Applicabilità della scissione degli effetti tra notificante e destinatario nell’ipotesi di notifica dell’atto interruttivo della prescrizione

Redazione 08/07/19
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di Alessio Antonelli

Sommario

1. Introduzione

2. Inquadramento di carattere normativo

3. Il caso sottoposto all’attenzione della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione

4. La soluzione adottata dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza 13 maggio 2019 n. 12551

1. Introduzione

In relazione alla notificazione degli atti giudiziari e, in particolare, alla questione attinente al perfezionamento dei relativi effetti tanto per il notificante, quanto per il destinatario, il fondamento della scissione fra i due momenti si rinviene nell’articolo 149 c.p.c., per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002[1], – nonché nella Legge 20 novembre 1982, n. 890.

Alla luce dei principi espressi dalle citate disposizioni normative si è posta la questione – risolta dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 12551/2019 – se tale scissione degli effetti della notificazione sia applicabile anche alle ipotesi in cui ad essere oggetto di notifica sia un atto interruttivo della prescrizione.

[1] Si legge nella pronuncia della Corte Costituzionale che “gli effetti della notificazione a mezzo posta devono, dunque, essere ricollegati – per quanto riguarda il notificante – al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari (quale appunto l’agente postale) sottratta in toto al controllo ed alla sfera di disponibilità del notificante medesimo. Resta naturalmente fermo, per il destinatario, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento, con la conseguente decorrenza da quella stessa data di qualsiasi termine imposto al destinatario medesimo“.

2. Inquadramento di carattere normativo

Al fine di poter collocare in maniera esaustiva la problematica, occorre brevemente esaminare quali sono le norme che, all’interno del nostro ordinamento, si occupano di disciplinare perfezionamento e relativi effetti della notifica.

In questo contesto, viene immediatamente in rilievo la Legge 20 novembre 1982, n. 890, disciplinante “Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari“.

Di particolare interesse, per l’argomento di cui si tratta, è l’art. 4 di tale Legge, a norma del quale “L’avviso di ricevimento del piego raccomandato, completato in ogni sua parte e recante la data dello stesso giorno di consegna, è spedito in raccomandazione all’indirizzo già predisposto dall’ufficiale giudiziario.

L’avviso di ricevimento può essere trasmesso per telegrafo o in via telematica, quando l’autorità giudiziaria o la parte interessata alla notificazione dell’atto ne faccia richiesta, purché il mittente anticipi la spesa oltre il pagamento della tassa normale. Il telegramma deve essere spedito a cura dell’agente postale e contenere le generalità del destinatario o della persona abilitata che ha ricevuto il piego con l’indicazione della relativa qualifica, i quali, all’atto della consegna del piego, debbono firmare il relativo registro.

L’avviso di ricevimento costituisce prova dell’eseguita notificazione, fermi restando gli effetti di quest’ultima per il notificante al compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalle vigenti disposizioni.

I termini, che decorrono dalla notificazione eseguita per posta, si computano dalla data di consegna del piego risultante dall’avviso di ricevimento e se la data non risulti, ovvero sia comunque incerta, da quanto attestato sull’avviso medesimo dal punto di accettazione dell’operatore postale che lo restituisce“.

Come noto, in relazione al terzo comma dell’art. 4 Legge 20 novembre 1982, n. 890 è stata sollevata questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui detta disposizione fa decorrere gli effetti della notifica dalla data della consegna del plico al destinatario, anziché dalla data della spedizione [2].

La stessa Suprema Corte, nel medesimo procedimento, ha altresì sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 149 c.p.c. – con riferimento a quella che era la vecchia formulazione di tale norma – secondo cui anche per il mittente la notificazione era da considerarsi perfezionata nel momento in cui il destinatario riceveva l’atto.

I ragione dell’intervenuta pronuncia di illegittimità costituzionale delle predette disposizioni normative, prevede oggi l’art. 149 c.p.c., rubricato “Notificazione a mezzo del servizio postale” che “Se non è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi anche a mezzo del servizio postale.

In tal caso l’ufficiale giudiziario scrive la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia dell’atto, facendovi menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento. Quest’ultimo è allegato all’originale.

La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto[3].

La notifica si considera quindi perfezionata, per il notificante, al momento della consegna del piego, quale risulta dalla data indicata sull’avviso di ricevimento e, se la data non risulta o se è comunque incerta, dal timbro apposto sull’avviso medesimo. Solo quest’ultimo documento è pertanto idoneo a fornire la prova dell’eseguita notificazione, della data in cui è avvenuta e della persona cui il piego è stato consegnato.

