Assunzione volontaria di gestione di una situazione di pericolo creata da terzi e  situazione di pericolo creata dal reo come fonte di posizione di garanzia

Chiara Galano 19/04/21
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Definizione di posizione di garanzia e le sue fonti

Per  posizione di garanzia si intende quella situazione che sorge nel momento in cui la legge extrapenale, o altra fonte giuridica, anche di tipo negoziale, impone su predeterminate categorie di soggetti un obbligo di impedimento di eventi offensivi di beni altrui, la cui tutela è loro affidata in ragione di una situazione di particolare prossimità con il bene in oggetto e a causa dell’incapacità dei titolari di provvedere autonomamente alla loro protezione . È, inoltre, precisato dalla Suprema corte, nella sentenza 20 giugno  2010n. 38991, che per potersi delineare una tale posizione è necessario che destinatari dell’obbligo siano dotati di poteri atti ad impedire la lesione del bene garantito, o che quantomeno vengano ad essi riservati mezzi idonei ad intervenire, ad attivarsi e ad evitare che l’evento dannoso venga posto in essere.

Ad una tale considerazione consegue che se dovesse risultare impossibile agire, l’obbligo giuridico viene meno.

Qualora ricorrano, invece, tutte le condizioni su menzionate, non solo viene a formarsi l’obbligo giuridico in capo a tali soggetti, ma, stando al tenore letterale dell’articolo 40 comma 2 del codice penale, il mancato adempimento dello stesso concorre finanche alla formazione del fatto tipico commissivo mediante omissione, o anche chiamato reato omissivo improprio.

Elemento costitutivo di questo tipo di reato si individua nell’evento che si è verificato in conseguenza di una mancata azione giuridicamente doverosa imposta proprio al fine di impedire il configurarsi di un tale evento.

Il dovere giuridico di agire, così delineato, ha un’estensione più ampia rispetto a quella che caratterizza i reati omissivi propri in cui il legislatore, attraverso norme ad hoc, incrimina la mera omissione indipendentemente dal verificarsi un evento come conseguenza.

A differenza dei reati omissivi propri, inoltre, i reati commissivi mediante omissione sono di regola configurati attraverso il combinato disposto tra l’articolo 40 comma due del codice penale e  norme incriminatrici di parte speciale che vietano la causa azione di un evento.

L’autore di un tale reato viene individuato dall’articolo 40 in colui che non ha impedito il verificarsi dell’evento di cui aveva un obbligo di impedimento.

Non tutte le fattispecie commissive sono, tuttavia, suscettibili di essere convertite mediante l’articolo 40 comma due, in fattispecie omissive.

Presupposto è innanzitutto il verificarsi di un evento, il disposto dal suddetto articolo, infatti, non è applicabile ai reati di mera condotta.

Inoltre, il campo di applicazione dell’articolo 40, secondo alcune posizioni dottrinali, ricomprenderebbe soltanto fattispecie a forma libera, reati di pura produzione di un risultato senza alcun tipo di vincolo di condotta.

Tale posizione, in realtà, è stata recentemente superata dalla giurisprudenza, la quale  in sentenze come la numero 53102 del settembre 2016 si mostra incline ad ammettere la configurabilità di un reato di questo genere anche in fattispecie a forma vincolata.

Ulteriore requisito che pare, in modo assoluto, rilevare ai fini dell’applicazione dell’articolo 40 è quello della sussistenza dell’obbligo giuridico di impedire l’evento in capo al soggetto coinvolto, quindi l’esistenza di una posizione di garanzia.

Risulta particolarmente importante dunque individuare l’esistenza o meno di un tale obbligo giuridico poiché in base alla sussistenza o meno di esso si determina in concreto la norma applicabile e la fattispecie meglio adattabile.

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Al fine di individuare la sussistenza di posizioni di garanzia, non essendo le fonti delle stesse regolate espressamente dal codice penale, sono state elaborate diverse teorie dottrinali.

Stando ad una prima teoria, la cosiddetta teoria formale della posizione di garanzia, l’obbligo di impedire l’evento può derivare solo da particolari fonti qualificate sul piano formale, quali: la legge penale o extra penale, il contratto, avendo lo stesso forza di legge tra le parti, o anche una propria precedente attività pericolosa.

