Casa in comunione dei beni acquistata dal marito, è anche della moglie?

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La risposta è stata fornita dagli Ermellini con una sentenza datata 14 maggio 2018, numero 11668.

Nella comunione dei beni non rientrano in modo esclusivo alcune categorie di acquisti:

Gli acquisti per beni di utilizzo strettamente personale o necessari all’esercizio della professione ognuno dei coniugi.

I soldi derivanti dal risarcimento del danno o i beni acquistati con quel denaro.

Le donazioni o quello che viene acquistato con il prezzo di vendita di donazioni.

I beni ricevuti in eredità o quello che viene acquistato con il prezzo di vendita dell’eredità.

I beni dei quali si era proprietari prima di sposarsi.

Il resto è in comunione.

Se una coppia è sposata in comunione dei beni, i coniugi sono contitolari, al 50%, degli acquisti fatti tra il giorno del matrimonio e quello dell’eventuale separazione, anche quando l’acquisto viene fatto da uno dei coniugi, o se il prezzo è stato pagato con i soldi di costui, i beni entrano lo stesso e in automatico nella comunione, indipendentemente da una esplicita manifestazione di volontà in questo senso.

Se all’atto di acquisto partecipa il marito e non la moglie, ed è lui che si reca dal notaio e firma il rogito, l’immobile da lui acquistato rientra nella comunione e appartiene pro quota anche alla moglie. In caso di separazione dovrà essere diviso in parti eque.

La Corte di Cassazione precisa che, in caso di comunione legale tra i coniugi, “il bene acquistato dai coniugi, insieme o separatamente, durante il matrimonio, costituisce oggetto della comunione tra loro e diventa in via diretta, bene comune ai due coniugi, anche se destinato a bisogni estranei a quelli della famiglia e il corrispettivo sia pagato, in via esclusiva o prevalente, con i proventi dell’attività di uno dei coniugi”.

La casa acquistata da uno dei coniugi non rientra nella comunione a condizione che:

L’immobile sia stato acquistato con il denaro di un singolo coniuge, che gli deriva dalla vendita di beni ricevuti in donazione o in eredità, che non rientrano nella comunione, o di beni suoi personali, dei quali era proprietario prima del matrimonio.

Il rogito di acquisto dell’immobile deve contenere la riserva di proprietà a favore del singolo coniuge.  L’altro coniuge si deve presentare dal notaio e fornire esplicita dichiarazione dove dichiara di rinunciare alla sua parte di proprietà del bene, questa dichiarazione deve essere riportata nell’atto di acquisto e firmata dall’interessato.

Per sapere tutto sulla casa familiare leggi “Le tutele legali nella crisi di famiglia” di Michele Angelo Lupoi

Esclusivamente in presenza di simili condizioni è possibile escludere dalla comunione la casa acquistata dal marito senza che la moglie abbia partecipato all’acquisto.

 

Se così stanno le cose è impossibile che la moglie non diventi comproprietaria di un immobile per non essersi presentata dal notaio. La legge per tutelarla, impone che, per potere sottrarre un bene alla comunione, la moglie deve fornire l’apposita autorizzazione e il prezzo di acquisto deve essere pagato con denaro dell’altro coniuge derivato dalla vendita di beni propri, ereditati o ricevuti in donazione.

Scrive la Cassazione:

La dichiarazione resa nell’atto dal coniuge che non acquista si pone come “condizione necessaria ma non sufficiente per l’esclusione del bene dalla comunione, occorrendo a tal fine non solo il concorde riconoscimento da parte dei coniugi della natura personale del bene, richiesto esclusivamente in funzione della necessaria documentazione di tale natura, ma anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione”.

 

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