Per quel che attiene il destinatario, invece, il procedimento notificatorio si perfeziona con la consegna del plico, e l’avviso di ricevimento prescritto dall’art. 149 c.p.c., in combinato disposto con quanto previsto dalla Legge 20 novembre 1982, n. 890, è il solo documento idoneo a dimostrare sia l’intervenuta consegna che la data di essa e l’identità ed idoneità della persona a mani della quale è stata eseguita [4].

Tutti gli aspetti sin qui evidenziati assumono p>

Sancisce, in particolare, tale norma che “la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione ovvero conservativo o esecutivo.

E’ pure interrotta dalla domanda proposta nel corso di un giudizio“.

Nel contesto così delineato, alla Suprema Corte di Cassazione è stato chiesto di chiarire se la scissione degli effetti tra notificante e destinatario si applichi anche nell’ipotesi di notifica dell’atto interruttivo della prescrizione.

[2] Dall’ordinanza della Corte di Cassazione depositata il 2 febbraio 2002 con cui è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale si evince che l’art. 4, comma terzo, della Legge n. 890 del 1982, nel disporre che “l’avviso di ricevimento costituisce prova dell’eseguita notificazione”, non lascerebbe spazi interpretativi e non consentirebbe, dunque, soluzioni ermeneutiche diverse da quella, costituente diritto vivente, secondo la quale gli effetti della notificazione a mezzo posta si produrrebbero, anche per il notificante, solo con la consegna del plico al destinatario da parte dell’agente postale.

[3] La cosiddetta “scissione soggettiva” degli effetti della notificazione – ora ricondotta sotto l’egida del diritto alla difesa, ora ascritta al principio di ragionevolezza, o motivata nell’ottica dell’auto-responsabilità del notificante – è un dato ormai acquisito della dottrina del processo civile.
Sul tema, agli ormai noti commenti alla sentenza n. 477/2002 della Corte Costituzionale (Caponi, La notificazione a mezzo posta si perfeziona per il notificante alla data di consegna all’ufficiale giudiziario: la parte non risponde delle negligenze di terzi, in Foro it., 2003, I, pag. 13 ss. ; Dalmotto, La Corte manipola la norma sul perfezionamento della notifica postale: vecchie alternative e nuovi problemi, in Giur. it., 2003, I, pag. 1549 ; Simonetti, Il perfezionamento delle notificazioni a mezzo posta tra Costituzione e «diritto vivente»: ovvero la Cassazione suona (sempre) due volte alle porte della Consulta, ibidem, I, pag. 627 ss.) , si aggiungono i successivi contributi di Caponi, Svolta delle Sezioni Unite nella disciplina della notificazione ex art. 140 c.p.c., in Foro it., 2005, pag. 699 ss.; Carbone-Vicario, Omessa esibizione della cartolina postale di ricezione della notifica del ricorso, in Giorn. dir. amm., 2011, 11, pag. 1197 ss.; Cissello, Gli effetti della mancata produzione dell’avviso di ricevimento nelle notifiche a mezzo posta, in Fisco, 2009, I, pag. 692 ss.; Conte, Diritto di difesa ed oneri della notifica, l’incostituzionalità degli artt. 149 c.p.c. e 4, comma 3, L. 890/82: una «rivoluzione copernicana»?, in Corr. giur., 2003, I, pag. 23 ss.; D’Adamo, Brevi p>, in Riv. dir. proc., 2008, pag. 1367 ss.; Dalmotto, Difficoltà interpretative poste dalla nuova regola sulla scissione del perfezionamento della notifica postale, in www.judicium.it; Id., La giurisprudenza costituzionale come fonte nell’odierno sistema delle notificazioni a mezzo posta, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2005, pag. 223 ss.; Frassinetti, La notificazione nel processo civile, Giuffrè, 2012; Glendi, Nuovi orientamenti delle sezioni unite sull’«avviso di ricevimento» nella notifica per posta ai sensi dell’art. 140 c.p.c., in Riv. giur. trib., 2008, pag. 394 ss.; Guarnieri, Validità della notifica a mezzo posta a mani del portiere, in assenza del destinatario, in Lav. nella giur., 2011, pag. 1159 ss.; Peroni, L’avviso di ricevimento non ammette equipollenti per la prova dell’avvenuta notifica a mezzo posta, in Dir. pen. e proc., 2011, pag. 1322 ss.; Russo-Ruvolo, Notifiche e diritto vivente, in Corr. giur., 2013, pag- 119 ss.; 1215 ss.; Stropparo, Principio di scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio e autonomia della prevenienza ex art. 39, comma 3, c.p.c., in Corr. giur., 2014, pag. 389 ss.; Vullo, Il momento determinante della giurisdizione italiana, in Riv. dir. internazionale priv. e proc., 2004, pag. 1237.