Il fondamento giuridico formale dell’obbligo di garanzia è individuato quindi in ossequio al principio di legalità.

Tuttavia, non viene a mancare il punto di criticità di una tale teoria, essa, infatti, si mostra incapace di individuare gli obblighi aventi un’autentica funzione di garanzia a prescindere dall’esistenza di tali fonti qualificate.

Sul versante opposto, la giurisprudenza recente, al fine di colmare un tale limite si è più volte orientata secondo una teoria volta ad individuare la fonte degli obblighi di impedimento ispirandosi a criteri sostanziali/ funzionali, andando cioè a selezionarli tenendo conto della ratio dell’articolo 40 co. 2.

Scopo della norma è quello di attribuire una protezione rafforzata ad un bene il cui titolare non è nelle condizioni adatte a tutelarlo. L’incapacità può derivare o da una sua posizione di intrinseca debolezza soggettiva, per esempio l’essere un minore di età, oppure dall’impossibilità di controllare una determinata fonte di pericolo.

In tal senso, si distingue gli obblighi di protezione dagli obblighi di controllo.

I primi impongono al garante di proteggere determinati beni da tutte le fonti di pericolo, ad esempio i genitori sono obbligati a proteggere i figli minorenni, i secondi invece, impongono di proteggere chiunque da una determinata fonte di pericolo.

In particolare, essi hanno ad oggetto la neutralizzazione dei pericoli derivanti da una determinata fonte, ad esempio, quelli creati da forze della natura.

Una posizione di garanzia così delineata prescinde, quindi, dall’esistenza di un elemento normativo attributivo dell’obbligo in quanto alla base vi è un rapporto qualificato tra il soggetto obbligato ed il bene che deve essere tutelato.

È, tuttavia, in questa prospettiva che anche questa teoria presenta delle limitazioni: innanzitutto l’obbligo di garanzia non deriva da fonti qualificate sul piano formali ma da situazioni fattuali di garanzia, in contrasto, quindi, con il principio di legalità.

Inoltre, data la eterogeneità dei criteri per individuare di volta in volta un tale obbligo giuridico, non sono di facile configurazione i confini precisi di applicabilità della responsabilità omissiva.

Al fine di limare le presenti problematiche, la dottrina tende ad accogliere i principi della teoria funzionale richiedendo altrettanto una fonte legale a fondamento della posizione di garanzia.

Secondo questa teoria mista, infatti è sempre necessario che vi siano obblighi di legge che, selezionati in base ai criteri della teoria funzionale, tenendo conto quindi dell’articolo 40, possano costituire posizioni di garanzia.

Infine, la prospettiva che in dottrina risulta essere la più accreditata è la  cosiddetta teoria costituzionalmente orientata.

I sostenitori di un tale orientamento propongono un’interpretazione restrittiva dell’articolo 40.

La posizione di garanzia non sorge esclusivamente nel rispetto e in ossequio al principio di legalità piuttosto anche di altri principi fondamentali del diritto penale.

In base al principio di tassatività, infatti, l’obbligo di garanzia deve essere specifico, questo implica che la posizione di garanzia non può sorgere da obblighi indeterminati, l’azione è doverosa e l’obbligo è specifico.

In ossequio al principio di solidarietà, i soggetti beneficiari devono essere individuati specificatamente, sono soggetti determinati incapaci di provvedere ad una adeguata autotutela.

In rispetto del principio della libertà, la posizione di garanzia non può gravare su una categoria indeterminata di soggetti, è un obbligo che presuppone la specificità del soggetto obbligato, non può gravare erga omnes ma solo su specifiche categorie di soggetti che si trovano in un particolare il rapporto giuridico con il bene da proteggere e che detengono  poteri effettivi di impedimento dell’evento.

Altro principio rilevante è il primo è quello della personalità della responsabilità penale, la posizione di garanzia presuppone un potere giuridico di impedire l’evento che si sostanzia in un potere di vigilanza attribuito al soggetto circa l’insorgere di situazioni di pericolo ed intervento.

