggetto coinvolto solo se la sua dignit? sia stata effettivamente lesa dalla notizia cui la rettifica si riferisce; e che, se invece debba per qualsiasi motivo escludersi ex post che lo sia stata, una lesione del diritto alla pubblicazione della rettifica non ? configurabile per non essere mai sorto il diritto stesso.
Questa corte ha invece chiarito che “l’esercizio del diritto di rettifica di cui alla L. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 8 nel testo sostituito dalla L. 5 agosto 1981, n. 416, art. 42 ? riservato, sia per l’an che per il quomodo, alla valutazione soggettiva della persona presunta offesa, al cui discrezionale ed insindacabile apprezzamento ? rimesso tanto di stabilire il carattere lesivo della propria dignit? dello scritto o dell’immagine, quanto di fissare il contenuto ed i termini della rettifica; mentre il direttore del giornale (o altro responsabile) ? tenuto, nei tempi e con le modalit? fissate dalla suindicata disposizione, all’integrale pubblicazione dello scritto di rettifica, purch? contenuto nelle dimensioni di trenta righe, essendogli inibito qualsiasi sindacato sostanziale, salvo quello diretto a verificare che la rettifica non abbia contenuto tale da poter dare luogo ad azione penale” (Cass., 5.4.1990, n. 2852).
Da tale principio – che il collegio pienamente condivide e che va anche in quest’occasione ribadito – la sentenza s’? discostata e va dunque cassata in relazione alla ragione per la quale ? stato escluso, in punto d? possibile responsabilit? dell’editore del giornale, che potesse assumere rilievo il mancato rispetto delle prescrizioni di legge in ordine alla pubblicazione della rettifica, anche nella parte in cui non ne era stata riportata, la frase “forse la sig.ra B. ha sempre avuto rapporti idilliaci con tutta l’umanit? ed avrebbe quindi piacere che tutti gli estranei entrino nella sua propriet?, anche coloro i quali, con i loro comportamenti, possono aver nuociuto a lei od ai propri familiari”.
Va altres? osservato che, al di l? della assoluta irrilevanza del carattere polemico della prima parte della frase, cui la corte d’appello ha impropriamente conferito rilievo (volta che, ex art. 8, comma 1, della Legge sulla stampa, solo la dichiarazione o la rett?fica “suscettibile di incriminazione penale” elide il dovere del giornale di pubblicarla), il riferimento al nocumento arrecato al proprietario della casa o ai suoi familiari da parte della persona cui era stato inibito l’ingresso assumeva inequivoca valenza esplicativa della ragione (non rileva se condivisibile o no) per la quale il proprietario di (OMISSIS) si era comportato nel modo criticato dalla B.; ed era quindi volta ad offrire al lettore un elemento di valutazione del comportamento censurato suscettibile di indurlo ad un giudizio diverso e comunque pi? articolato rispetto a quello formulabile sulla scorta della notizia come originariamente data: a realizzare, cio?, proprio uno degli scopi tipici perseguiti dal legislatore con l’attribuzione, alla persona che si sia sentita lesa nella sua dignit?, di quella sorta di “diritto di tribuna” riconosciuto dalla L. n. 47 del 1948, menzionato art. 8 come successivamente modificato.
Competer? al giudice del rinvio stabilire se, in relazione alle complessive caratteristiche del caso di specie, da tanto residui uno spazio risarcitorio in riferimento (non gi? alla esclusa diffamazione ma) alla ipoteticamente intervenuta lesione della identit? personale dell’interessato, suscettibile di essere astrattamente pregiudicata anche da atti non integranti fattispecie di reato, con conseguente possibile risarcibilit? anche del danno non patrimoniale, alla stregua dei principi enunciati sin dalle sentenze nn. 8827 e 8828 del 2003 relative alla lesione dei diritti fondamentali della persona, come tali costituzionalmente protetti.
2.3. Fondato ? anche il terzo motivo.
Va preliminarmente rilevato in linea generale che:
a) il diritto alla riservatezza, il quale tutela l’esigenza della persona a che i fatti della sua vita privata non siano pubblicamente divulgati, ? confluito nel diritto alla protezione dei dati personali ai seguito della disciplina contenuta nella L. 31 dicembre 1996, n. 675 (“Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali”), applicabile ratione temporis, essendo i fatti che vengono in considerazione anteriori al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (recante il “codice in materia di trattamento dei dati personali”);
b) si distingue rispetto al diritto all’integrit? morale in quanto il divieto della diffusione dei fatti della vita privata prescinde dalla loro attitudine infamante; attiene ad un valore essenziale della persona e rientra nei diritti inviolabili dell’uomo proclamati dall’art. 2 Cost.; la violazione del diritto alla riservatezza quale diritto assoluto costituisce un illecito civile e comporta l’obbligo del risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale (della L. n. 675 del 1996, art. 18 e art. 29, comma 9);
c) l’osservanza dei codici deontologici ? stata elevata a condizione di liceit? dei trattamenti: i codici hanno quindi acquistato un’efficacia normativa, per quanto subordinata alla, legge dovendo limitarsi a concretizzare diritti ed obblighi che hanno nella legge la loro fonte, com’? per il principio di correttezza, di cui alla L. n. 675 del 1996, art. 9, lett. “a”;
d) la libert? di stampa prevale sul diritto alla riservatezza e all’onore, purch? la pubblicazione sia giustificata dalla funzione dell’informazione e sia conforme ai canoni della correttezza professionale; in particolare, ? giustificata dalla funzione dell’informazione quando sussista un apprezzabile interesse del pubblico alla conoscenza dei fatti privati in considerazione di finalit? culturali o didattiche e, pi? in generale, della rilevanza sociale degli stessi;
e) il diritto di critica diviene illecito quando sia esercitato al solo scopo d? denigrare o ridicolizzare la persona criticata;
f) il destinatario di una lettera non ? tenuto al segreto, ma deve comunque rispettare il diritto alla riservatezza dell’autore, e non pu? rendere di pubblica ragione i fatti della vita privata che gli siano stati comunicati, se il mittente non lo abbia a tanto autorizzato.
