Whistleblowing: le disposizioni non si applicano alle forze armate e di polizia

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Un recente Parere del Consiglio di Stato ha chiarito che al personale militare e delle Forze di polizia non si applicano le disposizioni in materia di Whistlebowing ma piuttosto le norme dei loro specifici ordinamenti disciplinanti le relazioni gerarchiche e i doveri di obbedienza. Queste normative di settore non possono ritenersi recessive o comunque derogate dalle disposizioni in materia di Whistleblowing poiché sono funzionali alla tutela della “difesa nazionale” e “dell’ordine e sicurezza pubblica” che fanno parte del più ampio genus della “sicurezza nazionale”, che resta chiaramente fuori dall’ambito di applicazione oggettivo del D.Lgs. 24/2023 sul Whistleblowing.

Indice

1.   I particolari doveri attribuiti dalla normativa al personale delle Forze Armate e di Polizia 


Il personale delle Forze armate e di polizia, al fine di garantire l’assolvimento dei propri compiti, è assoggettato ad una normativa specifica che implica l’attenuazione di alcune “libertà fondamentali in ambito politico e sindacale” (vds. Corte costituzionale n. 120 del 2018), nonché l’assoggettamento ad una serie di doveri che configurano uno status del tutto originale e non comparabile con quello del restante personale della P.A. 
In particolare, gli appartenenti alle Forze di polizia – sia ad ordinamento civile che militare – aventi, peraltro, una pariteticità funzionale, sono tenuti:
a)   al rispetto delle relazioni gerarchiche di cui agli:
–   artt. 715, 748, comma 5, lett. b), del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 (Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare), per l’Arma dei carabinieri e il Corpo della Guardia di finanza,
–   artt. 4 e 9 del D.P.R. 28 ottobre 1985, n. 782 per la Polizia di Stato, 
–   artt. 7 e 9 del D.P.R. 15 febbraio 1999, n. 82 per la Polizia penitenziaria;
b) al dovere di obbedienzacondizionato dalla legalità e dalla legittimità dell’ordine, ai sensi degli artt. 1349 del d. lgs. n. 66 del 2010 (codice dell’ordinamento militare), 729 del D.P.R. n. 90 del 2010, 66, della legge n. 121 del 1981 e 10 della legge n. 395 del 1990.

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2.  Le possibili antinomie giuridiche derivanti dall’applicazione della normativa sul Whistleblowing al personale delle Forze Armate e di Polizia


Il Ministero dell’interno ed il Ministero della Difesa hanno richiesto un parere al Consiglio di Stato evidenziando che l’applicazione della nuova disciplina in materia di c.d. Whistleblowing – posta dal D.Lgs. 24/2023 con cui è stata recepita la Direttiva UE 2019/1937 – alle Forze Armate e di Polizia (sia ad ordinamento civile e militare), potrebbe generare delle antinomie giuridiche suscettibili di determinare un disallineamento con gli specifici ordinamenti vigenti delle singole Forze armate e di polizia. Peraltro, i citati Ministeri, nella richiesta di Parere hanno anche rilevato che l’attribuzione del ruolo di whistleblower ad un soggetto appartenente a tali categorie potrebbe comportare l’elevato rischio di compromettere la funzionalità stessa dell’Amministrazione di appartenenza, che sarebbe potenzialmente costretta a dover giustificare ogni successivo atto di gestione del suddetto personale, se non addirittura ad astenersi dall’adottare eventuali provvedimenti organizzativi, gestionali, disciplinari, cautelari.