[4] Principio questo espresso da Cassazione Civile, 8 maggio 2006, n. 10506.

3. Il caso sottoposto all’attenzione della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione

Con atto di citazione notificato in data 29 aprile 2011, una società per azioni in amministrazione straordinaria conveniva innanzi al Tribunale di Milano un’altra società al fine di sentir dichiarare l’inefficacia dei pagamenti ex art. 67, comma 2, del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. “Legge Fallimentare”), eseguiti dall’attrice nell’anno antecedente l’apertura della procedura concorsuale, con conseguente richiesta di condanna della convenuta alla restituzione della somma di Euro 150.469,43.

Si costituiva la società evocata in giudizio, eccependo l’intervenuta prescrizione dell’azione revocatoria per avere l’attrice notificato il relativo atto decorso il termine quinquennale.

La società convenuta contestava altresì, nel merito, la sussistenza degli elementi soggettivi ed oggettivi dell’azione revocatoria.

Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 2987/2013, in accoglimento della domanda spiegata da parte attrice, dichiarava l’inefficacia dei pagamenti eseguiti dalla Società per azioni in amministrazione straordinaria nei confronti della convenuta, condannando quest’ultima alla restituzione della somma di Euro 150.469,43.

Avverso detta sentenza proponeva appello la soccombente.

La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 2816/2016, in riforma delle sentenza di primo grado, dichiarava prescritta l’azione revocatoria fallimentare, condannando la società per azioni al pagamento delle spese di entrambe i gradi di giudizio.

L’originaria attrice, pertanto, interponeva ricorso per Cassazione deducendo, fra l’altro, la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 149, ultimo comma, c.p.c. in quanto la Corte territoriale non aveva applicato, al caso di specie, la suddetta disposizione secondo la quale “la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto”.

4. La soluzione adottata dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza 13 maggio 2019 n. 12551

La prima questione esaminata dai Giudici di legittimità, oggetto del primo motivo di ricorso, è stata quella relativa alla data di effettiva decorrenza del termine di prescrizione.

Hanno, in particolare, osservato gli Ermellini come la Corte di Appello territorialmente competente avesse ritenuto che la data di decorrenza del termine di prescrizione quinquennale dovesse individuarsi nel 17 dicembre 2004, data di nomina del Commissario Giudiziale, ovverosia il soggetto legittimato ad azionare la relativa pretesa, e non già dalla data in cui il Ministro delle Attività Produttive aveva approvato il programma di liquidazione.

La Suprema Corte ha, sul punto, ritenuto di non poter condividere le conclusioni cui è giunto il Giudice di secondo grado, richiamando al riguardo il più recente indirizzo della medesima Cassazione in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi sotto il vigore della nuova disciplina di cui al D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, secondo cui l’azione revocatoria fallimentare può essere proposta, ex art. 49 del predetto decreto, dal Commissario Straordinario “(…) soltanto se è stata autorizzata l’esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali, salvo il caso di conversione della procedura in fallimento“.

Ne consegue che, con riferimento al dies a quo per l’esperimento dell’azione, non può trovare applicazione il regime anteriore della Legge 3 aprile 1979, n. 95, secondo cui la revocatoria fallimentare è esperibile solo dalla data del decreto che dispone l’apertura della procedura e la nomina del commissario.

Da ciò discende che il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione revocatoria da parte di una società in amministrazione straordinaria decorre dal momento dell’approvazione del programma di cessione dei beni aziendali e non dalla nomina del Commissario straordinario, come invece avveniva in base alla precedente disciplina di cui alla Legge 3 aprile 1979, n. 95, poiché l’art. 49 del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270 nel disporre che l’azione revocatoria fallimentare può essere proposta dal Commissario straordinario “soltanto se e stata autorizzata l’esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali”, prevede l’avveramento di una specifica condizione per l’esercizio dell’azione”[5].

