Brevi osservazioni sulla successione legittima e testamentaria

Sgueo Gianluca 11/10/07
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1. La successione legittima – 2.1 La successione testamentaria – 2.2 Le forme di testamento – 2.3 Le cause di invalidità del testamento – 2.4 La revoca del testamento – 2.5 La quota di legittima – 2.6 Il legato
 
1. La successione legittima
Il nostro ordinamento contempla tre tipologie di successione. La prima è quella definita “legittima”.La successione legittima è quella che disciplina la legge, nel caso in cui manchi un testamento. Il fondamento logico si rinviene nella necessità di evitare che il patrimonio di disperda e nella presunzione della volontà del defunto di aiutare i propri familiari.
Dunque, le principali categorie di successibili sono tre:  anzitutto, il coniuge che è il principale destinatario della successione legittima. Ad esso spetta l’intero patrimonio se non concorre con nessun altro successibile. La metà del patrimonio, se concorre con un solo figlio. Un terzo, se concorre con più figli. Due terzi, se concorre con ascendenti legittimi o con fratelli e sorelle.
In caso di coniuge separato, questo conserva tutti i diritti, a meno che la separazione non sia stata addebitata a lui. In quel caso ha diritto solamente ad un assegno vitalizio se, al momento dell’apertura della successione, godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto.
In secondo luogo ci sono i figli legittimi e naturali; gli ascendenti, i fratelli e le sorelle; i collaterali. Tutti questi soggetti hanno diritto ad acquistare l’eredità solo quando non vi siano altri successibili, secondo la regola per cui il più vicino di parentela esclude quello meno vicino.
Ultimo viene lo Stato. Se mancano gli accessibili allora l’eredità si devolve allo Stato. In questo caso l’accettazione è automatica e non può avvenire rinuncia. Inoltre, lo Stato non risponde mai dei debiti oltre il valore dei beni ereditati. In pratica, si applicano automaticamente le regole derivanti dall’accettazione a beneficio d’inventario.
 
2.1 La successione testamentaria
L’art. 587 del codice civile definisce il testamento come l’atto unilaterale con cui qualcuno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, delle proprie sostanze. Esso, aggiunge l’articolo, è revocabile fino all’ultimo momento di vita del testatore. Questo principio di derogabilità è irrevocabile e serve a garantire la piena libertà al testatore della propria scelta.
Il testamento ha, generalmente, contenuto patrimoniale, perché istituisce uno o più eredi o anche soltanto legati. Può contenere però anche disposizioni non patrimoniali, come la designazione di un tutore o il riconoscimento di figli naturali.
Per quanto riguarda la capacità di testare valgono le regole generali. Serve cioè la capacità di agire e quindi non possono testare il minore, l’interdetto e l’incapace naturale. Il testamento concluso da incapace è annullabile, ma l’azione si prescrive entro cinque anni dall’esecuzione del testamento.
2.2 Le forme del testamento
La forma del testamento, trattadosi di un atto solenne, è quella scritta. A differenza di altri ordinamenti, quello italiano non ammette la validità del testamento noncupativo (orale).
Di testamento scritto vi sono 5 forme. La prima è quella del testamento olografo, ossia quello redatto per intero, datato e sottoscritto dal testatore. I requisiti sono dunque tre. Anzitutto il requisito dell’autografia: non basta che il testamento sia scritto a macchina, ma serve la scrittura del testatore, perché è l’unico modo per accertarne la genuinità.
Poi, il requisito della data, ossia l’indicazione del giorno, mese ed anno della scrittura. La data serve per accertare che il testatore era capace nel momento in cui il testamento veniva formato e, qualora vi sia più di un testamento, quale sia quello più recente (e dunque valido).
Infine, il requisito della sottoscrizione, ossia il nome e cognome del testatore, o qualsiasi indicativo che ne designi con certezza la persona (uno pseudonimo, un soprannome…). La sottoscrizione dev’essere, a pena di nullità, posta in calce all’atto.
Secondo è il testamento pubblico, un documento ufficiale redatto alla presenza di un notaio. Richiede sette requisiti di validità: la dichiarazione di volontà orale davanti al notaio[1]; la presenza di due testimoni, che garantiscono che il notaio non influenzi in alcun modo la volontà del testatore; la redazione per iscritto; la lettura dell’atto al testatore, per garantire il controllo diretto della parte sulla rispondenza dell’atto alla sua volontà; la sottoscrizione del testatore; la data; la menzione dell’osservanza delle formalità enunciate, che serve perché l’atto faccia fede fino a querela di falso.
Terzo è il testamento segreto, quello nel quale il testatore conserva le disposizioni nella più completa riservatezza ed ha maggiori garanzie di conservazione del documento. è composto da due elementi: anzitutto, la scheda testamentaria, ovvero i fogli su cui sono scritte le volontà del testatore; poi, l’atto di ricevimento: ovvero l’atto con cui il notaio documenta che il testatore gli ha consegnato personalmente la scheda e gli ha dichiarato che vi sono scritte le volontà testamentarie. Viene sottoscritto sia dal notaio stesso, che dal testatore e i due testimoni.
Quarto è il testamento internazionale. Esso è stato introdotto dalla l. 387/1990. Consiste nella consegna al notaio di un documento su cui risultano scritte le disposizioni testamentarie e nella dichiarazione del testatore che tale documento è il suo testamento ed egli è a conoscenza del contenuto. Ovviamente si applica nei casi in cui un cittadino italiano si trova all’estero, oppure si tratta del testamento di un cittadino straniero in Italia.
Vi sono, infine, i testamenti speciali, che ricorrono in quelle ipotesi in cui le forme previste per le tipologie ordinarie di testamento non possono applicarsi, a causa di eventi eccezionali (es. a bordo di una nave, oppure in caso di calamità). Sono tutti accomunati dal fatto che perdono effecacia dopo 3 mesi dalla cessazione della causa che li ha determinati, oppure dopo che il testatore si è trovato in un luogo in cui poteva fare un testamento ordinario.
 
