Affidamenti pubblici e natura giuridica delle Università

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Si riporta di seguito un’interessante Sentenza della Corte di Giustizia (sez. IV, 23 dicembre 2009, in causa C-305/08).  Si allega anche il Parere del Consiglio di Stato, sez. II del 23 aprile 2007, con il quale è stato promosso il giudizio.

La questione proposta dal Consiglio di Stato in sede di ricorso straordinario riportava all’attenzione un problema complesso, che aveva dato luogo, nel corso degli anni, a contrastanti sentenze dei giudici amministrativi, essenzialmente, in materia di rispetto del principio di libera concorrenza in tutti i casi in cui un ente pubblico concorra con imprese private nella gara per l’aggiudicazione di un pubblico appalto.

Le ragioni di interesse delle decisioni che si riportano, per alcuni aspetti, sono significativamente più ampie del problema della legittimazione delle università e dei loro consorzi alla partecipazione ai pubblici appalti in concorso con i privati. Non si può tacere, tuttavia, lo straordinario interesse che la decisione della Corte può rivestire nel dibattito sulla natura giuridica e sulle funzioni delle università che, da qualche tempo, anima la riflessione sui progetti di riforma del sistema.

Sul piano generale, la sentenza della Corte risolve il problema della legittimazione degli enti che non hanno fini di lucro a partecipare alle gare d’appalto in concorso con operatori caratterizzati da fini di lucro.

Il tema, che occasionalmente si riferisce alle università, riguarda, in effetti, tutti gli enti pubblici che svolgono attività di prestazione di servizi per i quali è astrattamente possibile pensare ad un’erogazione in termini di mercato. Per la struttura della motivazione si può pensare che la portata della decisione e del principio affermato vada ben oltre il problema della legittimazione dei soli enti pubblici, estendendosi a tutti gli operatori che non perseguono fini di lucro.

A titolo d’esempio, si può pensare ai problemi che si sono posti nella giurisprudenza amministrativa italiana per gli affidamenti di servizi di trasporto infermi in molti casi nei quali imprenditori privati hanno contestato la partecipazione a gare della Croce Rossa Italiana (ente pubblico) o di Associazioni di volontariato (enti privati senza fini di lucro).

La notazione più significativa sotto il profilo generale sembra essere condensata nel passaggio nel quale la Corte afferma:

33  Si devono altresì ricordare, al riguardo, gli obblighi e le facoltà di cui dispone un’amministrazione aggiudicatrice, ai sensi dell’art. 55, n. 3, della direttiva 2004/18, in caso di offerte anormalmente basse dovute alla circostanza che l’offerente ha ottenuto un aiuto di Stato. Peraltro, la Corte ha riconosciuto che, in talune circostanze particolari, l’amministrazione aggiudicatrice ha l’obbligo, o quanto meno la facoltà, di prendere in considerazione l’esistenza di sovvenzioni, ed in particolare di aiuti non compatibili con il Trattato, al fine eventualmente di escludere gli offerenti che ne beneficiano (v., in tal senso, sentenza 7 dicembre 2000, causa C?94/99, ARGE, Racc. pag. I?11037, punto 29).

34  Tuttavia, l’eventualità di una posizione privilegiata di un operatore economico in ragione di finanziamenti pubblici o aiuti di Stato non può giustificare l’esclusione a priori e senza ulteriori analisi di enti, quali il ricorrente nella causa principale, dalla partecipazione a un appalto pubblico.

Sul piano specifico della legittimazione delle università e dei loro consorzi alla partecipazione a gare, si deve rilevare una significativa presa di posizione sulla complessità delle finalità istituzionali delle stesse università costituita dal riconoscimento della legittimità dello svolgimento di attività di prestazione di servizi non meramente “consulenziali”, oltre a quelli di istruzione superiore e di ricerca.

Dal ragionamento della Corte emerge una visione delle istituzioni universitarie come “operatori economici”, legittimati a svolgere sul mercato prestazioni di servizi di rilevante importanza.

Il tema si presta, ovviamente, ad integrare la riflessione sulle funzioni e la natura delle istituzioni universitarie e può fornire elementi utili per il dibattito in corso sulla loro possibile valenza “privatistica”.

È chiaro, d’altra parte, che le affermazioni della Corte vanno nel senso di dimostrare che la natura “pubblicistica” di istituzioni come quelle universitarie, fermo restando il finanziamento pubblico delle funzioni collettive, non osta alla possibilità che le stesse operino secondo criteri “economici” nella prestazione di servizi.

Ci permettiamo di segnalare la sentenza della Corte e il parere del Consiglio di Stato per i significativi profili d’interesse sollevati, ripromettendoci di approfondire ciascuno dei problemi in ulteriori interventi e, soprattutto, in attesa del parere definitivo del Consiglio di Stato sulla specifica questione.

 

 

Cosimo Costa

Giuseppe Vecchio

 

Vecchio Giuseppe

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