Assenze per malattia, quando è legittimo il licenziamento?

Redazione 25/11/16
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L’azienda può licenziare il dipendente che si assenta per malattia troppo spesso e a intervalli regolari, quando tali assenze pregiudicano la sua prestazione lavorativa globale. E questo, a determinate condizioni, anche quando il numero dei giorni di assenza non supera il periodo di comporto. Si parla in questo caso, come avallato da alcune recenti sentenze della Cassazione, di “licenziamento per scarso rendimento“.

Vediamo allora in quali casi il dipendente che si assenta per malattia può essere licenziato.

 

Che cos’è il licenziamento per scarso rendimento?

Il licenziamento per scarso rendimento è legittimo quando il dipendente di un’azienda ha un livello di efficienza medio molto basso rispetto ai colleghi e ai parametri chiaramente fissati dal datore di lavoro. In altre parole, quando il lavoratore dimostra scarsa produttività per un periodo lungo e continuato, per qualsiasi motivo che possa essere attribuito alla sua negligenza, l’azienda può licenziarlo.

Parametri e obiettivi fissati devono essere però oggettivi e quantificabili: il licenziamento non è infatti legittimo quando il datore di lavoro dichiari semplicemente che il dipendente non abbia raggiunto gli obiettivi aziendali.

 

Il licenziamento per superamento del comporto

Diverso il caso del licenziamento per superamento del periodo di comporto. Il periodo di comporto, che viene stabilito caso per caso dai contratti nazionali, è il numero dei giorni al di sotto dei quali l’azienda non può licenziare il dipendente che si assenta per malattia.

Una volta superato il periodo di comporto, però, il lavoratore è licenziabile. In questo caso, il superamento del numero massimo di giorni consentiti permette al datore di lavoro di procedere al licenziamento senza bisogno che ci sia una giusta causa e senza necessità di fornire motivazioni soggettive. È sufficiente elencare nella lettera di licenziamento il numero dei giorni di assenza.

 

Il dipendente può essere licenziato prima della superamento dei giorni?

Cosa succede, allora, quando lo scarso rendimento è dovuto alle continue assenze del lavoratore?

La giurisprudenza negli ultimi anni si sta orientando decisamente verso la possibilità di licenziare il dipendente che, pur non superando il periodo di comporto, si assenta spesso e per questo motivo ha un rendimento molto più basso di quello dei suoi colleghi.

Si legge, a questo proposito, nell’importante sentenza n. 18678/2016 della Corte di Cassazione, che le “sistematiche assenze” del lavoratore, “per un numero esiguo di giorni” e “costantemente agganciate ai giorni di riposo”, possono causare una prestazione lavorativa nel complesso “non sufficientemente e proficuamente utilizzabile per la società”. In questo caso, il licenziamento del dipendente è del tutto legittimo.

 

Il datore di lavoro deve provare il danno

Come accennato, tuttavia, il licenziamento del lavoratore prima della fine del comporto non può essere immediato: l’azienda deve dimostrare di aver subito un danno a causa delle reiterate assenze del dipendente.

La dimostrazione della scarsa efficienza del lavoratore in questione rispetto ai colleghi e ai parametri fissati deve attenersi, come nei casi non imputabili alle troppe assenze, a criteri oggettivi e quantificabili. In caso contrario, anche grazie alla nuove norme introdotte con il Jobs Act, il dipendente può essere immediatamente reintegrato per legge al’interno dell’azienda.

Redazione

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