Atti persecutori (612 bis c.p.) o molestie (660 c.p.) differenze

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L’articolo intende soffermarsi sui reati di cui agli artt. 612 bis e 660 c.p., i quali disciplinano rispettivamente il reato di stalking e quello di molestie, analizzando le analogie e le differenze tra le fattispecie normative in questione

Indice

1. Il reato di atti persecutori, ex art. 612 bis c.p.

L’art. 612 bis c.p., disciplina il delitto di atti persecutori, introdotto nel 2009 con la legge che tutela le vittime di stalking e punisce gli autori di atti persecutori, la n. 38 dell’aprile 2009, derivata dalla conversione del Decreto legge n. 11/23 febbraio 2009: “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”.
La norma così recita: “ Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.”
Il bene giuridico tutelato da questa norma, sopra riportata, è la liberta personale morale e psichica della persona offesa, libertà che verrà considerata lesa nel caso di condotte reiterate nel tempo, trattandosi di delitto abituale.
Da qui bisogna fare una distinzione fra reato abituale proprio ed improprio. Il primo si contraddistingue dal fatto che le condotte poste in essere ove isolatamente considerate possono anche non costituire illeciti, al contrario del delitto abituale improprio, ove le singole condotte costituiscono di per sé reato, ed è quest’ultimo il caso del delitto di stalking, che difatti si contraddistingue dal delitto di maltrattamenti ex art. 572 c.p.
Oltre che delitto abituale, il reato in esame si definisce di evento, difatti per la consumazione della fattispecie di cui all’art. 612 bis c.p. è necessaria la realizzazione di almeno uno degli eventi descritti dalla norma, ossia:
–         il perdurante e grave stato di ansia o paure della vittima
–         il fondato timore per la propria incolumità o per quella di persona legata affettivamente
–         la costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita
Per quanto concerne l’elemento soggettivo del reato esso consiste nel dolo generico, consistente nella volontà e coscienza di porre in essere ogni singolo atto e la condotta risultante dall’insieme di tutti i comportamenti, recante la volontà di sottoporre abitualmente la vittima ad una condotta offensiva.
Con l’introduzione del Codice Rosso del 2019, le sanzioni del delitto in esame sono state aumentate da un originario minimo di sei mesi e un massimo di cinque anni all’attuale minimo di un anno e un massimo di sei anni e sei mesi.
Ultimo accenno merita il regime della procedibilità, il reato viene punito a querela della persona offesa, con termine per la proposizione pari a 6 mesi.
Per quanto concerne, invece, la remissione della querela, essa può essere esclusivamente processuale, e non è consentita quando il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma (cioè nei casi di minaccia “aggravata” dalle modalità di cui all’art. 339 c.p.).
Si procede tuttavia d’ufficio nei seguenti casi:
–         se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità ai sensi dell’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
–         quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.
Ma quali sono le differenze con il ben meno grave delitto di molestie ex art. 660 c.p.?

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2. Il reato di molestie ex art. 660 c.p.

“Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516.”
L’articolo in esame, a differenza del delitto di stalking,  è posto a tutela della tranquillità pubblica, difatti pur trattandosi di offesa ad un interesse privato, viene in considerazione l’ordine pubblico, dunque il privato riceve così una tutela meramente indiretta.
La norma punisce il recare molestia o disturbo alle persone senza alcun valido motivo.
Ulteriore differenza risiede nell’elemento soggettivo del reato, è richiesto difatti il dolo specifico, ovvero che il soggetto sia mosso da petulanza o da latro biasimevole motivo, per recare disturbo alla persona offesa.
La giurisprudenza,  infine, più volte si è pronunciata sull’effettiva differenza fra i due reati, sancendo pacificamente che “Il criterio distintivo tra il reato di atti persecutori e quello di cui all’art. 660 cod. pen. consiste nel diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta che, in entrambi i casi, può estrinsecarsi in varie forme di molestie, sicchè si configura il delitto di cui all’art. 612-bis cod. pen. solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l’alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all’art. 660 cod. pen. ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato.”( Cass. pen. Sez. V n. 15625/202).

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Avv. Gian Maria Nicotera

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