Affitto e locazione: similitudini e differenze tra i due contratti

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Nel linguaggio corrente si parla quasi sempre di affitto, in realtà però secondo il codice civile si può parlare di affitto soltanto quando l’oggetto del contratto è un bene, sia mobile sia immobile, che ha carattere produttivo, come ad esempio terreni coltivabili ed esercizi commerciali.

Si parla invece di locazione quando l’oggetto del contratto, che anche in questo può essere mobile o immobile, non è un bene produttivo, come ad esempio la casa, l’ufficio, il negozio.

Chiarisci i concetti essenziali su questo e altri istituti con il “Compendio di diritto civile” di Anna Costagliola e Lucia Nacciarone, a cura di Marco Zincani

Affitto

L’affitto consiste nel concedere l’uso di un bene produttivo, mobile o immobile, per un determinato tempo, attraverso il pagamento di un canone.

Si tratta di un particolare contratto di locazione, che riguarda però soltanto dei beni produttivi, ad esempio un terreno agricolo o un locale ad uso commerciale.

Il locatore è colui che concede il bene in affitto, mentre viene detto affittuario, colui che pagando un canone ne usufruisce, e si impegna ad occuparsi della gestione economica del bene nell’interesse della produzione, al quale andranno i frutti e le altre utilità che ne derivano.

Il rapporto di affitto può cessare:

  • alla scadenza del termine stabilito dalle parti nel contratto.
  • per recesso quando il contratto è a tempo indeterminato.
  • per alienazione delle cose, quando viene pattuita una clausola in tal senso.
  • per la sopravvenuta incapacità o per la insolvenza dell’affittuario.

Inoltre l’affitto di un’azienda impone all’affittuario l’obbligo di gestirla senza cambiarne la destinazione e conservando l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti, incaricarsi delle riparazioni ordinarie, mentre quelle straordinarie spettano al locatore.

L’affittuario non può subaffittare l’immobile senza il consenso del locatore.

Locazione e affitto: il confronto

La locazione è il contratto con il quale un soggetto, definito locatore, si obbliga a concedere l’utilizzo di un bene, sia mobile sia immobile al cosiddetto locatario, per un periodo di tempo determinato, in cambio di un corrispettivo in denaro.

I beni in questione possono essere di diverso tipo:

  • beni mobili;
  • beni immobili non urbani;
  • beni immobili urbani.

Il contratto di locazione può essere a tempo determinato o indeterminato, e in questo caso una delle parti può recedere in qualunque momento, dandone disdetta con un congruo preavviso.

Questo tipo di contratti sono di natura “consensuale”, perché non vi è necessità di una consegna materiale del bene, l’atto si considera concluso già al momento del raggiungimento dell’accordo, e da esso non deriva l’acquisizione di nessun diritto reale sul bene, ma semplicemente il diritto di godere e di utilizzare quel bene per un tempo determinato e solo per l’uso consentito e specificato nel contratto stesso.

Altre caratteristiche fondamentali sono che il locatario ha l’obbligo di servirsi della cosa locata secondo l’uso pattuito e ha la possibilità di sublocare il bene, ma non può cedere il contratto di locazione, a meno che lo stesso non indichi diversamente.

La nozione di affitto si ricava combinando la definizione della locazione dettata dall’articolo 1571 c.c. con quello che dispone l’articolo 1615 c.c., che recita testualmente:

“Quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile, l’affittuario deve curarne la gestione in conformità della destinazione economica della cosa e dell’interesse della produzione. A lui spettano i frutti e le altre utilità della cosa”.

L’affitto, quindi, secondo la dottrina prevalente, è un sottotipo della locazione caratterizzato dal fatto che ha ad oggetto un bene produttivo.

Colui che dà in locazione la cosa si chiama affittante, o locatore, mentre colui che prende in affitto si chiama locatario, o conduttore, o affittuario.

Prima dell’entrata in vigore dell’attuale codice civile, che risale al 1942, il precedente codice del 1865 prevedeva solo la figura dell’affitto di fondi rustici, senza disciplinare separatamente le cose produttive in generale, ma già da allora si iniziava a sentire l’esigenza di differenziare la disciplina della locazione di un bene comune da quella della locazione di beni produttivi.

L’inserimento dell’affitto nell’ambito della locazione implica che entrambe le figure abbiano gli stessi caratteri.

L’affitto, di conseguenza, si caratterizzerebbe come un contratto consensuale, a prestazioni corrispettive e ad effetti obbligatori.

A differenza della locazione è un contratto intuitu personae, quindi si basa sulla fiducia, e questo è dimostrato dalla circostanza che il contratto si scioglie per interdizione, inabilitazione e insolvenza dell’affittuario, anche se in questa ipotesi l’esecuzione del contratto può essere continuata dal rappresentante legale quando vengano date garanzie idonee.

