Associazioni sportive affiliate al CONI: il Ministero del Lavoro pone un freno all’attività ispettiva

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Il Ministero del Lavoro – Direzione generale per l’attività ispettiva, intervenendo con la recente circolare n. 37 del 21.02.2014, sembra finalmente porre un freno ad un vasto contenzioso generatosi in relazione all’ambito applicativo della norma di cui all’art. 67, comma 1, lett m) del T.U.I.R., che disciplina i redditi c.d. “diversi”, derivanti da alcune tipologie di prestazioni lavorative rese in favore di associazioni sportive dilettantistiche e di società sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI e prive di scopo di lucro.

Tuttavia, al fine di comprendere al meglio la ratio del pronunciamento dell’amministrazione, è bene ripercorrere a ritroso le varie tappe di tale controversia.

E’ indispensabile premettere come la necessità di una disciplina legislativa di favore per l’associazionismo sportivo e, conseguentemente, per le società/associazioni sportive dilettantistiche prive di scopo di lucro sia da rinvenirsi nel dettato costituzionale, laddove si garantisce lo sviluppo della personalità dell’uomo all’interno delle formazioni sociali (art. 3 Cost) e la libertà di associazione (art. 18 Cost).

La particolare attenzione dello Stato al fenomeno sportivo è altresì avvalorata dall’esistenza di un apparato pubblico ad esso finalizzato, rappresentato dal CONI e dall’esistenza di un vero e proprio ordinamento sportivo, parzialmente autonomo rispetto all’ordinamento statale.

La disciplina legislativa.

Operata tale doverosa premessa, rileva sottolineare come il favor verso il fenomeno sportivo possa evidentemente rinvenirsi nel disposto dell’art. 67, comma 1, lett m) del T.U.I.R., come integrato dall’art. 90 della L. n. 289/2002, laddove si prevede che sono da considerarsi redditi diversi, pertanto non assoggettati a contribuzione previdenziale1, qualora non costituiscano redditi derivanti da esercizio di impresa, di lavoro autonomo o di lavoro dipendente, “le indennità di trasferta, i rimborsi forfettari di spesa, i premi e i compensi…erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI…dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche”.

Il legislatore poi, come spesso accade, ha operato una interpretazione autentica di tale norma con il disposto dell’art. 35, comma 5, del D.L. n. 207/08, convertito con legge 14/2009, disponendo che “nelle parole esercizio diretto delle attività dilettantistiche contenute nell’art. 67, comma 1, lett. m) TUIR sono ricomprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica”, con una conferma della interpretazione estensiva della norma operata dalla Agenzia delle Entrate2 e dall’ENPALS3.

Ad una prima lettura appare evidente che il discrimen previsto dal legislatore tributario affinché tali redditi siano esenti da contribuzione risulta costituito dal carattere professionale o meno della prestazione.

Quest’ultimo verrà ad integrarsi, con consequenziale inesistenza di obbligo contributivo, in relazione al carattere subordinato/autonomo della prestazione lavorativa, alla marginalità dell’attività svolta dai lavoratori ed alla assenza di un bagaglio tecnico nell’esecuzione della prestazione lavorativa stessa.

Risulta, altresì, chiarito dalla norma di interpretazione autentica sopra riportata come la prestazione lavorativa non debba necessariamente essere finalizzata ad una manifestazione sportiva (come si era ritenuto in passato), ma debba comunque risultare funzionale alla attività di formazione in senso lato dell’associazione sportiva dilettantistica.

Ne consegue che, in ragione del disposto normativo, non possono rientrare nel regime di favore previsto dal T.U.I.R. tutte quelle prestazioni non funzionali al sodalizio sportivo e soprattutto eseguite in un contesto caratterizzato da stabilità, risultando ammesse solo quelle collaborazioni meramente occasionali.

Sul punto, nell’assimilabile settore dello spettacolo, la costante giurisprudenza di legittimità ha stabilito come non determini il venir meno dell’obbligo contributivo né la non esclusività dell’attività in questione né la sua saltuarietà. 4

Il contenzioso tra associazione sportive dilettantistiche ed enti previdenziali.

