Autorizzazione al commercio su aree pubbliche e tassa sull’occupazione.

Sola Patrizia 13/07/06
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In materia di commercio la Regione Sicilia, regione a statuto speciale, grazie all’autonomia derivante da tale condizione di specialità ed in applicazione di quanto previsto dall’art. 14, lettera d) dello Statuto regionale, ha emanato nel corso del tempo una propria specifica legislazione che stabilisce i principi e le norme che regolano l’esercizio dell’attività commerciale. Tali norme disciplinanti il commercio in ambito regionale per la maggior parte divergono in maniera significativa dalla legislazione nazionale, talvolta, invece, ricalcano fedelmente norme derivanti dalla legislazione statale e, altre volte, non soffermandosi a prevedere alcuna disciplina si limitano ad effettuare un espresso quanto generico rinvio alla normativa statale (vedasi per esempio l’art. 22, comma 1, della L.R. n. 18/1995).
E’ indubbio, pertanto, che l’esplicazione della competenza legislativa regionale determina la produzione nell’ordinamento siciliano di leggi, decreti del presidente della giunta regionale, decreti dell’assessore regionale al commercio o semplici circolari, che spesso mal si raccordano con precedenti fonti normative o che addirittura entrano in conflitto con fonti derivanti dalla legislazione nazionale o comunitaria, creando grande incertezza in chi è chiamato ad applicare e a far osservare norme regionali espressione di una potestà legislativa esclusiva.
Nella Regione Sicilia, il commercio su aree pubbliche è disciplinato nella L.R. del 1° marzo 1995, n. 18, aggiornata e modificata dalle successive leggi regionali dell’ 8 gennaio 1996, n. 2 e del 22 dicembre 1999, n. 28. Tale normativa ripropone in sostanza i principi contenuti nell’ormai abrogata legge nazionale del 28 marzo 1991, n. 112 e nel relativo regolamento di cui al d.m. del 4 giugno 1993, n. 248.
Alla luce di quanto disposto dall’art. 1 della legge regionale del 1° marzo 1995, n. 18, per commercio su aree pubbliche si intende la vendita di merci al dettaglio e la somministrazione di alimenti e bevande effettuate su aree pubbliche, comprese quelle del demanio marittimo, o su aree private delle quali il Comune abbia la disponibilità, attrezzate o meno, scoperte o coperte.
            La Regione Siciliana con la L.R. 18/95 e con le integrazioni e modifiche apportate dalle successive leggi regionali 2/96 e 28/99 attribuisce la competenza al rilascio delle autorizzazioni per l’esercizio del commercio su aree pubbliche ai sindaci    (ora ai dirigenti del comune – ex art. 107 t.u. sull’ordinamento degli enti locali, approvato con d.lgs. n. 267/2000) individuando all’art. 1, comma 2, della L.R. 18/95 alle lettere a) b) e c) i tipi di autorizzazioni per l’esercizio del commercio su aree pubbliche.
L’autorizzazione di cui alla lett. a) abilita ad esercitare l’attività commerciale nel mercato per il quale viene rilasciata, che si svolge tutti i giorni o almeno cinque giorni alla settimana.
L’autorizzazione di cui alla lett. b) abilita ad esercitare l’attività nel mercato per il quale viene rilasciata, che si svolge uno o più giorni alla settimana, in base alla periodicità del mercato stesso.
Sia l’autorizzazione di cui all’art. 1 comma 2 lett.a) che quella di cui all’art. 1 comma 2 lett. b)sono rilasciate dal dirigente del comune ove il mercato ha luogo sentita la commissione comunale per il commercio su aree pubbliche.
            L’autorizzazione di cui alla lett. c) abilita ad esercitare l’attività del commercio in forma itinerante ed anche alla vendita presso il domicilio dei consumatori ed è rilasciata dal dirigente del comune di residenza del richiedente sentita la commissione comunale per il commercio su aree pubbliche. Nell’ipotesi di residenti fuori dal territorio della Regione Sicilia questa autorizzazione viene rilasciata dall’assessore regionale al commercio.
