La differenza tra il danno da perdita della capacità lavorativa specifica e quello da perdita della capacità lavorativa generica. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
Indice
1. I fatti: la perdita di capacità lavorativa
Un paziente conveniva in giudizio un ospedale campano, sostenendo di aver subito un danno a causa della non corretta esecuzione di un intervento chirurgico da parte dei sanitari della convenuta.
In particolare, l’attore sosteneva di essere stato ricoverato presso il predetto ospedale dove veniva sottoposto ad un intervento chirurgico di riduzione di una frattura pluriframmentaria del calcagno destro. Tuttavia, successivamente l’intervento, il paziente continuava a sentire dolore e ad avere rigidità dell’articolazione, oltre che un deficit funzionale del piede. Per tale ragione, il paziente si era sottoposto negli anni successivi a numerosi accertamenti diagnostici per verificare il recupero funzionale dell’arto ed era costretto a sottoporsi a due ulteriori successivi interventi chirurgici per rimuovere la vite che era stata posizionata durante il primo intervento.
Infine, il paziente sosteneva infine che i predetti due successivi interventi e il periodo post operatorio erano stati fonti di gravi sofferenze a suo carico.
In considerazione di ciò, l’attore chiedeva di condannare la struttura sanitaria dove era stato eseguito il primo intervento chirurgico a risarcire i danni subiti ed in particolare quelli residuati a livello biologico e quelli consistenti nelle sofferenze morali connesse all’errato intervento chirurgico, nonché quelli correlati alle difficoltà nello svolgimento della propria attività lavorativa. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
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2. La valutazioni del Tribunale
Dopo aver passato in rassegna i principi che governano la responsabilità della struttura sanitaria e dei medici nelle fattispecie di responsabilità medica, il Tribunale napoletano ha esaminato la figura del danno morale.
A tal proposito, il giudice ha ricordato che, prima del 2024, le tabelle del tribunale di Milano prevedevano la liquidazione unitaria delle due voci di danno, biologico e morale. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha stigmatizzato detta liquidazione unitaria ed automatica, evidenziando come la componente morale del danno va accertata caso per caso.
A seguito di tale intervento nomofilattico della Cassazione, il Tribunale di Milano ha quindi elaborato una nuova tabella pubblicata nel giugno 2024, dove, ferma l’indicazione del valore monetario unitario in relazione ad ogni punto percentuale, ha specificato due voci distinte di danno: le somme liquidabili a titolo di danno biologico (voce A) e quelle a titolo di sofferenza soggettiva interiore (voce B), indicato l’importo di ciascuna delle citate componenti del danno.
La componente di danno morale è quindi autonoma e non è conglobabile nel danno biologico, in quanto si tratta di una sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale. In ragione di ciò, detta componente di danno può essere oggetto di un compenso aggiuntivo, oltre alla eventuale personalizzazione prevista per gli aspetti dinamici compromessi.
La sussistenza di tale tipologia di danno, inoltre, può essere dimostrata anche con il ricorso alla prova presuntiva, che può costituire anche l’unica fonte di convincimento del giudice.
Tuttavia, sarà onere del danneggiato allegare tutti gli elementi che, nella concreta fattispecie, sono idonei a fornire la serie concatenata dei fatti noti, che possano permettere al giudice di risalire al fatto ignoto (cioè la sussistenza del danno morale).
In secondo luogo, il giudice ha illustrato in cosa si sostanzia il danno da perdita della capacità lavorativa.
Infatti, il danno alla salute, oltre alla sfera biologica e relazionale, può produrre degli effetti anche sulla pregressa attività lavorativa del danneggiato, con delle conseguenze che possono essere risarcibili a titolo di danno patrimoniale.
In particolare, detta tipologia di danno può essere risarcita quando le sue conseguenze incidano sulla capacità del danneggiato di produrre reddito: qualora il danno biologico impedisca al danneggiato di svolgere del tutto la propria attività lavorativa oppure lo costringe a cambiare detta attività oppure la sua funzione o qualifica professionale, con conseguente soppressione totale del reddito precedentemente prodotto (nel primo caso) oppure riduzione di detto reddito (nel secondo caso).
In tali casi, si parla di perdita della capacitò lavorativa specifica e tale conseguenza deve essere indennizzata.
