Assegno divorzile, i nuovi criteri anche per i processi in corso

Redazione 03/07/17
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Continua a far molto discutere la questione dell’assegno divorzile, che secondo la storica sentenza della Corte di Cassazione n. 11.504 dello scorso 10 maggio non deve più tener conto del tenore di vita in costanza di matrimonio. Il nuovo orientamento della Suprema Corte, secondo cui avrebbe diritto all’assegno solo l’ex coniuge che non è economicamente autosufficiente, andrebbe infatti applicato anche ai processi già in corso.

La situazione però è molto più complicata di quello che sembra. Vediamo perché.

 

Il Tribunale di Milano si adegua al nuovo assegno

L’ultimo caso eclatante è quello del Tribunale di Milano, sentenza del 5 giugno 2017.

I giudici hanno deciso di respingere la domanda di assegno divorzile avanzata da una donna nei confronti dell’ex marito proprio in base alla pronuncia della Cassazione. Per il Tribunale, è condivisibile l’orientamento della Suprema Corte secondo il quale il tenore di vita avuto in costanza di matrimonio non può più essere un parametro di riferimento per determinare l’assegno. A contare è primariamente l’autosufficienza economica del richiedente: nel caso di specie, la donna possedeva un reddito adeguato, e dunque l’assegno di mantenimento non è stato concesso.

I problemi della sentenza: bisogna decidere caso per caso

Niente da aggiungere, quindi? L’assegno sarà da oggi determinato solo in base al reddito del richiedente? Non esattamente. In realtà, l’applicazione del nuovo orientamento della Cassazione presenta alcuni problemi.

Ne ha discusso pochi giorni fa Anna Cattaneo, presidente della nona sezione civile dello stesso Tribunale di Milano, in un convegno al Palagiustizia milanese. Per la Cattaneo il nuovo assegno di divorzio previsto dalla Cassazione è sì da applicare anche ai processi in corso, ma non indiscriminatamente e solo dopo un’attenta valutazione dei casi concreti. Il reddito personale, che un’ordinanza del Tribunale di Milano del 22 maggio ha determinato in un minimo di 1.000 euro al mese, è infatti solo uno dei parametri da tenere in considerazione. Bisogna considerare, ad esempio, il caso delle mogli che non hanno una mansione retribuita ma che di fatto lavorano a tempo pieno in casa per la famiglia e per i figli.

Inoltre, come sottolinea ancora la Cattaneo, la sentenza della Corte di Cassazione è stata emessa a sezioni semplici, e si è espressa in maniera contraria al precedente orientamento elaborato a sezioni unite. Tutto sarebbe stato più semplice (e, per certi versi, vincolante), se anche la storica sentenza del 10 maggio fossa stata emessa a sezioni unite.

Assegno ancora valido per la separazione: il caso Berlusconi

C’è un altro aspetto molto importante che spesso non viene esaminato a sufficienza. La sentenza della Corte di Cassazione del 10 maggio si è espressa sull’assegno divorzile e sulla fine dell’obbligo di corrispondere il mantenimento all’ex coniuge dopo che il matrimonio è finito. Resta invece fuori da questo ambito l’assegno di separazione.

Il caso più eclatante delle ultime settimane è ovviamente quello di Silvio Berlusconi. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 12.196 del 16 maggio, ha stabilito che l’ex premier deve continuare a versare l’assegno di mantenimento nei confronti di Veronica Lario perché la coppia non è ancora divorziata a tutti gli effetti (la sentenza di divorzio è stata già emessa ma non è ancora diventata definitiva). Questo perché per legge la separazione tra due coniugi, a differenza del divorzio, non determina la fine del matrimonio e non fa venir meno i doveri di assistenza materiale e patrimoniale.

 

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