Con specifico riguardo al caso di specie va ulteriormente osservato che:
g) una lettera con la quale il mittente domandi al destinatario il risarcimento di un danno per un presunto illecito dal secondo commesso in danno del primo costituisce un dato personale, definito dalla L. 31 dicembre 1996, n. 675, art. 1, lett. c, come “qualunque informazione relativa a persona fisica …”, il cui trattamento, da intendersi anche come “diffusione” secondo la lettera b dello stesso art. 1, ? “ammesso solo con il consenso espresso dell’interessato”, secondo quanto previsto dall’art. 11, comma 1, della Legge citata;
h) l’art. 12, comma 1, lett. c, della Legge in scrutinio prevede che il consenso non ? richiesto quando il trattamento ? effettuato nell’esercizio della professione di giornalista e per l’esclusivo perseguimento delle relative finalit?, nel rispetto del codice d? deontologia di cui all’art. 25;
i) il codice di deontologia – approvato dal Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti con le modalit? previste dalla legge e allegato al provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 29.7.1998 (pubblicato in G.U. n. 179 del 3.8,98) – per quanto qui interessa stabilisce, all’art. 6, comma 1, che “la divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della sfera privata quando l’informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in ragione dell’originalit? del fatto o della relativa descrizione, dei modi particolari in cui ? avvenuto, nonch? della qualificazione dei protagonisti”.
Da tanto immediatamente discende che l’argomento giustificativo addotto dalla corte d’appello (che, cio?, “la natura privata della comunicazione non emergeva in alcun modo e quindi neppure il divieto di pubblicazione della lettera”) ? errato in diritto, giacch? la legge prevede non gi? che la diffusione dei dati personali ? consentita se non sia vietata dalla persona cui i dati si riferiscono, ma che ? vietata se non sia da questi espressamente consentita, salvi i casi contemplati dalla legge. Fra questi casi v’?, appunto, quello della diffusione del dato nell’esercizio della professione d? giornalista, purch? sussistano le condizioni sopra riportate sub h). Se quelle condizioni non sussistono, il consenso dell’interessato ? imprescindibile, e la diffusione del dato senza quel consenso ? suscettibile di essere apprezzata come fatto produttivo di danno risarcibile ai sensi del menzionato art. 18 della Legge, secondo il quale “chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali ? tenuto al risarcimento ai sensi dell’art. 2050 c.c.”.
Sarebbe stato dunque necessario che il giudice di merito accertasse, anzitutto, se fosse di rilevante interesse pubblico o sociale la notizia relativa alla intervenuta richiesta di risarcimento del P. al quotidiano e, in secondo luogo, che l’informazione fosse indispensabile per le ragioni previste dalla menzionata disposizione del codice deontologico.
Ai fini di tale apprezzamento sono del tutto irrilevanti le ragioni che la corte d’appello ha indicato come giustificative della pubblicazione della lettera inviata dal legale del P.: in particolare, che la pubblicazione della originaria lettera della B. non integrasse una diffamazione, che il P. fosse stato gi? identificato come il proprietario del castello e che avesse dovuto rispondere a richieste di informazioni provenienti da terzi; ed ? palesemente priva di intrinseca ragionevolezza la correlazione, operata dalla corte di merito, della pubblicazione della lettera contenente la domanda risarcitoria, “questa volta con l’evidenziazione grafica richiesta dal P. ed imposta dalla norma”, allo scopo del giornale di evitare ulteriori critiche, giacch? non ? controverso che quella lettera non costituiva una dichiarazione di rettifica e che la pubblicazione non era stata punto richiesta (cfr. pagina 15, capoverso, della sentenza impugnata).
3. Conclusivamente, rigettato il primo motivo ed accolti il secondo ed il terzo, la sentenza va cassata in relazione alle censure accolte con rinvio alla stessa cortte d’appello in diversa composizione perch? rivaluti il merito nel rispetto degli enunciati principi di diritto, considerando che il rigetto del primo motivo in punto di negata lesivit? della prima pubblicazione in se stessa considerata non preclude l’apprezzamento del complessivo comportamento del responsabile della testata nel contesto connotato dall’accertata violazione dell’art. 8 della Legge sulla stampa (con la seconda pubblicazione) e della possibile violazione della L. n. 675 del 1996 (con la terza pubblicazione) alla luce delle valutazioni di merito che saranno compiute.
Il giudice del rinvio regoler? anche le spese del giudizio di legittimit?.
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P.Q.M.
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LA CORTE DI CASSAZIONE
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accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso e rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Trento in diversa composizione.
Cos? deciso in Roma, nella Camera di consiglio della terza sezione civile, il 31 marzo 2008.
Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2008

Falcone Valeria

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