Con l’ordinanza n. 22217/2024, depositata il 26 agosto 2025, la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande delicatezza: il bilanciamento tra il diritto di un genitore al riconoscimento della propria filiazione e il superiore interesse del minore alla stabilità affettiva e identitaria. La vicenda processuale ha riguardato l’affidamento di una bambina e la possibilità di aggiungere il cognome paterno a quello materno. La Suprema Corte ha confermato le decisioni dei giudici di merito, mantenendo l’affidamento “super-esclusivo” alla madre e negando l’aggiunta del cognome, valorizzando in entrambi i casi la tutela della minore. Per un supporto operativo al professionista, abbiamo preparato il Formulario commentato della famiglia e delle persone, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
1. Il caso e il procedimento
La vicenda prende avvio con la domanda del padre di riconoscere la figlia, già riconosciuta dalla madre, ai sensi dell’art. 250, comma 4, c.c. In un primo momento la madre si era opposta, paventando i rischi derivanti dall’instabilità del rapporto tra padre e figlia. Dopo un accertamento tecnico genetico che confermava la paternità, il Tribunale di Ivrea dichiarava l’uomo padre della minore, ma disponeva l’affidamento esclusivo rafforzato alla madre, subordinando la ripresa dei rapporti a un percorso graduale, mediato dai servizi sociali. Veniva fissato anche un assegno di mantenimento e rigettata la domanda di aggiunta del cognome paterno.
Il padre proponeva appello, contestando sia la scelta dell’affidamento super-esclusivo, sia il diniego sul cognome, sia la ripartizione delle spese. La Corte d’appello di Torino, pur dando atto dell’avvio di incontri protetti tra padre e figlia, confermava integralmente l’affidamento rafforzato alla madre, ponendo inoltre le spese di CTU interamente a carico del ricorrente.
Il giudizio approdava infine in Cassazione, con quattro motivi di doglianza: carenza di motivazione e violazione di legge sull’affidamento, erronea esclusione del cognome paterno e ingiusta condanna alle spese. Per un supporto operativo al professionista, abbiamo preparato il Formulario commentato della famiglia e delle persone, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
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2. L’interesse del minore contro il recupero del rapporto con il padre (anche tramite il cognome)
Il punto centrale della controversia è stato il conflitto tra l’esigenza del padre di recuperare un ruolo genitoriale e quella della figlia di crescere in un contesto stabile e sereno. La giurisprudenza di legittimità, come ricordato dalla Cassazione, ha da tempo chiarito che l’affidamento deve essere regolato in base all’“esclusivo interesse morale e materiale del minore” e non secondo pretese o rivendicazioni dei genitori.
Nel caso concreto, la Corte territoriale aveva valorizzato il carattere ancora embrionale e fragile del rapporto padre-figlia, la discontinuità della presenza paterna, i comportamenti denigratori del ricorrente verso la madre e l’assenza di regolare contributo al mantenimento. Di qui la conferma dell’affidamento super-esclusivo, misura che non costituisce una sanzione per il genitore ma uno strumento a tutela della crescita equilibrata del minore.
Analogo ragionamento è stato svolto con riferimento al cognome. L’art. 262 c.c. consente l’aggiunta del cognome del genitore che riconosce per secondo, ma la scelta deve sempre rispettare l’identità del figlio. Nel caso di specie, la bambina, ormai di nove anni, era conosciuta socialmente e a scuola solo con il cognome materno, mentre la figura paterna non era ancora parte integrante della sua vita quotidiana. L’aggiunta del cognome paterno avrebbe comportato un pregiudizio all’identità già consolidata della minore.
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3. La decisione della Corte
La Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso. La motivazione sull’affidamento super-esclusivo è stata ritenuta adeguata, fondata su elementi concreti relativi alla condotta paterna e all’interesse della minore. La doglianza relativa al cognome è stata dichiarata in parte infondata e in parte inammissibile: i giudici di merito avevano correttamente applicato l’art. 262 c.c., evidenziando la necessità di non alterare un’identità già radicata. Quanto alle spese di lite, la Corte ha ribadito l’ampio margine di discrezionalità del giudice di merito, che può modulare la compensazione o la condanna in base al principio di causalità e alla prevalente soccombenza.
Il ricorso è stato dunque respinto, con condanna del padre al pagamento delle spese anche in sede di legittimità.
4. Indicazioni operative per avvocati
L’ordinanza in esame offre alcune importanti indicazioni per la prassi forense:
- Affidamento super-esclusivo: può essere disposto quando il rapporto genitoriale è carente, discontinuo o conflittuale, senza necessità di bilanciamento con le pretese dell’altro genitore. L’interesse del minore prevale su ogni diritto soggettivo dei genitori.
- Percorsi graduali di genitorialità: gli avvocati devono informare i clienti che la ripresa dei rapporti con i figli può avvenire solo in modo progressivo, con mediazione dei servizi sociali e supporto psicologico, e che la mancata collaborazione può incidere negativamente sulle decisioni giudiziali.
- Cognome del minore: l’aggiunta del cognome del genitore che riconosce per secondo non è automatica, ma subordinata alla verifica che non vi sia un pregiudizio per l’identità del minore. Gli avvocati dovranno valutare attentamente il contesto familiare e sociale prima di proporre simili domande.
- Spese di lite e CTU: la condotta processuale del genitore può incidere sull’attribuzione delle spese. Sollevare dubbi infondati o tardivi (come nel caso della paternità) comporta spesso la condanna integrale al pagamento delle spese di consulenza.
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