Ovviamente rileva anche il principio di legalità, esso svolge un ruolo fondamentale, la posizione di garanzia si deve basare, deve originarsi sempre e soltanto da fonti giuridiche formali.

Risulta, dunque, evidente che sia la teoria formale, la teoria mista e la teoria costituzionalmente orientata riconoscano come fonte dell’obbligo di impedimento, in rispetto del principio di legalità, una base legale.

 

Situazione di pericolo creata dal reo

Molto si discute, pertanto, circa la possibilità che da una situazione di pericolo tale da esporre il bene tutelato a rischio di pregiudizio, possa sorgere una posizione di garanzia in capo allo stesso autore della condotta lesiva.

Questi casi, infatti, non vi è alcuna previsione legislativa o alcun tipo di fonte negoziale che possa dare un fondamento alla fonte la posizione di garanzia. Non si prevede in alcun modo che il reo che crea un pericolo abbia altrettanto l’obbligo giuridico di impedire l’evento naturalistico che ne consegue.

Per di più, la legge, in particolare quella penale, pare addirittura escludere la possibilità che un tale tipo di obbligo possa sorgere.

Ex articolo 56 ultimo comma c.p. , infatti, nell’ambito della disciplina del tentativo, viene riconosciuto il beneficio dell’attenuante  quando il soggetto coinvolto impedisce il verificarsi dell’evento, il cosiddetto ravvedimento operoso, il recesso attivo. Dal disposto della norma si può evincere che a fronte della situazione di pericolo creata dal soggetto non vi è un obbligo giuridico, piuttosto la possibilità di impedire l’evento; la circostanza attenuante sarebbe, difatti, incompatibile con la previsione di un eventuale obbligo.

Non tutta la dottrina però condivide queste argomentazioni, vi è chi ha una diversa prospettiva, i sostenitori della teoria sostanziale, infatti, riconoscono in chi svolge un’attività pericolosa l’imposizione dell’obbligo di impedire la concretizzazione del pericolo generato, la conseguenza quale evento dannoso.

Secondo quanto già illustrato, in questo caso, infatti, la fonte della posizione di garanzia sorge dalla ratio dell’articolo 40 di una tutela rafforzata nei confronti del bene tutelato e sebbene non esista una disposizione normativa che preveda l’imposizione dell’obbligo, alla base vi è sicuramente un rapporto qualificato tra il reo che pone in essere la condotta e il bene meritevole di tutela rafforzata.

È lapalissiano che a seconda della prospettiva adottata si arriva a conclusioni diametralmente opposte sull’escludere o meno la configurabilità di una posizione di garanzia derivante da una situazione di pericolo creata dallo stesso reo, la questione, infatti, resta ancora da dipanare.

 

Assunzione volontaria della gestione di una situazione creata da terzi

Altrettanto discusso in dottrina e in giurisprudenza è il recentissimo orientamento seguito dalla Suprema Corte nella sentenza 7 febbraio 2020 n. 9049.

Il tema riguarda il rapporto tra il reato di omissione di soccorso ex art. 593 co. 2 c.p., nella forma aggravata dall’evento morte di cui al comma terzo, e reato omissivo improprio previsto dall’art. 40 c.p., in combinato disposto con norme di parte speciale.

In particolare, l’obbligo di impedire l’evento va tenuto distinto dall’appena menzionato reato. La mera omissione di soccorso, infatti, non integra la fattispecie di causazione attiva, non si converte in un reato commissivo omissivo, non esiste, infatti un obbligo piuttosto un dovere di impedire in capo a tutti i consociati anche quelli che non hanno alcun rapporto qualificato con il bene tutelato né alcun potere impeditivo di eventi offensivi altrui.

Elemento che differenzia le due ipotesi criminose è quindi proprio la posizione di garanzia proprio in cui si trova il soggetto coinvolto nel reato omissivo improprio previsto dall’articolo 40.

Nell’omissione di soccorso aggravato, l’evento morte non è l’elemento costitutivo del reato piuttosto è un evento aggravatore che nel disegno originario del codice avrebbe dovuto essere imputato all’autore della condotta a titolo di responsabilità oggettiva.

