Anche l’amministratore di fatto non continuativo risponde di bancarotta fraudolenta

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Per contestare la bancarotta all’amministratore di fatto basta l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria anche senza esercitare tutti i poteri propri dell’organo amministrativo.

Il caso.

A un soggetto, che in qualità di amministratore di fatto aveva alterato le scritture contabili di una società, era stata inflitta la condanna il appello per bancarotta, successivamente confermata anche dalla Cassazione.

La decisione.

Sentenza 51091/2015 della Corte di Cassazione

La difesa, nell’appello, aveva eccepito che il ruolo di amministratore di fatto comportava lo svolgimento di atti tipici di gestione in forma continuativa, mentre nella fattispecie oggetto di giudizio si trattava di partecipazione ad un singolo affare.

La Cassazione però chiarisce: anche se il concetto di amministratore di fatto presuppone l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici della funzione, ciò non comporta necessariamente che vengano esercitati tutti i poteri dell’organo amministrativo, bastando l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria svolta in modo non episodico o occasionale.

Osservazioni.

La prova dell’esistenza della figura dell’amministratore di fatto si concretizza nell’accertamento dell’inserimento della persona con funzioni direttive in ogni fase dei processi produttivi, organizzativi o commerciali (ad es. nei rapporti con clienti, fornitori o dipendenti).


Disposizioni rilevanti.

REGIO DECRETO 16 marzo 1942, n. 267

Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa.

Vigente al: 24-1-2016

TITOLO VI – DISPOSIZIONI PENALI

CAPO I – Reati commessi dal fallito

Art. 216 – Bancarotta fraudolenta

E’ punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

E’ punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

Graziotto Fulvio

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