Orbene, nella fattispecie al vaglio degli Ermellini il termine di prescrizione va fatto decorrere dal 9 giugno 2005, data di approvazione da parte del Ministero delle Attività Produttive del programma di liquidazione, e non dal 17 dicembre 2004 in cui fu aperta la procedura e nominato il Commissario Giudiziale

Chiarito il dies a quo dal quale far decorrere la prescrizione, la Suprema Corte ha accolto il secondo motivo ricorso proposto dal ricorrente rilevando che, come affermato in un precedente arresto delle Sezioni Unite (sentenza n. 24822/2015[6]), la regola della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, prevista per gli atti processuali e non per quelli sostanziali, si estende anche agli effetti sostanziali dei primi tutte le volte in cui il diritto non possa farsi valere se non con un atto processuale.

In questi casi la prescrizione è interrotta dall’atto di esercizio del diritto, ovvero dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica, mentre negli altri casi l’effetto interruttivo si produce solo dal momento in cui l’atto perviene all’indirizzo del destinatario.

Nell’ipotesi di domanda di revocatoria fallimentare, a differenza dei casi in cui la prescrizione può essere interrotta con un atto stragiudiziale, ai fini dell’interruzione della prescrizione è applicabile il principio della “scissione” del momento perfezionativo della notifica.

Nel caso di specie, la prima notifica dell’atto di citazione fu tentata dal difensore della procedura mediante consegna all’Ufficiale Giudiziario in data 8 giugno 2010, ovverosia entro i 5 anni dall’approvazione del programma e dunque in tempo utile per evitare la prescrizione.

L’atto di citazione ricevuto dall’Autorità Svizzera e consegnato alla società all’epoca convenuta venne restituito al Tribunale svizzero competente poiché esso risultava sprovvisto di traduzione in lingua tedesca e pertanto alla prima udienza il Giudice rinviava la causa e disponeva la rinnovazione della notifica dell’atto di citazione.

E ciò in conformità all’indirizzo dei Giudici di legittimità secondo cui la traduzione dell’atto nella lingua del cittadino destinatario non ne costituisce un elemento essenziale, consistendo soltanto in una specifica modalità della sola notificazione diretta a realizzarne l’effettiva conoscenza, con la conseguenza che la mancata allegazione della traduzione ed il rifiuto di accettazione da parte del convenuto comportano che la notificazione, pur sempre rivolta al destinatario, deve essere considerata nulla, ma non inesistente, con l’effetto che il Giudice, ai sensi dell’art. 291 c.p.c. è tenuto a disporne la rinnovazione, sempre che non avvenga la costituzione in giudizio dello stesso convenuto (Cassazione Civile, Sezioni Unite, n. 1820/2007).

La Cassazione si è dunque posta la questione se il principio affermato dalle Sezioni Unite in ordine alla c.d. “scissione” degli effetti e conseguente retrodatazione degli effetti sostanziali (interruzione della prescrizione) di un atto a contenuto processuale (atto di citazione) si produca anche quando il procedimento di notifica iniziato in tempo utile ai fini dell’interruzione della prescrizione, mediante consegna dell’atto di citazione, sia affetto da nullità.

In questo contesto, la Suprema Corte cita il proprio consolidato indirizzo secondo cui la sanatoria della nullità (a differenza dell’inesistenza) della notificazione ha efficacia retroattiva, con la conseguenza che il principio di scissione degli effetti della notificazione trova applicazione anche nei casi di nullità di quest’ultima, qualora la stessa sia stata sanata dalla costituzione in giudizio del destinatario della notifica [7], poiché il vizio di tale notificazione e sanato, per raggiungimento dello scopo, con effetto ex tunc.

Secondo gli Ermellini, si può giungere alla medesima conclusione nella particolare ipotesi in cui alla notifica dell’atto, e dunque al perfezionamento della notifica, si riconnettano effetti non soltanto processuali, come nell’ipotesi sopra indicata, ma sostanziali, quali appunto l’interruzione della prescrizione [8].

Anche in tale ultima ipotesi opera la c.d. “scissione” affermata dalle Sezioni Unite nella già citata pronuncia n. 24822/2015 [9]: gli effetti sostanziali, in tal caso, non possono che farsi risalire all’inizio del procedimento notificatorio retroagendo, secondo i principi generali, alla prima notificazione, ancorché affetta da nullità.