3. Il parere del Consiglio di Stato


In riscontro alla richiesta dei Ministeri dell’Interno e della Difesa, la Sezione Prima del Consiglio di Stato ha emesso il parere 01485/2023.
Questo pronunciamento si concentra sull’interpretazione dell’art. 1 del D.Lgs.24/2023, rubricato “Ambito di applicazione oggettivo, che:
·    al comma 2 statuisce che “Le disposizioni del presente decreto non si applicano: (…) c) alle segnalazioni di violazioni in materia di sicurezza nazionale, nonché di appalti relativi ad aspetti di difesa o di sicurezza nazionale” e 
·    al comma 4 prevede che “Resta altresì ferma l’applicazione delle disposizioni (…) in materia di difesa nazionale e di ordine e sicurezza pubblica di cui al regio decreto, 18 giugno 1931, n. 773, recante il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza”.
Atteso che il D.Lgs.24/2023 traspone nell’ordinamento nazionale la Direttiva (UE) 2019/1937 i Giudici di Palazzo Spada, nel loro Parere, richiamano le disposizioni che disciplinano la ripartizione delle competenze tra Unione europea e ordinamenti nazionali in materia di difesa, di ordine e sicurezza pubblica.
In particolare, dalla lettura del combinato disposto degli articoli 3, 4, e 5 del Trattato sull’Unione europea (TUE) discende che “la salvaguardia dell’integrità territoriale, di mantenimento dell’ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale” esula dalle competenze dell’Unione, restando per l’appunto la sicurezza nazionale di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro.
Peraltro, in piena conformità con i richiamati artt. 3, 4 e 5 del TUE, il Considerando 24 della Direttiva (UE) 2019/1937statuisce espressamente che “La sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro. La presente direttiva non dovrebbe applicarsi alle segnalazioni di violazioni riguardanti appalti in materia di difesa o di sicurezza, qualora tali materie rientrino nell’articolo 346 TFUE, in conformità della giurisprudenza della Corte”.
Ancora, il predetto Considerando 24 trova anche conferma nel comma 2 dell’art. 3 della stessa Direttiva (UE) 2019/1937, rubricato “Relazione con altri atti dell’Unione e con le disposizioni nazionali”, ai sensi del quale “l’applicazione della direttiva in questione non può pregiudicare “la responsabilità degli Stati membri di garantire la sicurezza nazionale né il loro potere di tutelare i propri interessi essenziali di sicurezza” 
Corollario logico della predetta interpretazione è quindi la salvaguardia, per il personale militare e delle Forze di polizia (ad ordinamento militare e civile), delle rispettive normative di settore, che non possono ritenersi incise e considerarsi recessive rispetto alle disposizioni in materia di Whistleblowing, essendo la loro applicazione esclusiva, funzionale alla tutela della “difesa nazionale e di ordine e sicurezza pubblica” che fanno parte del più ampio genus della “sicurezza nazionale”.
Il Consiglio di Stato ha evidenziato anche come tale conclusione sia coerente con la costante giurisprudenza della Corte costituzionale (Corte cost. n. 270 del 2022; n. 120 del 2018; n. 231 del 2009) e quella propria (Cons. Stato, sez. IV, n. 7224 del 2018; sez. IV, n. 1347 del 2013; sez. IV n. 607 del 2013) secondo la quale la regola generale è che, salvo che la legge non disponga diversamente, ogni Forza di polizia o armata è tributaria di una autonoma disciplina giuridica (ed economica) non comparabile con lo statuto del personale pubblico in genere.

4. Conclusioni


Il Parere in esame costituisce un prezioso strumento ermeneutico idoneo a circoscrivere, in via interpretativa, la portata applicativa dell’istituto del Whistleblowing attraverso l’evidenziazione della specificità degli ordinamenti che disciplinano le relazioni gerarchiche ed i doveri di obbedienza, del personale delle Forze Armate e delle Forze di polizia (sia ad ordinamento militare che civile).
Il criterio guida che ha determinato l’interpretazione chiara e analitica della relazione tra le citate normative settoriali e le disposizioni sul Whistleblowing si basa sulla responsabilità di ciascuno Stato membro di garantire la sicurezza nazionale ed il potere di tutelare i propri interessi essenziali di sicurezza che non possono essere pregiudicati dall’applicazione della Direttiva (UE) 2019/1937 sul Whistleblowing.
Peraltro, va anche considerato che il Legislatore in sede di attuazione della Direttiva (UE) 1937/2019, ha accordato la prevalenza e la preferenza al ricorso a canali interni di segnalazione, lasciando impregiudicata la possibilità di passare attraverso la gerarchia interna. 
Ciò, a fronte di ordinamenti connotati da carattere di specialità e autosufficienza rispetto a quello generale, quali quelli del personale militare e delle Forze polizia di Stato, si traduce, per una questione di coerenza del sistema, nell’applicazione dei principi e delle regole loro propri.
 

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Giuseppe Alverone

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