La tendenza statale a “sburocratizzare” l’iter dei procedimenti amministrativi e ad eliminare le Commissioni è stata recepita anche dalla regione Sicilia anche se, in materia di commercio, il legislatore regionale ha eliminato la figura della commissione comunale del commercio fisso ma ha ritenuto opportuno introdurre un nuovo organismo a livello comunale istituendo le commissioni comunali per la disciplina del commercio su aree pubbliche.
Ed infatti l’art. 7 della legge regionale 18/95 prescrive che in ogni comune deve essere costituita una commissione per la disciplina del commercio su aree pubbliche.
La sopra menzionata commissione viene nominata dal sindaco, ha la durata di quattro anni, e tra le proprie competenze ha l’importante compito di esprimere il parere su ogni provvedimento di rilascio, di revoca o di sospensione delle autorizzazioni all’esercizio del commercio nonché  è tenuta ad esprimere parere motivato nei casi espressamente previsti dalla normativa citata che riguardano la regolamentazione generale dell’esercizio del commercio su aree pubbliche ( per lo spostamento di ubicazione del mercato,  per l’estensione delle deroghe di orario ai commercianti su aree pubbliche ecc…).
Con il successivo art. 8 bis della legge regionale 18/95 si prescriveva l’obbligo per gli enti locali di procedere, entro 90 gg. dalla data di entrata in vigore della stessa legge, alla regolarizzazione dei mercati di fatto esistenti , sentita la commissione di cui all’art. 7. Tale regolarizzazione dei mercati esistenti si rendeva necessaria alla luce del nuovo testo di legge (L.R.18/95) regolante il commercio sulle aree pubbliche per cui si prevedevano i criteri per regolamentare gli ampliamenti formalmente costituiti, le autorizzazioni di coloro i quali avanzavano  formale richiesta per l’autorizzazione amministrativa purchè in possesso dei requisiti di legge ed in possesso di idonea documentazione prevista dall’apposito regolamento comunale, comprovante l’attività svolta nel mercato da almeno sei mesi prima dell’entrata in vigore della citata legge regionale.
Tradendo l’orientamento precedente con il quale si voleva tendere a semplificare la materia, il legislatore regionale ha ulteriormente formalizzato il settore inerente specificamente i mercati, istituendo nell’ambito delle commissioni del commercio su aree pubbliche una commissione del mercato. Tale organo è stato istituito con l’art. 8 ter della legge regionale 18/95, introdotto dall’art. 6 della legge regionale 2/96, che ha previsto l’obbligo di istituire per ogni mercato la commissione del mercato composta da quattro membri, eletti ogni due anni dagli operatori che ivi esercitano la loro attività e da un rappresentante dei commercianti a posto fisso.          
            Materia sulla quale il legislatore regionale non ha provveduto ad effettuare alcun tipo di intervento ma sostanzialmente ha lasciato che fosse disciplinato dalla legislazione statale e quello inerente alla tassazione o tariffazione della concessione delle aree pubbliche destinate al pubblico commercio.
L’occupazione sia permanente che temporanea di strade e aree appartenenti al demanio e al patrimonio comunale, comprese le aree destinate a mercati e fiere, è soggetta al pagamento di una tassa (tassa occupazione di suolo pubblico – TOSAP ) previo rilascio di un provvedimento amministrativo di concessione da parte dell’ente proprietario dell’area. Identica previsione normativa si attua anche per l’occupazione di aree private soggette a servitù di pubblico passaggio. Il comma 16 dell’art. 8 della L.R.18/95, così come aggiunto dall’art. 5 della successiva L.R. n. 2/96, prevede espressamente che la tassa di posteggio, nei casi di mercati o fiere che si svolgono su strada o comunque in aree non attrezzate, è determinata con le modalità previste dalla normativa nazionale, distinguendo tra la concessione di cui alla lettera a) del comma 2 dell’art. 1 e quella di cui alla lettera b) dello stesso comma 2. Tale tassa che deve variare a secondo del tipo di concessione amministrativa rilasciata dal Comune è chiaramente una tassa omnicomprensiva di tutti i servizi resi dal Comune agli esercenti l’attività commerciale all’interno dell’area dove si svolge il mercato.
