La notizia è stata pubblicata sul profilo Facebook della Cassa Forense venerdì, ma diventerà del tutto ufficiale solo dopo l’approvazione da parte dei Ministeri vigilanti. Vediamo nell’attesa cosa potrebbe cambiare per gli avvocati e in quali casi il contributo non sarà dovuto.
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Contributo integrativo abolito fino al 2022
Con ogni probabilità, dunque, gli avvocati di tutta Italia non saranno più costretti a versare ogni anno il contributo integrativo minimo alla Cassa Forense. Questo però solo a partire dall’anno prossimo e fino al 2022, e in ogni caso non per la generalità dei professionisti. Il provvedimento mira infatti ad avvantaggiare gli avvocati che guadagnano meno: saranno esentati dal pagamento coloro che hanno un volume di affari dichiarato che va da zero a 17.500 euro all’anno.
Una misura più equa che finalmente introduce, pur con tutte le limitazioni del caso, un principio di proporzionalità e progressività contributiva. Nelle parole del Presidente Avv. Nunzio Luciano, quanto deliberato mira a “combattere le difficoltà nelle quali, purtroppo, ancora versa molta parte dell’Avvocatura”.
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Avvocati, quanto si paga?
Ma, in sostanza, quanto devono pagare ogni anno gli avvocati alla Cassa Forense?
Non si tratta solo del contributo minimo integrativo, pari attualmente come si è visto a 700 euro. I professionisti devono versare ogni anno il contributo minimo soggettivo, che nel 2014 era pari a ben 2.780 euro, e il contributo di maternità, che equivale a circa 150 euro. Segnaliamo però, come dichiarato anche dalla Cassa Forense, che la sospensione per cinque del contributo minimo integrativo non comporterà l’interruzione dell’ulteriore contributo pari al 4% dell’effettivo volume di affari Iva dichiarato.
Sconti e riduzioni per i giovani
La legge stabilisce in ogni caso delle specifiche riduzioni del versamento per gli avvocati più giovani. I professionisti che si sono iscritti alla Cassa prima del compimento del 35° anno di età sono tenuti a pagare solo la metà del contributo minimo soggettivo per i primi 6 anni. Il contributo integrativo minimo non è invece dovuto per tutto il periodo di praticantato e poi per i primi 5 anni di iscrizione alla Cassa. Inoltre, anche nei 4 anni successivi il contributo integrativo è ridotto della metà qualora l’iscrizione sia avvenuta prima del 35° anno.
Resta sempre dovuta, in ogni caso, la quota proporzionale pari al 4% dell’effettivo volumi di affari realizzato durante l’anno.
Minori entrate per la Cassa Forense
L’ovvio pericolo di questa misura per la Cassa Forense è quello di trovarsi con minori entrate per tutto il prossimo quinquennio. Abolendo per moltissimi avvocati la parte fissa del contributo integrativo minimo si rischia infatti di generare un effetto domino che aumenterà i già consistenti debiti della Cassa e ne metterà a rischio la stabilità di lungo periodo. Il tutto, ovviamente, con effetti negativi potenzialmente gravi anche per tutti gli avvocati iscritti.
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