Alla Consulta la decisione sul riclassamento per microzone

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Con la recente ordinanza n. 1471/16 la Commissione Tributaria Regionale di Roma, sezione 11, depositata il 16/12/2016, ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3, 53 e 97 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 335, della legge 30 dicembre 2004 n. 311 in materia di classamento catastale delle unità immobiliari.

E’ bene ricordare che, nell’ultimo periodo si sono intensificati gli accertamenti catastali degli immobili, volti, nella maggior parte dei casi, all’innalzamento della rendita laddove l’aggiornamento del catasto, strumentale all’adeguamento delle entrate fiscali collegate al patrimonio immobiliare, ha comportato l’instaurazione di numerosi procedimenti di revisione del classamento, che hanno condotto all’attribuzione alle unità immobiliari interessate di una nuova classificazione e/o di una nuova rendita catastale. Va detto che trattandosi di atti emessi dalla Pubblica amministrazione, devono rispettare l’obbligo di motivazione a pena di nullità ovvero nell’atto devono emergere le ragioni di diritto e di fatto che fondano la rettifica. Spesso, gli avvisi emessi dall’Agenzia si limitano a riportare solo circostanze generiche, prive cioè di riscontri concreti. Ciò impedisce al contribuente di difendersi adeguatamente giacchè non è posto nelle condizioni di conoscere esattamente le ragioni della variazione.

Ed è quel che è accaduto, ad esempio, nel comune di Lecce laddove le sentenze dei giudici di merito salentini su un contenzioso ancora in piedi su circa 6.000 ricorsi presentati, hanno dato ragione ai contribuenti sulla illegittimità dell’aumento delle rendite catastali disposto dall’Agenzia del Territorio (ora confluita nelle Entrate) per il 95% del patrimonio immobiliare del territorio, facendo andare al tappeto il riclassamento catastale per difetto di motivazione. (tra le tante Commissione Tributaria Regionale di Lecce, sez. 23, n. 2308/2016 del 30 settembre 2016; Ctr Lecce 450/15). L’Agenzia del Territorio, infatti, ha notificato alla maggioranza della popolazione gli avvisi di accertamento con i quali ha proceduto alla rideterminazione del classamento e alla conseguente attribuzione della nuova rendita catastale delle unità immobiliari, basando la motivazione su presunti interventi di riqualificazione della viabilità interna e di arredo urbano nel centro storico.

Stessa procedura di riclassamento è stata utilizzata, ad esempio, nei comuni di Roma, Bari e Milano.

Alla base, l’art. 1 del comma 335, L. 311/2004 che dà facoltà ai comuni interessati, di attivare processi di revisione parziale del classamento delle unità immobiliari urbane ubicate in microzone comunali, definite ai sensi del D.P.R. n. 138/1998, che presentano carattere di anomalia in termini di rapporti tra il valore medio immobiliare, rilevato dal mercato, e il valore medio catastale, rispetto l’analogo rapporto medio calcolato su tutte le microzone comunali. La revisione dei classamenti delle unità immobiliari è infatti parziale perché interessa soltanto gli edifici presenti in una o più delle microzone in cui è stato suddiviso il territorio comunale, a condizione che il rapporto tra il valore medio catastale si discosti per più del 35% dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali (il Legislatore ha invece utilizzato il termine “significativamente”).

Ed allora, secondo la CTR Lazio, dal quadro generale della legislazione vigente e dalle norme già esistenti programmatorie di una generale revisione del catasto, il classamento era, è e resta un’operazione che interessa necessariamente una singola unità immobiliare – non per nulla ciò si potrebbe desumere anche dal tono letterale della definizione – e non si comprende come possa adattarsi al sistema la previsione di una revisione parziale del classamento di intere microzone a causa di scostamenti tra valori di mercato e valori catastali.

Oltretutto prosegue il collegio giudicante, davanti agli scostamenti tra valori catastali e valori di mercato resta la strada maestra definita dalla legislazione vigente, in particolare dal d.P.R. n. 1149 del 1949, il quale, con l’art. 14, definisce il ruolo della tariffa per esprimere la rendita catastale per unità, da computarsi secondo le norme contenute nel regolamento, determinate con riferimento ai prezzi medi correnti e ciò per ciascuna classe cui appartengono le singole unità immobiliari; tant’è che ogni zona censuaria ha, nel catasto attuale, la fissazione di un valore catastale per vano in modo tale da formare la rendita della singola unità.

Ecco che, in conclusione, la norma di cui all’art. 1 del comma 335, L. 311/2004 si porrebbe in contrasto con:

– l’art. 3 Cost., “perché il singolo contribuente si troverebbe irrazionalmente esposto a rivalutazione del proprio bene in relazione alla significativa rivalutazione di beni altrui sol perché situato in una microzona oggetto di attenzione da parte del Comune, con disparità di trattamento rispetto ad altre microzone, pur significativamente da rivalutare, ma non oggetto di richiesta da parte del Comune medesimo all’Agenzia del territorio”. Ed infatti, la revisione attuata solo per alcune microzone comunali (quelle per le quali viene appurato uno scostamento sensibile, tra i valori medi di mercato ed i valori medi catastali) potrebbe comportare che un immobile sito in una microzona limitrofa a quelle oggetto di revisione, accatastato nella categoria A/2 ed avente le caratteristiche di una vera e propria abitazione lussuosa (per impiantistica e finiture ultramoderne o perché di recentissima costruzione), continui a mantenere tale classamento, mentre un immobile dalle buone caratteristiche architettoniche, ma costruito negli anni settanta o prima, ubicato in una delle microzone «incriminate», potrebbe essere riclassato sotto la categoria A/1 (con un incremento della rendita catastale e l’assoggettamento ad ICI anche se adibito a prima casa (ora IMU-TASI)). In sostanza, due immobili adiacenti ma appartenenti a microzone differenti (una oggetto di revisione, l’altra no) verrebbero trattati in maniera difforme, penalizzando l’immobile sito nella microzona oggetto di revisione anche se oggettivamente di minor pregio;

– l’art. 53 Cost., “poiché un riaccatastamento di una serie di edifici collegato ai soli valori di mercato di zona e senza modificazioni nella realtà si porrebbe inevitabilmente in contrasto con la capacità contributiva dei singoli”;

– l’art. 97 Cost., “in quanto la rivalutazione massiva non assicura né il buon andamento né l’imparzialità dell’amministrazione, colpendo indiscriminatamente tutte le unità immobiliari (di una determinata zona) senza alcuna verifica concreta del singolo bene”.

A questo punto non c’è che aspettare la decisione della Corte Costituzionale.

 

Avv. Villani Maurizio

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