Aggravante furto in pubblico ufficio: quando si applica?

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Quando è configurabile l’aggravante prevista dall’art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen. nell’ipotesi in cui il fatto sia commesso su cosa esistente in ufficio o stabilimento pubblico. Per avere un valido strumento operativo di ausilio per Professionisti, si consiglia il seguente volume: Formulario annotato del processo penale

Corte di Cassazione -sez. V pen.- sentenza n. 11957 del 20-12-2023

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Indice

1. La questione: l’aggravante del furto in ufficio pubblico


La Corte di Appello di Torino, in parziale riforma di una pronuncia emessa dal Tribunale di Ivrea all’esito del giudizio celebrato con il rito abbreviato, confermava la penale responsabilità dell’imputato in ordine a due episodi di furto aggravato ai sensi dell’art. 625, comma 1, n. 7), cod. pen. – aventi ad oggetto, l’uno, la sottrazione di beni di proprietà del nosocomio presso il quale lo stesso era ricoverato (capo A) e, l’altro, originariamente contestato ai sensi dell’art. 648 cod. pen., la sottrazione del telefono cellulare di proprietà di altro soggetto, anch’egli ricoverato presso la struttura ospedaliera (capo B) – e riduceva la pena inflitta all’imputato.
Ciò posto, avverso questa decisione il difensore dell’accusato proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva violazione di legge in relazione agli artt. 624, 625, comma 1, n. 7), cod. pen., sostenendosi l’insussistenza dell’aggravante del fatto commesso su cosa esistente in pubblico ufficio là dove, al più, per il ricorrente, si sarebbe dovuto reputare configurabile quella dell’esposizione alla pubblica fede rispetto alla quale mancava la condizione di procedibilità. Per avere un valido strumento operativo di ausilio per Professionisti, si consiglia il seguente volume: Formulario annotato del processo penale

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte reputava la doglianza summenzionata infondata.
In particolare, gli Ermellini – dopo avere fatto presente che, per giurisprudenza consolidata, sono «cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici», non soltanto le cose pertinenti all’attrezzatura dello stabilimento, ma anche quelle, di proprietà privata, che attengono alla estrinsecazione del servizio di pubblica necessità o utilità (Sez. 2, n. 5042 del 22/11/1982; Sez. 2, n. 263 del 26/01/1966) – affermavano che è configurabile l’aggravante prevista dall’art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen. nell’ipotesi in cui il fatto sia stato commesso su cosa esistente in ufficio o stabilimento pubblico, ancorché non di pertinenza né dell’ufficio o stabilimento, né di alcuna delle persone ivi addette, né attinente alle funzioni o alle attività espletate, in ragione della necessità di una più efficace tutela del rispetto dovuto alla pubblica amministrazione e della maggior fiducia che ispira la conservazione dei beni che si trovano nei suoi uffici (Sez. 2, n. 2213 del 30/09/1983).
Ebbene, per i giudici di piazza Cavour, nel caso di specie, la Corte territoriale, con motivazione (stimata) logica e coerente, aveva ritenuto il furto del telefono cellulare aggravato dalla circostanza che la res fosse stata sottratta all’interno del nosocomio nel quale, sia l’imputato, che la vittima, erano ricoverati.
Del resto, sempre per i giudici di piazza Cavour, il telefono cellulare, poggiato sul mobiletto di pertinenza della postazione assegnata alla vittima e rinvenuto nella disponibilità dell’imputato, non poteva considerarsi solo occasionalmente presente all’interno del nosocomio, trattandosi, piuttosto, di cosa costituente il normale corredo che un degente porta con sé al momento del ricovero in ospedale.

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3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse, essendo ivi chiarito quando è configurabile l’aggravante prevista dall’art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen. nell’ipotesi in cui il fatto sia commesso su cosa esistente in ufficio o stabilimento pubblico.
Difatti, si afferma in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che l’aggravante de qua è configurabile nell’ipotesi in cui il fatto sia stato commesso su cosa esistente in ufficio o stabilimento pubblico, ancorché non di pertinenza né dell’ufficio o stabilimento, né di alcuna delle persone ivi addette, né attinente alle funzioni o alle attività espletate, in ragione della necessità di una più efficace tutela del rispetto dovuto alla pubblica amministrazione e della maggior fiducia che ispira la conservazione dei beni che si trovano nei suoi uffici.
Pertanto, ai fini della sussistenza di tale elemento accidentale, non rileva la pertinenza, né dell’ufficio o stabilimento, né di alcuna delle persone ivi addette, né attinente alle funzioni o alle attività espletate, in ragione della necessità di una più efficace tutela del rispetto dovuto alla pubblica amministrazione e della maggior fiducia che ispira la conservazione dei beni che si trovano nei suoi uffici.
È dunque sconsigliabile, perlomeno alla stregua di tale approdo ermeneutico, addurre una di queste argomentazioni per sostenere l’insussistenza di questa circostanza.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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