2.3 Le cause di invalidità del testamento
Il legislatore disciplina poi le cause di invalidità del testamento. In questo caso vige la regola per cui il legislatore cerca di conservare il più possibile gli effetti dell’atto, poiché costituisce l’estrema manifestazione della personalità umana. Per questa ragione si distinguono due conseguenze per l’invalidità: anzitutto, la mancanza di certezza sulla provenienza – quando non v’è certezza sull’autore del testamento (es. difetto di autografia nel testamento olografo) la conseguenza è la nullità assoluta dell’atto.
Inoltre, in deroga al principio per cui la nullità è insanabile, si ammette la sanatoria della nullità quando gli eredi, nonostante la causa invalidante, vogliano comunque rispettare la volontà del testatore. Purchè non si tratti di sanare disposizioni illecite, perché in quel caso si andrebbe contro i principi dell’ordinamento.
In secondo luogo c’è mancanza di altri elementi: nei casi meno gravi invece c’è l’annullabilità, che è soggetta a prescrizione di 5 anni decorrenti dal giorno in cui è stata data esecuzione al testamento.
 
2.3 La revoca del testamento
È sempre ammissibile la revoca del testamento. Ne esistono di tre tipologie: la prima è la revoca espressa: può farsi solo con un atto che abbia gli stessi requisiti di forma del testamento revocato. Oppure, in alternativa, con un apposito atto notarile che ha lo scopo preciso di operare la revoca.
La seconda è la revoca tacita che può operare soprattutto in due casi. Quando esiste un testamento di data più recente, che contiene disposizioni diverse da quello antecedente. Oppure quando un testamento olografo è stato cancellato o distrutto (a meno che gli interessati non dimostrino in giudizio che la cancellazione è avvenuta ad opera di una persona diversa dal testatore).
La terza è la revoca di diritto: le disposizioni a titolo universale o particolare, fatte da chi al tempo del testamento non aveva o ignorava di avere figli o discendenti, sono revocate di diitto per la sopravvenienza di un figlio o discendente legittimo del testatore, ovvero dal riconoscimento di un figlio naturale.
 
