Ape social: nuovo rinvio. Il Consiglio di Stato blocca il decreto

Redazione 03/05/17
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Si complica il cammino dell’Ape social verso la Gazzetta Ufficiale. Sembrava ormai tutto risolto, a seguito della firma del presidente del Consigli Gentiloni, ma ora un nuovo stop arriva dal Consiglio di Stato, che chiede interventi immediati sul testo del Dpcm.
Dopo la sigla di palazzo Chigi, infatti, il testo che istituirà l’anticipo pensionistico era stato inviato ai giudici di palazzo Spada, per il vaglio definitivo prima dell’approdo in Gazzetta Ufficiale e l’entrata in vigore immediata.
Il Consiglio di Stato, però, nonostante la misura sia particolarmente attesa da tutti i possibili beneficiari, ha deciso di segnalare diverse criticità sul testo approvato in Consiglio dei ministri e, insieme, di richiedere la proroga per le domande fino al 31 luglio prossimo.
Cosa non va nel testo Ape
Secondo i giudici, in primo luogo, sarebbe assente una sorta di tutela di legge, tale a garantire operai agricoli e tutti coloro che non abbiano i requisiti per accedere alla Naspi, e siano disoccupati da non meno di tre mesi.
Per ovviare a questa mancanza, i giudici hanno rilevato che l’unico modo possibile è proprio quello di mettere mano al testo normativo, in maniera simile a quanto fatto con la manovrina collegata al Def per il conteggio dei sei anni utili per fare domanda.
In aggiunta, secondo i giudici del Consiglio di Stato la scadenza del 30 giugno prossimo è troppo immediata, tale da mettere in serio pericolo la possibilità per tutti i possibili aderenti di presentare tutta la documentazione in tempo utile. Dunque, un’ulteriore modifica al testo firmato dal premier è proprio quella di introdurre ulteriori 30 giorni di tempo per avviare le dovute procedure di accesso all’anticipo pensionistico.
Non va dimenticato, del resto, che oltre all’ok del tribunale amministrativo servirà poi una circolare Inps, più un protocollo ministeriale tra lo stesso istituto di previdenza, Inail-Anpal e proprio il Consiglio di Stato. Ragion per cui, si è fatta largo l’ipotesi di introdurre una forma di retrodatazione dei pagamenti attivando una copertura assicurativa ad hoc.
E non è tutto: la previsione secondo cui il cumulo tra assegno Ape e reddito da lavoro debba essere compresa tra 4.800 e 8mila euro deve prevedere il taglio della mera “quota Ape” non già l’intero assegno pensionistico. Un altro aspetto che necessita di correzione prima di vedere il Dpcm pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
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