Oggi giorno, seguendo l’interpretazione costituzionalmente orientata, si è arrivato a modellare le varie ipotesi di responsabilità oggettiva nel rispetto del principio di colpevolezza, pertanto, l’evento morte è riconducibile all’omissione del soggetto coinvolto qualora la stessa omissione sia qualificabile almeno a titolo di colpa. Nel caso in cui evento morte sia, invece, voluto da chi è responsabile dell’omissione di soccorso, secondo una sentenza di Cassazione di marzo 2020, il reato si trasmoda direttamente nella fattispecie criminosa di omicidio doloso .

Al contrario, in caso di omicidio commesso in forza di una condotta omissiva ex articolo 40, le conseguenze sanzionatorie risultano a priori più gravi proprio perché in capo al soggetto coinvolto grava un vero e proprio obbligo giuridico di impedimento che sorge dalla posizione di garanzia.

Nel caso specifico trattato nella menzionata sentenza, la Corte arriva a conferma la riconducibilità delle condotte degli imputati alla figura di reato di omicidio mediante omissione, ossia un reato omissivo improprio previsto dall’art. 40. c.p. I giudici di legittimità muovono dall’assunto che è possibile individuare la posizione di garanzia nell’assunzione volontaria della gestione della situazione di pericolo che stata creata da altri.

I soggetti coinvolti, infatti, assumendo volontariamente la gestione di una situazione di pericolo creata da terzi, con la consapevolezza della gravità dell’accaduto è come se si assumessero un dovere di protezione facendo così sorgere un obbligo giuridico di impedire conseguenze dannose per i beni in pericolo.

È controverso, tuttavia, se una condotta per via di fatto possa integrare l’obbligo giuridico richiesto dall’art. 40 c.p.

Un conto è infatti l’assunzione volontaria di gestione di una situazione di pericolo creata da terzi per mezzo di contratto, in cui tale assunzione volontaria di gestione fa sorgere una posizione di garanzia che precede il verificarsi della situazione di pericolo, un conto è invece l’assunzione volontaria de facto.

Nel caso in cui dovesse ritenersi possibile che la posizione di garanzia possa derivare da comportamenti concludenti, come sostiene la teoria sostanziale  e quella mista, quest’ultima sorgerebbe inevitabilmente in un momento successivo al verificarsi della situazione di pericolo. Il pericolo, infatti, si sta ormai verificando e, pertanto, l’assunzione della gestione della situazione non sembra essere più volontaria, piuttosto, sembrerebbe integrare il dovere di attivarsi ex articolo 593 cp.

Infatti, è proprio la preesistenza dell’obbligo di impedimento che consente di distinguere il soggetto in garanzia dal mero soccorritore.

Il garante ha i poteri adeguati volti ad ostacolare e sopprimere ex ante il sorgere della situazione di pericolo, i soccorritori, invece, possono solo impedire che si sviluppi in modo dannoso.

Il requisito della preesistenza della posizione di garanzia non può che trovare il suo fondamento nel principio di legalità.

Per integrare il contenuto dell’art. 40 c.p., è necessario che l’obbligo di impedire sia conosciuto dal soggetto coinvolto prima che si verifichi la situazione di pericolo, in modo da permettere l’adozione di misure adatte a prevenirla.

Infine, ulteriore profilo di criticità si riscontra nel paradosso secondo il quale se il soggetto coinvolto si attiva e quindi, secondo l’orientamento della Suprema Corte, assume la posizione di garanzia risponde di un trattamento più grave rispetto a se avesse, al contrario, assunto un atteggiamento di disinteresse e abbandono del ferito, rilevante soltanto ai sensi dell’art. 593 c.p.

Sembrerebbe favorirsi l’inerzia piuttosto che l’assistenza, generando una disparità di trattamento che, secondo parte della dottrina, non sembra giustificabile.

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Bibliografia:

FRATINI M. Manuale di diritto penale, Edizione 2020-2021, Accademia del diritto, Roma, 2020

FIANDACA G., MUSCO E. Diritto penale. Parte generale, Zanichelli, 2019

 

 

 

 

 

Chiara Galano

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