2.5 La quota di legittima
Infine, al discorso sulla successione testamentaria, si devono legare altri due aspetti importanti, che è bene prendere in considerazione:
Anzitutto, è importante tenere presente che il testatore, nel redigere il testamento, non ha una libertà assoluta nelle proprie decisioni. La legge infatti stabilisce che vi sono alcune categorie di successibili ai quali vanno necessariamente attribuiti dei beni del testatore. Ed è per questo che si parla di successione necessaria e di quota di legittima[2]. I legittimari sono: i figli legittimi o naturali. essi non hanno una quota fissa, ma variabile a seconda di quanti sono i figli e se c’è o meno un coniuge. Inoltre, l’unica differenza tra i figli legittimi e quelli naturali sta nel fatto che i primi possono soddisfare in danaro o beni immobili ereditari la porzione dei secondi, purchè questi non vi si oppongano. Se si oppongono è il giudice a dover decidere.
Ci sono poi gli ascendenti: la riserva in capo ad essi opera solo se il defunto non lascia figli. È di un quarto se c’è il coniuge e di un terzo se non c’è.
Infine c’è il coniuge. anche la quota del coniuge è variabile a seconda della presenza di figli. Inoltre ad esso è riservato il diritto di abitazione nella casa adibita a residenza familiare e l’uso dei mobili che la corredano. Anche il coniuge separato ha gli stessi diritti, a meno che la separazione non fosse stata a lui addebitata, nel qual caso ha diritto ad un assegno vitalizio se godeva già degli alimenti.
Per poter stabilire se il testatore abbia leso la quota di legittima bisogna, all’apertura del testamento, verificare l’esatto ammontare del patrimonio. Questa operazione di natura matematica prende il nome di riunione fittizia perché i beni vengono tutti riuniti, anche se fittiziamente.
Se da questi calcoli emerge che la quota è stata ecceduta, allora ciascun leggittimario può esperire l’azione di riduzione. Questa azione ha lo scopo di ridurre le altre quote testamentarie e le donazioni, ed è irrinunciabile.
 
2.6 Il legato
L’altro concetto basilare in tema di successione testamentaria è quello di legato. Esso costituisce il fondamento della successione a titolo particolare perché determina un’attribuzione patrimoniale relativa a beni determinati, e non ad una quota dell’universalità del patrimonio.
Si dice legatario la persona a cui favore è fatta la disposizione. Egli non risponde dei debiti ereditari come fanno i normali eredi, sempre in virtù del discorso sull’attribuzione patrimoniale determinata.
Si dice invece persona onerata il soggetto che è tenuto alla prestazione oggetto del legato. Tale persona può essere tanto l’erede quando un altro legatario. Egli è dunque un debitore del legatario.
Il codice prevede, a differenza dell’eredità, l’acquisizione di diritto del legato, senza bisogno di accettazione. Però, ammette la possibilità di rinuncia, che può essere espressa o tacita. Inoltre, per evitare il protrarsi di una situazione di incertezza in cui non si sappia se il legatario intenda rinunziare o meno, il giudice può fissargli un termine, scaduto il quale egli perde il diritto alla rinuncia.
Esistono alcune ipotesi particolari di legato a cui fa riferimento il codice, in particolare ve ne sono 3 interessanti: legato di cosa altrui (l’ipotesi riguarda il caso in cui il bene oggetto di legato non appartiene al testatore. Se quest’ultimo ignorava questa circostanza allora il legato è nullo perché nessuno può trasferire più di quanto possiede[3]); legato di genere (in questo caso l’onerato sarà tenuto ad acquistare il numero o la quantità di cose stabilita dal testatore); legato alternativo (in questo caso il testatore pone un’alternativa al legatario, che ha facoltà di scelta).
 
 
 
 
 


[1] Al notaio spetta il compito di accertare l’identita del testatore
[2] Attenzione dunque a non confondere questa ipotesi con quella dei successori legittimi, perché in quel caso manca un testamento. In questo caso invece un testamento c’è, e si tratta di attribuire necessariamente determinati beni alle categorie di soggetti che vengono indicati dalla legge.
 
[3] Invece, se il testatore sapeva che la cosa era di altri, allora si presume che la sua volontà fosse quella di far acquistare la proprietà del bene al legatario. Sicchè l’onerato sarà obbligato ad acquistarne la proprietà e trasferirla al legatario

Sgueo Gianluca

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