Il giudicato: i riflessi sulla certezza del diritto e di tutela del consumatore

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 Il giudicato alla luce della sentenza del 17 maggio 2022 della Corte di Giustizia: i riflessi in punto di certezza del diritto e di tutela del consumatore.

    Indice

  1. L’intangibilità del giudicato e gli effetti del decreto ingiuntivo non opposto
  2. L’effettività della tutela del consumatore
  3. I dubbi del giudice nazionale sull’insindacabilità del titolo esecutivo: il contenuto dell’ordinanza di rimessione
  4. La risposta della Corte di giustizia: la sentenza della Corte (Grande Sezione) del 17 maggio 2022

1. L’intangibilità del giudicato e gli effetti del decreto ingiuntivo non opposto

Secondo la giurisprudenza maggioritaria della Cassazione, il decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro che non sia stato oggetto di opposizione non solo diventa titolo esecutivo ma acquista anche autorità di cosa giudicata in relazione al credito azionato; ne consegue che, sulla base del principio del giudicato implicito (per cui il dedotto copre anche il deducibile), il giudice dell’esecuzione non può controllarne il contenuto intrinseco, dovendosi limitare ad accertare l’esistenza e la validità dello stesso.

 Quid iuris, allora, se si intende impugnare un decreto divenuto esecutivo? Nel rispetto del principio dell’intangibilità della regiudicata, è possibile proporre esclusivamente impugnazioni straordinarie -revocazione straordinaria e opposizione di terzo-.

Tuttavia, non sempre la certezza del diritto è interesse destinato a prevalere su altri, quali la tutela del consumatore, che hanno assunto una posizione di rilievo sempre crescente nell’ordinamento europeo.

2. L’effettività della tutela del consumatore

Nel quadro normativo europeo e nazionale, il consumatore è definito come la “persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”; come noto, l’elemento che definisce la posizione del consumatore rispetto al professionista è la sua debolezza contrattuale, dovuta alla asimmetria informativa che caratterizza il rapporto tra le parti.

Al fine di riequilibrare la posizione delle parti e di promuovere lo sviluppo della capacità di autodeterminazione del consumatore, il legislatore europeo ha inteso adottare regole uniformi in merito alle clausole abusive attraverso la Direttiva del 5 aprile 1993 n. 13, sollecitando gli Stati membri non solo a prendere le misure necessarie per evitarne l’inserzione nei contratti (art. 6 par. 1), ma anche a garantire che le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi dispongano di mezzi adeguati per far cessare comportamenti scorretti a danno dei consumatori (art. 7 par. 1).

Nel recepire la Direttiva 93/13/CE, il decreto legislativo del 6 settembre 2005, n. 206 – Codice del consumoall’art. 33 co.2 ha introdotto una lista di clausole che si considerano vessatorie fino a prova contraria, tra cui quella che “impone al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo”.


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3. I dubbi del giudice nazionale sull’insindacabilità del titolo esecutivo: il contenuto dell’ordinanza di rimessione

Resta da chiedersi quale rimedio possa azionare il consumatore a cui sia stato notificato decreto ingiuntivo per il pagamento di una penale calcolata sulla base di una clausola abusiva inserita nel contatto e che non si sia opposto nel termine perentorio di 40 giorni.

A ben vedere, il consumatore resterebbe sprovvisto di ogni tutela, non solo perché il titolo esecutivo ha acquisito l’autorità della cosa giudicata, ma anche perché il giudice dell’esecuzione non può operare alcun controllo sostanziale sul provvedimento.

Sebbene il principio dell’intangibilità del giudicato garantisca sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici sia una buona amministrazione della giustizia, può questo giustificare un vuoto di tutela a danno del contraente debole alla luce dell’art. 7 par. 1 della direttiva 93/13/CE oltre che dell’art. 47 della Carta di Nizza, che riconosce il diritto del singolo ad un ricorso effettivo?

Sul punto si è interrogato il Tribunale di Milano, che, con Ordinanza di rimessione alla Corte di giustizia dell’Unione europea chiede:

“1) Se ed a quali condizioni il combinato disposto degli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13 e dell’articolo 47 della Carta osti ad un ordinamento nazionale che preclude al giudice dell’esecuzione di effettuare un sindacato intrinseco di un titolo esecutivo giudiziale passato in giudicato, allorquando il consumatore, avuta consapevolezza del proprio status (consapevolezza precedentemente preclusa dal diritto vivente), richieda di effettuare un simile sindacato;

2) se ed a quali condizioni il combinato disposto degli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13 e dell’articolo 47 della Carta osti ad un ordinamento nazionale che, a fronte di un giudicato implicito sulla mancata vessatorietà di una clausola contrattuale, preclude al giudice dell’esecuzione, chiamato a decidere su un’opposizione all’esecuzione proposta dal consumatore, di rilevare una simile vessatorietà (…)”.

4. La risposta della Corte di giustizia: la sentenza della Corte (Grande Sezione) del 17 maggio 2022

La Corte di giustizia dell’Unione europea offre una lettura differente rispetto a quella prevalente nella giurisprudenza nazionale circa i poteri di sindacato del giudice dell’esecuzione sul decreto ingiuntivo non opposto e divenuto, quindi, definitivo. Infatti, quest’ultimo ha il potere- dovere di scrutinare il contratto su cui si fonda il credito azionato nel giudizio monitorio per verificare il carattere abusivo di clausole che ricadono nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13/CE, dandone atto nella motivazione del decreto ingiuntivo.

Le procedure applicabili all’esame dell’abusività di una clausola contrattuale rientrano però nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri e, in forza del principio dell’autonomia processuale, non possono essere armonizzate a livello europeo, sempre che sia rispettato il principio di effettività, secondo cui la normativa nazionale non deve rendere impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione.

Nel caso di specie, la Corte ha precisato che gli Stati membri sono obbligati a garantire l’effettività della tutela giurisdizionale sancita all’articolo 47 della Carta di Nizza e riaffermata all’articolo 7, paragrafo 1 della direttiva 93/13/CE attraverso un controllo efficace del carattere potenzialmente abusivo delle clausole del contratto.

Un simile controllo, tenuto conto della natura e dell’importanza dell’interesse pubblico sotteso alla tutela che la direttiva 93/13 conferisce ai consumatori, “impone che il giudice dell’esecuzione possa valutare, anche per la prima volta, l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto alla base di un decreto ingiuntivo emesso da un giudice su domanda di un creditore e contro il quale il debitore non ha proposto opposizione”.

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Domiziana Carloni

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