Ammissibile la trasformazione di società con socio unico in impresa individuale

Redazione 17/10/14
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Anna Costagliola

In uno studio del Consiglio Nazionale del Notariato si risolve definitivamente in senso positivo la dibattuta questione circa la possibilità di trasformare la società unipersonale in impresa individuale. Il tema presenta indubbiamente un rilevante interesse pratico: la qualificazione del passaggio da società unipersonale ad impresa individuale in termini di «trasformazione» consentirebbe, infatti, al socio unico che intenda proseguire l’attività come imprenditore individuale di continuare a gestire la medesima impresa senza essere costretto a liquidare preventivamente i rapporti giuridici ad essa afferenti, per poi procedere alla loro ricostituzione, probabilmente in termini identici, procedimento che risulterebbe altrimenti necessario al fine di riprendere la medesima attività in precedenza esercitata in forma societaria.

Una simile soluzione consentirebbe, inoltre, di beneficiare del principio della continuità dei rapporti giuridici ai fini, ad esempio, della conservazione di licenze amministrative relative all’impresa svolta ed eventualmente anche ai fini del trattamento fiscale.  

Prima della riforma del diritto societario, la disciplina della trasformazione e l’interpretazione assolutamente prevalente non lasciavano spazio alla possibilità di riconoscere natura trasformativa al passaggio da società ad impresa individuale.

Dopo il D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la qualificazione normativa, come trasformazione societaria, del passaggio da società di capitali a comunione di azienda e viceversa è stata interpretata, da una parte consistente della dottrina, come un implicito riconoscimento della possibilità di trasformare la società di capitali unipersonale in impresa individuale, in forza del ricorso all’applicazione analogica della norma.

Sul fronte della giurisprudenza, invece, si registrano pronunce di merito di segno negativo, nelle quali si esclude la possibilità della trasformazione da società di capitali o di persone in impresa individuale e viceversa, adducendosi le seguenti argomentazioni:

– la trasformazione, operazione caratterizzata dal principio della continuità dei rapporti giuridici ex art. 2498 c.c., avrebbe carattere eccezionale, in quanto consente il passaggio tra diverse tipologie di enti derogando al normale procedimento di estinzione e costituzione degli stessi;

– le tipologie degli enti per i quali è consentito ricorrere alla trasformazione, espressamente previste dal legislatore, sono tutte caratterizzate dalla plurisoggettività e dotate di patrimonio separato, requisiti che invece non ricorrono nel caso di impresa individuale;

– il passaggio da società a impresa individuale consentirebbe di evitare il procedimento di liquidazione delle società che, invece, è, almeno per le società di capitali, formalmente inderogabile;

– il carattere “atipico” di tale operazione impedirebbe ai creditori di essere consapevoli delle conseguenze di tale trasformazione e, laddove ne ricorrano i presupposti, di esercitare il diritto di opposizione.

Nello studio in oggetto, il Consiglio del Notariato rileva come tanto il presunto principio di tipicità della trasformazione, quanto la necessità di fornire un’adeguata tutela dei creditori sociali non sarebbero disattesi dall’operazione di «trasformazione» da società in impresa individuale.

Con riguardo alla natura eccezionale della trasformazione ed alla conseguente inapplicabilità ai casi non espressamente contemplati, si osserva come, in assenza di una definizione normativa di trasformazione, possano farsi rientrare in tale fenomeno tutte le fattispecie che presentino caratteristiche compatibili con quelle espressamente menzionate dal legislatore. D’altra parte, se è vero che l’impresa individuale si distingue sia per l’assenza di separazione patrimoniale, sia per l’unisoggettività, tali caratteri risultano essere propri anche di altre tipologie di enti espressamente ammesse alla trasformazione, quali, da un lato, la comunione d’azienda e, dall’altro, le società unipersonali.

Proprio con riferimento all’ipotesi di trasformazione da e in comunione d’azienda, si è rilevato come in tal caso la continuità dei rapporti giuridici si riferisca esclusivamente all’azienda come complesso organizzato di beni suscettibile di una destinazione all’esercizio di attività d’impresa, ma non al soggetto titolare della medesima, rispetto al quale si determina una situazione di discontinuità. Questi, infatti, muta, come accade necessariamente in ogni vicenda traslativa e a differenza di quanto avviene nelle altre ipotesi di trasformazione. Il principio di continuità dei rapporti giuridici è destinato ad operare, quindi, anche soltanto con riferimento ai beni che formano oggetto di tali rapporti, quale il complesso aziendale, e non ai soggetti titolari del medesimo rispetto ai quali può realizzarsi, analogamente a quanto avverrebbe in caso di passaggio da società in impresa individuale, una situazione di discontinuità.

Non sembra, poi, al consesso notarile che possa darsi decisiva rilevanza all’obiezione in base alla quale l’atipicità del procedimento non consentirebbe ai creditori di aver la consapevolezza delle conseguenze dell’operazione e, conseguentemente, di poter disporre di adeguata tutela. A detta obiezione si risponde, infatti, che l’atipicità riguardo ai soggetti che si trasformano non esclude in alcun modo una tipicità degli effetti dell’operazione e che, in particolare, trattandosi di una fattispecie di trasformazione eterogenea, deve ritenersi operante l’istituto dell’opposizione dei creditori di cui all’art. 2500novies c.c. Peraltro, a risolvere il dubbio della tutela dei creditori della società trasformata contribuisce anche l’art. 2500septies, co. 2, c.c. che, in tema di trasformazione eterogenea delle società di capitali, dispone l’applicabilità dell’art. 2500speties, co. 2, c.c., il cui comma 4 prevede che “i soci che con la trasformazione assumono responsabilità illimitata, rispondono illimitatamente anche per le obbligazioni sociali sorte anteriormente alla trasformazione”. Nella fattispecie in esame, pertanto, l’ex socio che sia divenuto imprenditore individuale in forza della trasformazione eterogenea, verrebbe comunque a rispondere illimitatamente per le pregresse obbligazioni della società trasformata. 

Alle argomentazioni sostanziali poste dal Notariato a fondamento della possibilità di una trasformazione di società unipersonale in impresa in titolarità individuale, si aggiunge che, diversamente opinando, si correrebbe il rischio di pervenire a risultati incongrui riconoscendo una piena continuità alla sola vicenda trasformativa che riguardi la contitolarità di un complesso di beni organizzati ma non concretamente utilizzati per l’attività di impresa, e negandola invece all’unico socio che intenda continuare ad utilizzare l’azienda in veste di impresa individuale.

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