Art. 54 D.L. n. 18/2020: sospensione dell’ordine di liberazione dell’immobile pignorato

Davide Rabito 29/06/20
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Tra le novità apportate dalla legge di conversione (legge del 24 aprile 2020, n. 27), spicca l’introduzione dell’art. 54-ter del citato d.l. n. 18 del 2020, rubricato “Sospensione delle procedure esecutive sulla prima casa” e così formulato: “Al fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare di cui all’art. 555 del C.P.C. che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore”.

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Le misure di contenimento per arginare la diffusione della pandemia in corso hanno coinvolto anche il settore degli sfratti.L’art. 103, comma 6, del d.l. n. 18/2020 dispone la sospensione dell’esecuzione per rilascio di immobili, anche ad uso non abitativo, fino al 30 giugno 2020.Con questa disposizione, si desume che il legislatore abbia inteso bloccare temporaneamente l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio, per evidenti ragioni strettamente riconducibili alla gestione dell’emergenza sanitaria in corso.Tuttavia, va chiarito che la norma non preclude l’inizio dell’esecuzione nel senso che non impedisce la notifica dell’atto iniziale.Per questo, il presente lavoro, oltre a fornire il quandro ordinario di riferimento della disciplina, si pone quale strumento utile al Professionista che debba trattare questa tipologia di procedimenti nel corso della decretazione d’urgenza.

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Per quanto avente efficacia temporale assai circoscritta, la previsione normativa ora trascritta segna un discrimine di significativo rilievo sistematico: dalla sospensione dei termini per il compimento degli atti processuali si trasmoda nella radicale sospensione del procedimento espropriativo immobiliare nella sua interezza, secondo una modalità ed una tecnica già propria del diritto dell’emergenza. A tal proposito, il dossier parlamentare della legge di conversione precisa che per “abitazione principale” si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente (ai sensi dell’art. 10, comma 3-bis del D.P.R. n. 917 del 1986). La circostanza che la sospensione riguardi uno solo dei tre tipi di espropriazione risponde ad una finalità specifica.

Non va preservato il patrimonio del debitore (se così fosse stato sarebbero state sospese anche le altre espropriazioni) ma la sua abitazione.

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Abitazione prima casa

 

Un rilievo, dunque, esclusivamente socio-economico: attutire i drammatici riverberi della generale crisi del sistema produttivo provocata dalla pandemia in corso con riguardo ai soggetti maggiormente deboli, quelli che nell’azione esecutiva vedono a rischio la propria abitazione.

Nessun significativo ausilio si rinviene poi nell’art. 41-bis del d.l. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito dalla L. 19 dicembre 2019, n. 157, in tema di rinegoziazione dei mutui: anche in questo caso, la norma – che, con evidente finalità esdebitatoria, s’incarica di soccorrere il contribuente in difficoltà che abbia stipulato un finanziamento per l’acquisto della “prima casa” – trascura di offrire una puntuale nozione.

A ben vedere, la ragione del problema risiede, quanto all’art. 54-ter in esame, nella distonia tra rubrica e precetto, per essere i concetti ivi evocati tra di loro disarmonici: la “prima casa” postula, invero, la titolarità di un diritto dominicale (o altro diritto reale da cui scaturisca il possesso del bene) che è non indefettibilmente connotante la “abitazione principale”, ancorata alla situazione fattuale ed alla destinazione per esigenze vitali abitative.

E’ quanto si evince dagli unici addentellati ordinamentali specificamente riferibili all’“abitazione principale”, il cui statuto si rinviene nella disciplina fiscale.

A rilevare è, innanzitutto, l’art. 10, comma 3-bis del T.U. delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 22 dicembre 1986, n. 917), disposizione in tema di “oneri deducibili”, a tenore della quale per abitazione principale “si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente”, con la precisazione dell’irrilevanza della “variazione della dimora abituale se dipendente da ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l’unità immobiliare non risulti locata”.