Sulla scorta di tali circostanze si è sviluppato nel tempo un forte contenzioso tra Enti previdenziali ed associazioni sportive dilettantistiche in ragione dell’applicabilità o meno del favorevole disposto del T.U.I.R. in relazione a prestazioni professionali rese da istruttori, di norma con una certa frequenza nel tempo e con il connaturato bagaglio tecnico di cui essi dispongono.

L’esito di tale contenzioso, anche in ragione della peculiarità di ogni singolo caso, è risultato alterno, anche se rileva segnalare l’emergere di una minoritaria ma comunque rilevante giurisprudenza sfavorevole alle associazioni sportive, che ha destato un evidente allarme nel settore. 5

Tali pronunce ripercorrono spesso lo sviluppo della normativa di favore prevista dal legislatore e con logiche argomentazioni giungono ad escludere l’applicabilità del citato regime di favore alle prestazioni professionali rese da istruttori con una certa continuità e con il connaturato utilizzo delle conoscenze tecniche relative alla disciplina insegnata.

La circolare n. 37 del 21.02.2014 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Ad ogni buon conto, il timore ingenerato da tali pronunce è stato talmente elevato da spingere l’amministrazione ad intervenire con la recentissima circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione generale per l’attività ispettiva, la quale, in maniera piuttosto pilatesca, non ha chiarito le questioni problematiche di fondo sottese all’inquadramento di una sempre più vasta categoria di lavoratori, limitandosi, piuttosto, a rassicurare gli interessati (rectius le associazioni sportive) sotto il profilo dei controlli ispettivi.

Il Ministero del Lavoro, infatti, prendendo le mosse dalla circostanza che la maggior parte delle vicende contenziose in subiecta materia si sono concluse con la soccombenza dell’ente previdenziale, ritiene che l’attività ispettiva, ferma restando la vigilanza ed il contenzioso esistente, debba “concentrare la propria attività sulle diverse realtà imprenditoriali non riconosciute dal CONI, dalle Federazioni Sportive nazionali o dagli enti di promozione sportiva e non iscritte nel Registro delle società e associazioni sportive dilettantesche”.

Pertanto, si giunge al paradosso per il quale non si contesta l’interpretazione in senso sfavorevole alle associazioni dilettantistiche, ma si intende comunque rassicurare queste ultime circa possibili attività ispettive prodromiche ad addebiti, ribadendo che i controlli saranno concentrati nei confronti delle realtà sportive non riconosciute dal CONI e da enti di promozione sportiva e, dunque, a fini di lucro.

La ambiguità di fondo della soluzione-ponte emerge laddove il Ministero, conscio della problematica inerente la mancata copertura previdenziale di una sempre più ampia categoria di lavoratori,“ravvisa l’opportunità di farsi promotore, d’intesa con l’INPS, di iniziative di carattere normativo, volte ad una graduale introduzione di forme di tutela previdenziale a favore dei soggetti che, nell’ambito delle associazioni e società sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, nonché dagli enti di promozione sportiva, svolgono attività sportiva dilettantistica nonché attività amministrativo gestionale non professionale ex art. 67, comma 1, lett. m, ultimo periodo, del T.U.I.R.”6

Dunque, parafrasando il linguaggio ministeriale, il vulnus nel sistema previdenziale sussiste ma in futuro, si auspica, verrà risolto e, in attesa di una soluzione, non si procederà a controlli.

Ci troviamo di fronte, dunque, ad una ennesima soluzione ambigua, con la quale troppo spesso deve fare i conti l’interprete, in attesa di sviluppi normativi atti a contemperare gli interessi previdenziali dei lavoratori con il giusto favor legislativo nei confronti del fenomeno associazionistico sportivo.

1 Circolare Enpals 13 del 07.08.2006.

 

2 Risoluzione n. 38/E del 17 maggio 2010.

 

3 Circolare n. 18/2009.

 

4 Si veda ex multis Cass. Civ. Sez. Lav., 22.01.2009 n. 1640.

 

5 Si veda: sentenza Tribunale di Roma, sez. Lavoro, n. 9284/2013; sentenza Tribunale di Firenze, sez. Lavoro, n. 671/2013.

 

6 Circolare n. 37 del 21.02.2014 – Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali – Direzione generale per l’attività ispettiva.

 

Leonardo di Russo

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