[5] In questo senso, Cassazione Civile, n. 31194/2018 e Cassazione Civile, n. 21516/2017.

[6] Sulla base dei principi espressi in detta pronuncia, per gli atti negoziali un diritto non può dirsi esercitato se l’atto non perviene a conoscenza del destinatario.
Per gli atti processuali, invece, il diritto (processuale) è esercitato con la consegna dell’atto all’ufficio notificante.
Pertanto, ove il diritto non si possa far valere se non con un atto processuale, la prescrizione è interrotta dall’atto di esercizio del diritto, ovvero dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica, mentre in ogni altro caso opera la soluzione opposta.

[7] Così Cassazione Civile, Sez. 1, sentenza n. 22995 del 29 ottobre 2014, secondo la quale “la notificazione del ricorso per cassazione effettuata mediante tempestiva consegna dell’atto ad un ufficiale giudiziario incompetente, il quale lo abbia poi recapitato al destinatario oltre il termine previsto per la predetta impugnazione, non può considerarsi tardiva, dovendo il principio di scissione degli effetti della notificazione trovare applicazione anche nei casi di nullità di quest’ultima, qualora la stessa sia stata sanata dalla costituzione in giudizio della parte intimata”.

[8] Tra gli autori che si sono occupati della quaestio del “doppio momento perfezionativo” della notificazione agli atti processuali con effetti sostanziali (Balena, Istituzioni di diritto processuale civile, I, I principi, Cacucci, 2009, pag. 262; Campus, Notificazioni a mezzo posta e principio di sufficienza delle “formalità che non sfuggono alla disponibilità del notificante”, in Studium iuris, 2003, pag. 685; Caponi, Interruzione della prescrizione con la consegna della citazione all’ufficiale giudiziario (e retroattività della sanatoria), in Foro it., 2005, I, pag. 1278; Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, III, Il processo di primo grado e le impugnazioni, Cedam, 2009, pag. 337; Dalmotto, Difficoltà interpretative poste dalla nuova regola sulla scissione del perfezionamento della notifica postale, in www.judicium.it, § 5.2; Delle Donne, Il perfezionamento della notifica per il notificante tra diritto alla difesa e principio del contraddittorio: riflessioni a margine di un recente intervento interpretativo della Consulta, in Giur. it., 2004, pag. 938; Glendi, La notificazione degli atti dopo l’intervento della Corte Costituzionale, ibidem, 1311; Id., Le nuove frontiere della “notificazione” dopo la sentenza n. 477/02 della Corte Costituzionale, in Giur. trib., 2003, pag. 319), è dato registrare due speculari impostazioni.
Se, stando a parte della dottrina, non sarebbe dato estendere la “scissione soggettiva” agli atti processuali con effetti sostanziali (Balena, op. cit., pag. 262; Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, cit., 337), si è altresì registrata una contraria impostazione (Caponi, Interruzione della prescrizione, cit., pag. 1278), che, facendo leva sulla necessità di “neutralizzare il rischio di addebitare al notificante diligente l’esito intempestivo del procedimento di notificazione” e sulla retroattività della sanatoria prevista dall’art. 291 c.p.c. – necessariamente valevole, pena le derive in esegesi abroganti, e in relazione all’impedimento di decadenze e all’interruzione di termini prescrizionali – ha avallato il condivisibile ampliamento, nel senso che si è detto, della portata applicativa del principio.

[9] La domanda revocatoria ha un effetto processuale e un effetto sostanziale. La giurisprudenza è incline a ritenere che l’effetto interruttivo della prescrizione si verifichi al momento della notifica al destinatario dell’atto di citazione.

Tale affermazione si fonda principalmente sul fatto che la decorrenza degli effetti dalla notifica al destinatario assicura la certezza delle situazioni giuridiche. Invero, non può affermarsi a priori che la certezza giuridica sia tutelata dalla regola che gli effetti dell’atto si producono solo dal momento della notifica al destinatario.

In particolare, prima di tale momento, sussiste un’incertezza giuridica solo temporanea, che perciò costituisce, a giudizio delle Sezioni Unite, un danno temporaneo che ben può essere imposto ad una parte incolpevole (il notificando) per evitare un danno ben più grave e definitivo al notificante, parte ugualmente incolpevole (Francesca Valerio, Diritto & Giustizia, fascicolo 44, 2015, pag. 49).

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