La nozione in parola è ripresa poco dopo, nello stesso contesto regolamentare, dall’art. 15, comma 1, lett. b), in materia di “detrazioni per oneri”, e fatto coincidere con il concetto di “dimora abituale”.

A mente della norma evocata, infatti, “per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente”, senza che si tenga conto “delle variazioni dipendenti da trasferimenti per motivi di lavoro” nonché – similmente alla regola dell’art. 10 – delle “variazioni dipendenti da ricoveri permanenti in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l’unità immobiliare non risulti locata”.

La Corte di Cassazione ha, peraltro, precisato che in tema d’IRPEF, “ai fini della detrazione prevista dall’art. 13 bis (attuale 15), comma 1, lett. b, del D.P.R. n. 917 del 1986, non è necessario acquistare il diritto di proprietà dell’unità immobiliare da destinare ad abitazione principale, essendo sufficiente anche l’acquisto di un diritto reale, come l’uso, l’abitazione o l’usufrutto idoneo a soddisfare l’esigenza abitativa[1].

Un ulteriore proficuo riferimento si ritrova nell’art. 13 d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”, convertito con modifiche dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214: “Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”.

Viene, in definitiva, ribadito il concetto di “dimora abituale”, già trasfuso – come sopra osservato – nel T.U. delle imposte sui redditi e ripreso altresì, in tema di ICI, dall’art. 8, comma 2, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (contenente il “Riordino della finanza locale degli enti territoriali”), secondo cui rileva la casa in cui “il contribuente […] e i suoi familiari dimorano abitualmente”. A detto requisito viene abbinato peraltro quello della residenza anagrafica, posto che per abitazione principale del soggetto passivo deve intendersi quella “salvo prova contraria”.

Con riferimento alla prima questione, sembra preferibile affermare che è necessario che l’immobile pignorato sia destinato a soddisfare le esigenze abitative del debitore, non importa se solo o accompagnato da un nucleo familiare. A tanto induce la circostanza che il legislatore pare voler preservare dall’emergenza abitativa colui che subisce la espropriazione come si desume dal riferimento espressamente operato alla “abitazione principale” del debitore.

Con riferimento alla seconda questione, la tesi preferibile è quella secondo cui occorra la residenza

anagrafica.

Non può, però, escludersi che la sospensione possa operare anche quando si accerti che presso l’immobile pignorato il debitore abita in modo continuativo di guisa che l’eventuale residenza anagrafica in altro luogo è solo formale perché non coincidente con quella effettiva.

Ambito di applicazione soggettivo e oggettivo

La sospensione ex art. 54 ter D.L. 18/2020 concerne le procedure esecutive in cui l’immobile staggito costituisca abitazione principale del debitore esecutato (da solo o con suoi congiunti), alla data del 30 aprile 2020.

A tale scopo si precisa che assume rilievo la situazione abitativa del debitore al momento dell’entrata in vigore della legge, anche se sopravvenuta rispetto alla notifica del pignoramento.

La sospensione dell’esecuzione ex art. 54 ter riguarda le procedure in cui il compendio pignorato sia costituito dall’abitazione principale del debitore, ovvero l’immobile avente destinazione stabile, effettiva e durevole a dimora abituale del medesimo[2].

La sospensione ex art. 54 ter non trova applicazione nel caso in cui l’immobile al momento della entrata in vigore dell’art. 54 ter costituisca la dimora principale non del debitore esecutato, ma esclusivamente di persone diverse dallo stesso, ancorché a questi legate da rapporti di parentela o di coniugio.

I medesimi criteri interpretativi di ordine soggettivo trovano applicazione al terzo proprietario esecutato e al debitore esecutato condividente dell’immobile pignorato pro quota.

Nel caso siano pignorati anche beni diversi dall’abitazione principale del debitore l’esecuzione resta sospesa relativamente al solo immobile costituente l’abitazione principale del debitore e prosegue per gli altri beni (salvo che gli immobili non siano costituiti in unico lotto in quanto in tal caso la sospensione si estenderà anche agli altri beni, ferma restando la possibilità per il giudice di disporre una diversa suddivisione in lotti, al fine di consentire la prosecuzione della procedura per i beni per i quali non ricorrano i presupposti di cui all’art. 54 D.L. 18/2020 e sempre che ve ne siano le condizioni).

La sospensione ha ad oggetto qualunque attività o adempimento (di udienza o extra udienza) del processo esecutivo fino al decreto di trasferimento e che sia funzionale alla liquidazione del bene.

In particolare ed a mero titolo esemplificativo, sono da ritenersi senz’altro sospese le attività di liquidazione del bene (e quelle ad esse connesse), nonché quelle di liberazione del cespite ed in particolare, devono intendersi sospese:

a) le attività implicanti la prosecuzione del processo esecutivo e in particolare quelle strumentali alla vendita del cespite da compiersi dopo l’entrata in vigore della norma e quindi:

– la stima;

– la conversione del pignoramento (salvo che il debitore per sua scelta intenda formulare istanza ex art. 495 C.P.C. o portare a termine il sub-procedimento di conversione già instaurato);

– l’assegnazione e la vendita (in essa ricomprendendosi: gli accessi all’immobile per le visite; gli avvisi di vendita e la pubblicità legale, che, ove già compiuti anteriormente all’inizio della sospensione, devono intendersi senza effetto non potendo essere seguiti dall’espletamento dell’asta; l’emissione del decreto di trasferimento);

b) le operazioni di liberazione del cespite, salvo che le stesse siano strumentali alla conservazione dell’immobile in relazione soprattutto ad eventuali violazioni da parte del debitore.

Resta fermo che per l’intera durata della sospensione non decorreranno i termini posti per legge o su ordine del giudice a carico delle parti, degli ausiliari e dell’aggiudicatario (compreso il termine per il versamento del saldo prezzo);

Sono esclusi dalla sospensione ex art. 54 ter tutti gli adempimenti e le attività privi di contenuto esecutivo ovvero non strettamente funzionali all’espropriazione forzata, quali:

-attività conservative e di gestione del cespite pignorato. In particolare potrà essere designato il custode ex art. 559 C.P.C., in sostituzione del debitore pignorato, anche al fine di accertare l’esistenza della condizione per la sospensione ed emettere provvedimenti connessi a tale attività. Il custode provvederà a percepire i frutti (eventualmente in relazione ad una porzione del cespite), a vigilare e a preservare l’immobile (sia da violazioni da parte del debitore e terzi, sia in caso di necessità di lavori necessari ad evitarne il perimento o comunque la conservazione, con spese a carico dei creditori);

– assumere provvedimenti diretti a liberare i beni dal vincolo del pignoramento ovvero ad incidere sul suo oggetto: il GE potrà quindi non solo dichiarare l’estinzione o l’improcedibilità del procedimento esecutivo ma anche decidere sulla richiesta di limitazione dei mezzi di espropriazione ex art. 483 C.P.C., nonché sull’istanza di riduzione del pignoramento ex art. 496 C.P.C.;

– provvedere sulla richiesta di conversione del pignoramento. In particolare, non potrà essere inibito al debitore di portare a termine il sub-procedimento di conversione già instaurato, né di proporre istanza di conversione, con l’adozione dei consequenziali provvedimenti;

– provvedere sulle richieste di liquidazione delle competenze degli ausiliari già depositate o a depositarsi;

– adottare ogni altro provvedimento, anche su istanza, che non sia funzionale alla liquidazione del bene pignorato;

– il compimento da parte del Professionista delegato delle formalità relative al decreto di trasferimento già emesso;

– la formazione, l’approvazione e l’attuazione del progetto di distribuzione del ricavato della vendita dell’immobile pignorato, laddove sia divenuto definitivo il relativo trasferimento.

Si approfondisca con:”Espropriazione: nozione e procedimento”

Le procedure di espropriazione sospese

Ancora in ordine al perimetro applicativo dell’arresto delle esecuzioni voluto dall’art. 54-ter in discorso, altra perplessità è indotta dalla menzione di “ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare di cui all’art. 555 del C.P.C.”.

Circoscritta la disposizione alle espropriazioni immobiliari, il richiamo alla “procedura esecutiva” suppone, all’evidenza, che quest’ultima sia già stata instaurata, il che accade proprio e soltanto in virtù della notifica del pignoramento.

Il legislatore emergenziale, d’altronde, non ha ritenuto di plasmare uno sbarramento riferito alle azioni esecutive, per quanto non gli fosse in linea di principio precluso farlo.

Innanzitutto, l’estensore delle regole avrebbe expressis verbis escludere l’avvio dell’azione esecutiva, secondo un paradigma di divieto che non è affatto ignoto all’ordinamento sol che si guardi all’art. 51 L. Fall[3].

Una via alternativamente praticabile avrebbe potuto compendiarsi in un nuovo vincolo di impignorabilità modellato sul calco dell’art. 76 D.P.R. n. 602 del 1973, relativo alla riscossione esattoriale per il recupero delle imposte dirette in rapporto alla casa di abitazione principale del debitore[4].

Per converso, il legislatore ha guardato al processo già in itinere e ne ha frenato l’ulteriore corso. Dal che consegue che il creditore seguiti ad essere pienamente legittimato ad effettuare la notifica del pignoramento immobiliare, rappresentando questa il viatico per guadagnare gli effetti di cui agli artt. 2913 e ss. c.c., assicurando i beni alla garanzia dei creditori e neutralizzando l’incidenza degli atti di disposizione giuridica pregiudizievoli nei riguardi di costoro.

Peraltro, proprio la stabilità degli effetti sostanziali correlati alla norma codicistica ora evocata parrebbe presupporre la necessaria anteriorità della adibizione dell’immobile a casa principale del debitore: tale circostanza deve rappresentare un antefatto del processo esecutivo e deve, di necessità, essere ancora sussistente al momento dell’entrata in vigore della l. 24 aprile 2020, n. 27.

In caso contrario, il vincolo correlato a monte al pignoramento finirebbe per essere scardinato a valle da un atto di disposizione del debitore, che si smarcherebbe da una garanzia già compiuta e cristallizzata.

In altri termini, se gli atti di disposizione del bene pignorato non hanno effetto nei confronti del creditore procedente e degli altri creditori ciò comporta che il bene rimane “segregato” ai fini del processo, posto che l’effettività della tutela giurisdizionale sub specie di tutela esecutiva è assicurata solo se il bene venga giuridicamente conservato al fine della sua vendita forzata secondo la misura e la natura “fotografata” ab initio con la notifica del pignoramento.

Su queste premesse sono gli atti della sequenza procedimentale successivi alla notifica in parola – quindi quelli finalizzati all’apertura ed allo svolgimento della fase liquidatoria – a rimanere interdetti al creditore, nel contesto di un processo sostanzialmente ibernato.

Ebbene, proprio su tale aspetto, si è espresso il Tribunale di Foggia “Oggetto: criteri interpretativi e indicazioni operative in relazione alla sospensione delle procedure esecutive, ai sensi dell’art. 54 ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, come convertito nella legge 29 aprile 2020, n.27” che ha escluso l’onere di qualsiasi istanza di riassunzione in capo al creditore[5].

Decreto di trasferimento

L’adozione o meno del decreto di trasferimento presuppone la condizione abitativa di cui all’art. 54 ter di talché essa dipende dalla previa verifica di tale circostanza.

Già sulla base di quanto precedentemente osservato deve escludersi il ricorrere delle condizioni per la sospensione ex lege in tutti i casi in cui l’immobile non sia attualmente adibito ad abitazione principale del debitore.

Il discrimen dunque sta nel verificare se esso – al momento dell’entrata in vigore della legge – sia o meno adibito ad abitazione principale del debitore, per cui: a) se l’immobile è abitato dal debitore il processo esecutivo è sospeso e dunque non sarà possibile emettere il decreto di trasferimento sino al 30 ottobre 2020; b) se invece l’immobile per qualsiasi ragione non è – o non è più – adibito ad abitazione principale, ad esempio perché anteriormente alla sospensione è stato eseguito un ordine di liberazione (o anche posteriormente a causa di violazioni del debitore) o si sia volontariamente trasferito altrove, in tal caso sarà possibile emettere il decreto di trasferimento.

