Addizionale provinciale energia elettrica e rimborso

Chiara Schena 16/12/24
Allegati


L’ordinanza interlocutoria emessa dalla Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione ha rimesso la questione dell’addizionale provinciale applicata alle accise sull’energia elettrica. Questo tributo, introdotto nel 1999 e abrogato nel 2012, continua a generare controversie, con numerosi utenti che rivendicano il rimborso delle somme versate in bolletta.

Corte di Cassazione-III Sez. civ.-Ord. int.-n. 32088 del 12-12-2024

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Indice

1. Cornice normativa dell’addizionale provinciale


L’addizionale provinciale nasce come incremento dell’accisa sull’energia elettrica, con il costo formalmente attribuito ai fornitori ma di fatto trasferito agli utenti finali. La legge prevedeva infatti che l’onere fosse specificamente indicato in bolletta, gravando sui consumatori. Tuttavia, la Direttiva 2008/118/CE dell’Unione Europea ha posto il problema della legittimità di tale imposta, stabilendo che ogni tributo indirettamente applicato sui consumi energetici debba rispondere a specifiche finalità definite.
Questa contrapposizione ha aperto la strada a una serie di contestazioni da parte degli utenti, i quali hanno sostenuto che la normativa interna fosse incompatibile con il diritto comunitario.

2. La vicenda giuridica


Nel caso specifico analizzato, una società ricorrente aveva già ottenuto in primo grado il riconoscimento del diritto al rimborso delle somme versate a titolo di addizionale provinciale. La Corte d’Appello di Venezia, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto che la normativa italiana fosse in contrasto con i principi sanciti dalla Direttiva 2008/118/CE.

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3. La qualificazione di tributo autonomo


Il fornitore di energia ha presentato ricorso davanti alla Suprema Corte sollevando due questioni fondamentali:
L’addizionale provinciale non può essere considerata un tributo autonomo. Si tratterebbe piuttosto di un semplice incremento dell’accisa, che ne condivide presupposti e base imponibile. Pertanto, non sarebbe necessario verificarne la finalità ai sensi del diritto europeo.
Anche qualora fosse qualificata come tributo autonomo, la Direttiva europea non sarebbe direttamente applicabile nei rapporti tra privati. Le direttive dell’Unione, infatti, producono effetti diretti soltanto nei confronti degli Stati membri.

4. Analisi dell’ordinanza interlocutoria


La Corte di Cassazione ha deciso di rimettere la questione alle Sezioni Unite, vista la necessità di un approfondimento tecnico e sistematico. Il Collegio ha evidenziato che il cuore del problema risiede nella qualificazione dell’addizionale provinciale: è davvero un tributo autonomo o rappresenta un mero aumento delle accise esistenti?
Secondo quanto osservato dalla Cassazione, i parametri per stabilire la natura del tributo si fondano su elementi concreti, come il presupposto impositivo, i soggetti passivi e la base imponibile. Nel caso in esame, l’addizionale condivide gli stessi elementi delle accise, differenziandosi solo per l’ente destinatario del gettito.
Inoltre, la Corte di Cassazione ha evidenziato come la questione dell’applicabilità della direttiva europea sia strettamente connessa alla definizione della natura giuridica del tributo. Se l’addizionale fosse qualificata come tributo autonomo, sarebbe necessario valutarne la compatibilità con i requisiti di finalità stabiliti dalla normativa europea. Al contrario, se fosse considerata un semplice aumento delle accise, la direttiva non troverebbe applicazione.
Infine, i giudici hanno ritenuto che la materia presenti profili di novità , richiedendo un esame per chiarire definitivamente la portata della normativa nazionale ed europea.

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Chiara Schena

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