Invece, nel caso in cui il danneggiato mantiene la sua capacità lavorativa e quindi la capacità di produrre reddito, ma è costretto a sopportare sforzi maggiori oppure a subire una maggiore usura fisica nello svolgimento della propria attività lavorativa svolta prima del sinistro, non si configura un danno patrimoniale autonomamente risarcibile.
In questi casi, invece, si parla di perdita della capacità lavorativa generica (o da cenestesi lavorativa) e il suo eventuale indennizzo deve essere ricompreso nell’alveo del danno biologico.
In altri termini, le conseguenze dell’evento dannoso non sono la impossibilità di continuare a svolgere l’attività lavorativa, ma solo quelle di svolgere detta attività con maggiore fatica o con più precoce usura. Quindi, detto danno – che appartiene alla sfera del danno non patrimoniale – va valutato in maniera unitaria con il danno biologico, prevedendo la personalizzazione in aumento del relativo risarcimento nel caso in cui il giudice ritenga che vi siano i presupposti.
In particolare, detta personalizzazione è possibile quando le conseguenze patite dal singolo danneggiato nel caso specifico siano peculiari e diverse da quelle subite generalmente dalle altre persone della medesima età.
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3. La decisione del Tribunale
I consulenti tecnici nominati dal giudice hanno accertato che i medici della struttura ospedaliera convenuta hanno effettivamente individuato la tipologia di intervento che, secondo le linee guida relative al trattamento della frattura che aveva subito il paziente, era indicata come quella migliore. Tuttavia, sempre secondo i predetti periti, l’intervento è stato eseguito in maniera erronea da detti sanitari ed a causa della imperizia dei sanitari l’intervento non ha raggiunto il risultato che – secondo le predette linee guida – avrebbe dovuto raggiungere: cioè la riduzione sufficiente dalla frattura.
In particolare, i sanitari non hanno eseguito alcuni accertamenti diagnostici preliminari all’intervento che erano necessari per valutare correttamente l’entità della frattura e poi pianificare in maniera precisa l’azione chirurgica da eseguire.
In considerazione di ciò, il giudice ha ritenuto che la predetta condotta erronea dei sanitari della convenuta abbia determinato, da un punto di vista causale, la limitazione funzionale del piede associata a zoppia lamentata dal paziente.
Al fine di escludere la propria responsabilità, quindi, sarebbe stato onere della struttura sanitaria dimostrare che l’esatto adempimento della prestazione medica sulla medesima gravante oppure che era impossibile eseguire in maniera esatta detta prestazione per una causa imprevedibile e inevitabile.
Tuttavia, la convenuta non ha assolto al predetto onere probatorio. Quindi il giudice ha ritenuto accertata una responsabilità della struttura sanitaria.
Per quanto concerne la liquidazione dei danni subiti dall’attore, il giudice ha quantificato il danno biologico permanente nella misura del 4%, mentre il danno biologico da invalidità temporanea in 10 giorni di ITT, 60 giorni di ITP al 50% e 60 giorni di ITP al 25%.
Invece, il giudice non ha liquidato alcuna somma a titolo di danno morale, in quanto ha ritenuto che l’attore non ha fornito adeguata prova della sussistenza di detto danno. Infatti, l’attore non ha descritto e provato le sofferenze interiori che ha patito a causa dell’evento lesivo.
Infine, il giudice ha altresì ritenuto di non riconoscere all’attore delle somme a titolo di perdita della capacità lavorativa specifica, in quanto ha valutato insussistente una menomazione della capacità lavorativa dell’attore.
Infatti, l’attore prima dell’evento lesivo svolgeva l’attività di fotografo professionista ed a seguito dell’intervento errato della convenuta ha sostenuto di continuare a svolgere detta attività, ma di dover rinunciare a degli incarichi o di dover sostenere maggiori spese per il reclutamento di personale che lo assista.
Inoltre, il tribunale ha ritenuto di non poter neanche riconoscere all’attore la personalizzazione del danno biologico a titolo di danno per perdita della capacità lavorativa generica, in quanto egli non ha sufficientemente provato di aver dovuto rinunciare a degli incarichi o di aver dovuto sostenere maggiori spese per reclutare personale per lo svolgimento della sua attività professionale.
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