Brevi note su separazione e divorzio nel dip.

Corsi Giuseppe 07/07/14
Scarica PDF Stampa

Si premette che la separazione personale e lo scioglimento del
matrimonio costituiscono gli aspetti patologici della vita coniugale.
La prima determina una trasformazione del contenuto dei rapporti
personali e patrimoniali con carattere potenzialmente transitorio, il
secondo determina la cessazione del vincolo matrimoniale quando la
comunione spirituale e materiale tra coniugi non possa più essere
mantenuta o ricostituita. In molti paesi la separazione non è un
istituto giuridico avente un preciso ed autonomo profilo, ma è
semplicemente un mero presupposto del divorzio.

Prima della legge n.898/70, che ha introdotto l’istituto del divorzio
(definendolo quale scioglimento del matrimonio), la dottrina e la
giurisprudenza erano concordi nel ritenere inammissibile il
riconoscimento di una sentenza straniera di divorzio concernente
cittadini italiani per contrarietà all’ordine pubblico.

Modificatasi la situazione con la l.898, si era aperto un dibattito in
ordine ai problemi di diritto internazionale privato.

Il legislatore del ’95 ha dichiarato competente per la separazione ed
il divorzio, sotto il profilo sostanziale, la medesima legge che
regola i rapporti personali e patrimoniali tra i coniugi.

Viene quindi fatto riferimento alla legge nazionale comune o a quella
della prevalente localizzazione della vita familiare, da ricercare
sulla base di elementi fattuali: sotto il profilo cronologico, sia la
prima sia la seconda sono determinate con riferimento al momento della
presentazione della domanda al giudice.

Il secondo comma della disposizione riproduce, trasformandola in norma
internazionalprivatistica, il contenuto di una norma di applicazione
necessaria introdotta dalla legge istitutiva del divorzio (art.12
quinquies).

Ciò premesso, si rileva che il presupposto per l’applicazione della
legge italiana è l’assenza dell’uno o dell’altro istituto
nell’ordinamento straniero e non l’impossibilità per la parte di
avvalersene nel caso concreto.

Sotto il profilo processuale, invece, l’art.32 prevede una serie di
criteri di competenza giurisdizionale operanti sia nei casi di
nullità, annullamento e scioglimento del matrimonio, ma anche nei casi
di separazione personale dei coniugi.

In tutti questi casi la giurisdizione italiana sussiste sia nel caso
in cui il convenuto sia domiciliato o residente in Italia (ovvero ivi
abbia un rappresentante autorizzato a stare in giudizio), oppure
nell’ipotesi in cui un coniuge sia cittadino italiano, oppure il
matrimonio sia stato celebrato in Italia.

Nel caso in esame, così come premesso, il matrimonio tra A e B può
cadere sotto disciplina sostanziale e processuale italiana
nell’ipotesi in cui almeno uno dei coniugi sia cittadino del paese in
oggetto o in quella per cui l’evento matrimoniale abbia ivi
radicamento.

Nel merito, si osserva che l’evoluzione della giurisprudenza è stata
notevole. In un primo momento, infatti, si riteneva contraria
all’ordine pubblico la normativa francese che ammetteva il divorzio
per colpa senza un periodo di separazione preliminare (cfr. Trib.
Venezia 14 novembre 1996).

Tale soluzione, però, non era pacifica fin da prima della l.218,
perchè Cass. 4769/89 riteneva la sentenza straniera di divorzio
contraria all’ordine pubblico italiano, e quindi non delibabile, solo
quando fosse lesiva dei principi fondamentali e non derogabili
dell’ordinamento interno. Nel caso di specie, si trattava della
delibazione della sentenza greca di scioglimento del matrimonio tra un
cittadino italiano ed una ellenica “atteso che la disciplina
processuale che attribuisca esclusivo valore alla volontà dei coniugi,
quale prova esclusiva del venir meno della comunione di vita e della
impossibilità di ricostituirla, senza alcuna possibilità per il
giudice di contrastare tale richiesta, non è contraria all’ordine
pubblico italiano, tenendo anche presente l’introduzione nel nostro
ordinamento della domanda congiunta di divorzio (art. 11 della legge 6
marzo 1987 n. 74, che ha sostituito l’art. 4 della legge 1 dicembre
1970, n. 898) che valorizza proprio la concorde volontà dei coniugi ai
fini dello scioglimento del vincolo”.

Dopo l’entrata in vigore della legge 218, la giurisprudenza si è
nuovamente attestata su tali posizioni risalenti.

Per esempio, sono state ritenute compatibili con i principi
dell’ordinamento le leggi marocchine ed albanesi che disciplinano il
divorzio immediato per maltrattamenti ( Trib. Napoli, 26 aprile 2000 ;
Trib. Tivoli, 14 novembre 2002; Trib. Pordenone, 14 settembre 2005),
oppure le norme statunitensi sul divorzio immediato per mutuo
consenso. Occorre ricordare come a tale soluzione si arrivi anche
tramite il criterio della nazionalità comune: vedi, ad es., Trib.
Belluno, 2009, per cui il divorzio immediato tra cittadini indiani
residenti in Italia è consentito.

Per completezza, si ricorda anche Cass.10378/04, per cui “Non può
essere ritenuta contraria all’ordine pubblico, per il solo fatto che
il matrimonio sia stato sciolto con procedure e per ragioni e
situazioni non identiche a quelle contemplate dalla legge italiana,
una sentenza di scioglimento del matrimonio pronunciata, fra cittadini
italiani, dal giudice straniero il quale abbia fatto applicazione del
diritto straniero. Ed infatti attiene in realtà all’ordine pubblico
solo la esigenza che lo scioglimento del matrimonio venga pronunciato
solo all’esito di un rigoroso accertamento – condotto nel rispetto dei
diritti di difesa delle parti, e sulla base di prove non evidenzianti
dolo o collusione delle parti stesse – dell’irrimediabile disfacimento
della comunione familiare, il quale ultimo costituisce l’unico
inderogabile presupposto delle varie ipotesi di divorzio previste
dall’art. 3 della legge n. 898/70”. in tal senso anche Cass. 16978/06,
per cui è sufficiente che la sentenza estera abbia accertato il venir
meno irreparabile della comunione di vita tra i coniugi.

Infine, si cita Trib. Firenze 1723/2009, relativa ad un matrimonio
misto tra una fiorentina ed un cittadino iberico ove l’affectio
maritalis era venuta meno dopo tre mesi trascorsi in Spagna.

Per l’art.31, va applicata la legge nazionale comune dei due coniugi
al momento della domanda e, se non esista, quella dello Stato dove si
sia vissuti più a lungo. Così facendo, il giudice nazionale ha
applicato direttamente la legge spagnola , ritenuta la sola idonea a
regolare il rapporto coniugale, e comunque non contraria ai principi
dell’ordinamento (contraddittorio, rottura insanabile del rapporto,
etc.).

Corsi Giuseppe

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento