Ai fini dell’applicazione o del mantenimento di una misura cautelare personale, come deve essere valutato il pericolo di inquinamento probatorio.
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Indice
1. La questione: misura cautelare personale
Il Tribunale di Milano rigettava un appello cautelare proposto avverso un’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano con la quale era stata respinta una istanza di revoca o attenuazione della misura cautelare della custodia in carcere.
Ciò posto, avverso questo provvedimento il ristretto, per il tramite del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione dell’art. 274 cod. proc. pen. e vizio di motivazione.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato infondato.
In particolare, per quello che rileva in questa sede, in riferimento al pericolo di inquinamento probatorio (art. 274, co. 1, lett. a), cod. proc. pen.), gli Ermellini ritenevano corretto l’operato dei giudici di merito alla luce di quell’indirizzo interpretativo secondo il quale, ai fini dell’applicazione o del mantenimento di una misura cautelare personale, il pericolo di inquinamento probatorio deve essere valutato con riferimento sia alle prove da acquisire sia alle fonti di prova già acquisite; e ciò in considerazione della spiccata valenza endoprocessuale del dato riferito alle indagini preliminari ed alla sua ridotta utilizzabilità in dibattimento, facendosene conseguire da ciò che, al fine di prevenire il persistente e concreto pericolo di inquinamento probatorio, a nulla rileva il fatto che le indagini siano in stato avanzato ovvero siano già concluse, in quanto l’esigenza di salvaguardare da inquinamento l’acquisizione e la genuinità della prova non si esaurisce con la chiusura delle indagini preliminari (Sez. 5, n. 6793 del 07/01/2015; Sez. 5, 26 novembre 2010 n. 1958; Sez. 6 11 febbraio 2010 n. 13896, Sez. 1, n.10347 del 20/01/2004).
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito come deve essere valutato il pericolo di inquinamento probatorio ai fini dell’applicazione o del mantenimento di una misura cautelare personale.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, ai fini dell’applicazione o del mantenimento di una misura cautelare personale, il pericolo di inquinamento probatorio deve essere valutato con riferimento sia alle prove da acquisire sia alle fonti di prova già acquisite; e ciò in considerazione della spiccata valenza endoprocessuale del dato riferito alle indagini preliminari ed alla sua ridotta utilizzabilità in dibattimento.
Tal che ne discende che, al fine di prevenire il persistente e concreto pericolo di inquinamento probatorio, a nulla rileva il fatto che le indagini siano in stato avanzato ovvero siano già concluse, in quanto l’esigenza di salvaguardare da inquinamento l’acquisizione e la genuinità della prova non si esaurisce con la chiusura delle indagini preliminari.
È dunque consigliabile tenere presente questo criterio ermeneutico al fine di valutare correttamente se ci siano gli estremi per potere contestare, o meno, la sussistenza di questa esigenza cautelare.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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