Abuso del processo: chiamata del terzo negata al convenuto

Redazione 11/10/17
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Chiamata del terzo, quando integra abuso del processo

L’abuso del processo è tema di grande attualità. Non esiste una definizione giuridica e normativa di questo fenomeno, il quale comprende tutte quelle ipotesi in cui le parti fanno un uso distorto dello strumento processuale. Invero, l’abuso del processo viene fatto rientrare nella più ampia categoria dell’abuso del diritto. Con tale espressione si fa riferimento alle condotte distorsive di esercizio di un diritto di cui si è titolari. In altre parole, l’abuso del diritto si configura allorquando il suo titolare abusa appunto delle prerogative e delle facoltà ad esso connesse ed esercita il diritto per fini diversi da quelli riconosciuti dalla legge. Parimenti, l’abuso del processo, si configura quando chi agisce o chi resiste in giudizio, utilizza lo strumento giustizia per fini diversi da quelli a cui questo è preordinato. Tipicamente, il processo serve per far valere i propri diritti e non per ostacolare i diritti altrui.

Punizione dell’attività dilatoria

Nel caso risolto dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 26373 del 2008, è stato pronunciato un principio di diritto poi sposato da tutta la giurisprudenza successiva. In questo senso, tale pronuncia rappresenta un punto di riferimento nell’individuazione delle fattispecie di abuso processuale. Viene infatti riconosciuta una finalità meramente dilatoria al comportamento della parte che chieda al giudice di chiamare in giudizio un terzo, di fatto allungando i tempi di definizione del procedimento, senza che la presenza di questa ulteriore parte sia necessaria ai fini del giudizio. Il giudice è infatti tenuto a punire quei comportamenti che non fanno del processo, l’utilizzo naturale e fisiologico, ma il mezzo attraverso il quale ostacolare le ragioni altrui.

La pronuncia, dunque, si pone a tutela del diritto alla ragionevole durata del processo, non facendovi rientrare tutte quelle attività che non sono funzionali al suo corretto svolgimento e al diritto di difesa in giudizio.

La giurisprudenza in materia di abuso del processo

Come anticipato, non esiste una definizione di abuso del processo. La giurisprudenza, partendo da una ricostruzione dottrinale del fenomeno, per cui si tratta di una species del genus abuso del diritto, ha nel tempo individuato una serie di comportamenti qualificabili come fattispecie di abuso dello strumento processuale. Accanto ai comportamenti dilatori, per cui il giudice riconosce una sanzione negatoria ex ante, vi sono altre ipotesi. Una delle più importanti, è il divieto di frazionamento del credito se non funzionale ad un interesse individuato del creditore; a questa si affiancano, a titolo esemplificativo, l’inammissibilità dell’autoeccezione del difetto di giurisdizione, per cui la parte che ha agito non può poi eccepire tale difetto allorquando risulti soccombente nel merito; l’abuso del processo esecutivo per il recupero di un credito di modesta entità e il divieto di proporre eccezioni formali se non vi è un effettivo pregiudizio ad un interesse difensivo.

In ultimo, deve ricordarsi il recente sdoganamento dell’istituto dei danni punitivi nel nostro ordinamento, con la  sentenza delle Sezioni Unite n. 16601 del 5-07-2017, i quali rappresentano la diretta conseguenza delle condotte abusive, sanzionate in quanto tali.

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