Si è osservato che l’oggetto dell’affitto non sia stato esaminato con profondità dalla dottrina e dalla giurisprudenza, e che nella pratica, al di fuori dell’affitto di azienda e di fondi rustici, l’istituto non conosce vaste applicazioni, con la conseguenza che risulta molto lento il processo di precisazione dei beni che si solito ne possono costituire oggetto.

In linea di massima, sembra che la dottrina prevalente concordi sul fatto che oggetto dell’affitto possano essere:

aziende, fondi rustici, boschi, miniere, cave e torbiere, autoveicoli, macchinari e animali,singoli o in greggi e mandrie.

Nell’affitto di aziende, l’affittuario è quasi sempre un imprenditore, e l’ipotesi di un affittuario non imprenditore si deve ritenere eccezionale, e ricorre soltanto quando la cosa presa in affitto ha scarso valore economico.

Coerentemente con queste premesse si sostiene che oggetto del contratto di affitto sarebbe sempre un’azienda, in considerazione della circostanza che la cosa è destinata alla produzione e il soggetto acquista sempre la qualità di imprenditore, perché questa è, per definizione, il complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa.

L’oggetto dell’affitto può anche essere un bene che non è un’azienda, e in questo caso bisogna delimitare il concetto di cosa produttiva.

Si discute se l’espressione “cosa produttiva” vada riferita alle cose che producono frutti naturali oppure comprenda anche le cose dalle quali si traggono frutti civili.

La teoria restrittiva sostiene che oggetto dell’affitto potrebbero essere prevalentemente il fondo rustico e l’azienda, mentre per ipotizzare affitti di cose diverse, mobili o immobili che siano,bisognerebbe riferirsi a fattispecie assolutamente rare e anomale.

Oltre all’affitto di animali, ci sarà l’affitto di bestie da monta, piante da frutta, stagni per la pesca, boschi per la selvaggina e inoltre cave, miniere e torbiere.

La teoria prevalente è quella estensiva, che si basa prevalentemente su due argomenti:

innanzitutto, l’espressione “bene produttivo” è molto generica e quindi deve comprendere ogni strumento idoneo a produrre frutti, di qualunque natura essi siano, in secondo luogo per espressa disposizione legislativa l’azienda può essere oggetto del contratto di affitto, e l’azienda non produce certamente frutti naturali.

Quindi, nonostante il codice parli “di cosa”, questa espressione non viene interpretata alla lettera, e si considerano come possibile oggetto dell’affitto anche gli animali, siano essi singoli o in gregge, come ad esempio galline, pecore , oltre alle macchine e agli impianti.

Si discute inoltre in relazione al fatto che una licenza di brevetto possa essere affittata, e l’incertezza si riferisce alla circostanza che questa licenza, senza un complesso di beni organizzati per la produzione non può essere classificata come “cosa produttiva”.

Inoltre, coloro che accolgono la tesi restrittiva dell’oggetto dell’affitto sostengono che l’utilità che il concessionario trae dallo sfruttamento del bene non può essere considerata un prodotto naturale dello stesso..

L’affitto può essere anche parziale, cioè riguardare solo una parte del bene, oppure nel contratto può essere previsto che il proprietario si riservi determinate utilità, restringendo le facoltà di godimento che spetterebbero all’affittuario.

La disciplina dell’affitto consta delle norme previste nella sede propria e, se queste non siano sufficienti a regolare un caso concreto, dalle norme sulla locazione, le quali si applicheranno direttamente e non per analogia.

A differenza che per la locazione, se le parti non hanno determinato la durata del contratto, non supplisce un termine legale, ma il contratto sarà considerato a tempo indeterminato e ciascuna delle parti avrà la facoltà di recedere dal contratto, dando all’altra parte un congruo preavviso (articolo 1616 c.c.), a meno che gli usi non dispongano diversamente.

Il primo degli obblighi che incombe sul locatore è stabilito dall’art. 1617 c.c., ed è l’obbligo della consegna, analogo a quello previsto per la locazione.

Il locatore è tenuto ad effettuare a sue spese le riparazioni straordinarie (art. 1621 c.c.).

Questa disposizione può essere derogata dalle parti, e l’obbligo delle riparazioni straordinarie può essere posto a carico dell’affittuario.

Se le riparazioni eccedono una certa misura, che nella fattispecie corrisponde a un quinto del reddito annuale o, nel caso che l’affitto duri meno di un anno, un quinto del reddito complessivo, l’affittuario può chiedere una riduzione del prezzo dell’affitto o lo scioglimento del contratto a norma dell’articolo 1622 del codice civile.

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