Progetto di distribuzione

Quanto alla fase distributiva, non opera la sospensione di cui all’art. 54 ter in quanto, trasferito l’immobile all’aggiudicatario, l’oggetto della procedura esecutiva si concentra sul ricavato della vendita. Alla luce di ciò, ove emesso il decreto di trasferimento, si procederà secondo le modalità già in uso presso l’ufficio alla celebrazione o fissazione dell’udienza di approvazione del progetto. Nelle ipotesi di versamento del saldo prezzo e di mancata adozione del decreto di trasferimento a causa della sospensione in oggetto, il professionista avrà cura di compiere tutte le attività prodromiche alla predisposizione del progetto da approvarsi tempestivamente al termine della sospensione suddetta.

5.Riattivazione dei procedimenti sospesi ex art. 54 D.L. 18/2020.

Le procedure esecutive sospese ai sensi dell’art. 54 ter l. n. 27/2020 riprenderanno il loro corso allo scadere del termine di sei mesi dall’entrata in vigore della predetta legge (30 aprile 2020). Nel caso di procedure esecutive in cui sia stata già emessa l’ordinanza di delega i professionisti provvederanno a fissare nuovi esperimenti di vendita debitamente preceduti dalla notifica dell’avviso di vendita e l’espletamento dei prescritti adempimenti pubblicitari, il tutto a partire da data posteriore al 30 ottobre 2020.

Per le procedure non ancora delegate il giudice dell’esecuzione, contestualmente al provvedimento di sospensione ex lege, provvederà, in base all’organizzazione del proprio ruolo, a fissare udienza in data successiva al periodo di sospensione ex lege.

Conclusione

Con il presente scritto, si è cercato di comprendere come il meccanismo della sospensione previsto dall’art. 54-ter possa adattarsi, unitamente e armonicamente con le regole processualistiche, alla delicata situazione socioeconomica che stiamo vivendo.

Si è fatto appello, pertanto, alla disciplina fiscale per chiarire portata e sostanza della definizione altrimenti sfuggente di “abitazione principale”.

L’art. 54-ter è stato riguardato al lume della natura e della funzione del pignoramento e passato sotto la lente dei suoi effetti sostanziali, acclusi nella norma cardine dell’art. 2913 c.c.

Ci si è incaricati di comprendere come il meccanismo della sospensione possa operare in consonanza col sistema, senza ingolfare uffici giudiziari già messi a dura prova dall’impatto della crisi epidemiologica.

Questa breve riflessione conclusiva scaturisce da un’evidente finalità: quella di collocare la norma di nuovo conio all’interno di un sistema che se da un lato tende anche a tutelare i debitori dall’altro gli stessi potrebbero risentire di questa situazione. Nel momento in cui, infatti, sia sospesa l’asta immobiliare, diventa impossibile per i debitori saldare il proprio debito, così come per i creditori rientrare almeno parzialmente del dovuto. Senza contare che, quando sarà possibile riprendere la procedura giudiziaria, il valore dell’immobile in asta sarà ulteriormente svalutato, lasciando una quota maggiore di debito ancora da saldare sulle spalle del proprietario.

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Note

[1] Cass. 3 novembre 2016, n. 22191, in Italgiure.

[2] L’art.13 dl 201/11 secondo cui “Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”

[3] L’art. 51 l.fall. dispone che “Salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento”.

[4] L’art. 76 d.P.R. n. 602 del 1973 prevede al primo comma: “Ferma la facoltà di intervento ai sensi dell’articolo 499 del codice di procedura civile, l’agente della riscossione: a)non dà corso all’espropriazione se l’unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9, è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente”.

[5] Tribunale Ordinario di Foggia – III sez. civile (15 maggio 2020).

Davide Rabito

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