La Tosap è disciplinata dal capo II   art. 38 del Decreto Legislativo 15 novembre 1993, n. 507 e successive modificazioni. Il legislatore nazionale al quale rimanda la normativa regionale con l’art. 51, comma 2, lettera a), del D. Lgs. n. 446 del 1997 aveva previsto espressamente l’abolizione di tale tassa. Tale previsione, però, di fatto non è mai divenuta operativa poiché lo stesso legislatore con la  finanziaria del 1999 ha previsto  con i commi 14 e 20 dell’art. 31 legge 448 del 23 dicembre 1998, di ripristinare la TOSAP consentendo ai comuni e alle province di continuare ad adottarla.
Tale norma, però, ha introdotto per gli enti locali la possibilità di poter optare se continuare ad applicare la tassa denominata TOSAP e quindi sottoporre tale tassazione al regime proprio delle entrate di natura tributaria con tutte le consequenziali implicazioni inerenti la riscossione delle imposte tramite ruoli esattoriali e la devoluzione delle controversie alla competenza delle commissioni tributarie provinciali, oppure gli enti locali potranno scegliere di non avvalersi di tale tassazione sostituendo il tributo a mezzo dell’istituzione di uno specifico canone (COSAP), per il quale dovrà prevedersi uno specifico regolamento (adottato a norma dell’art. 52 e 63 del Dlgs 446/97).
Quest’ ultima opzione non è di poco rilievo poiché implica per l’ente locale la regola della contrattualizzazione civilistica con gli operatori commerciali su suolo pubblico, poiché l’ente locale opererà secondo le norme del rapporto di diritto civile, e pertanto non vi sarà alcun rilascio di concessione amministrativa né procedure di riscossione secondo le norme tributarie. Si avrà pertanto un semplice rapporto contrattuale tra un soggetto che cede l’uso dell’area e dei servizi connessi al suo utilizzo (ente locale) e il soggetto (commerciante) che paga il corrispettivo per poter usufruire dell’area da occupare. Ciò implica ripercussioni anche sull’eventuale recupero del corrispettivo non versato dal commerciante il quale come una normale parte contrattuale di diritto privato verrà considerato semplicemente inadempiente e soggetto al risarcimento del danno da inadempimento contrattuale con le relative ripercussioni anche in ambito giurisdizionale poiché la competenza verrà devoluta al giudice ordinario.
La scelta di adottare la COSAP anziché della TOSAP è una scelta che influisce sui comportamenti che l’amministrazione dovrà avere nei confronti del concessionario. Con la circ. n. 256/E del 3 novembre 1998 il Ministero delle finanze ha confermato la natura non tributaria del canone de quo, e pertanto, a differenza della tassa, che è un tributo, il canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche costituisce il corrispettivo del godimento di un bene pubblico, e pertanto va inquadrato nell’ambito di un rapporto contrattuale a prestazioni corrispettive. Se il concessionario paga con ritardo, o non paga, scattano le sanzioni previste dal contratto, secondo lo schema tipo approvato dall’apposito regolamento comunale (il quale sicuramente può prevederle, anche se la legge non lo dice, perchè ciò è espressione del principio di autonomia contrattuale).     
Inoltre, per effetto dell’inadempimento, il comune potrà risolvere il rapporto di concessione, chiedendo il risarcimento del danno. E’ evidente che le clausole che stabiliscono sanzioni (di natura civile, non amministrativa) per l’inadempiente, valgono solo se espressamente accettate dal concessionario e il comune non potrà applicarle unilateralmente, come invece si fa nei confronti del trasgressore di norme tributarie.
Appare evidente pertanto che le sanzioni indicate nell’articolo 63 del Dlgs 446/97 costituiscono la predeterminazione legale del risarcimento del danno a carico di un soggetto il quale, privo di concessione, ha goduto abusivamente di un bene altrui, e non possono essere applicate a chi invece è titolare di concessione, sebbene inadempiente.
 
Patrizia Sola
Funzionario di P.M. del Comune di Canicattì

Sola Patrizia

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