Vizi del prodotto. Commento a sentenza Corte di Cassazione n. 25027 dell’11.12.15.

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 25027 dell’11.12.15, è tornata ad affrontare una delle questioni più care ai Consumatori, quali Utenti finali del mercato.

Gli Ermellini, con la recente pronuncia in esame, hanno ribadito il principio più volte espresso, che ai fini della denuncia dei vizi al venditore, è sufficiente l’indicazione generica dei difetti che rendono il prodotto non idoneo all’uso a cui è destinato.

In caso di prodotto acquistato risultato difettoso, infatti, l’acquirente deve denunciarne i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta ma, ai fini propri della denuncia, basta un’indicazione generica dei difetti che rendono il bene non idoneo all’uso a cui è destinato o che ne riducono in modo apprezzabile il valore.

Ciò in quanto la ratio della denuncia dei vizi del bene è quella di avvisare tempestivamente il venditore e metterlo in condizione di verificare la veridicità delle doglianze dell’interessato ai fini della garanzia. Sulla base di tale presupposto, pertanto, l’acquirente potrà anche denunciare al venditore i vizi, in modo anche generico ed incompleto. Ciò che rileva, infatti, è la chiarezza e la tempestività della denuncia, senza necessità dell’elencazione dettagliata dei difetti del bene acquistato.

Quanto sopra assume rilevanza ai fini del riparto dell’onere probatorio. La garanzia per vizi, infatti, impone all’acquirente l’onere di provare il vizio che rende la cosa venduta inidonea all’uso cui è destinata. Tuttavia l’espletamento di tale prova può avvenire anche in un momento successivo alla denuncia che ha mera funzione di “attivazione” della tutela dell’acquirente.

Da un punto di vista normativo, il codice civile, con l’art.1490 c.c. sancisce che “il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendono inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore”. Di conseguenza, qualora la stessa presenti vizi o difetti che la rendano inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, su richiesta dell’acquirente può essere pronunciata la risoluzione del contratto di vendita (ex art. 1492 c.c.). In tale  ultima ipotesi, il venditore deve restituire al compratore il prezzo, le spese ed  i pagamenti fatti per la vendita; il compratore, invece, deve restituire la cosa che, tuttavia, come detto, è già nel possesso della convenuta. Il contenuto dell’obbligazione “di garantire il compratore … da vizi di cosa“, che nell’art. 1476 n. 3 c.c. è inserita tra quelle “principali del venditore“, è precisato dagli artt. 1492, 1493 e 1494, i quali attribuiscono al compratore (salve le esclusioni stabilite dagli artt. 1490 e 1491) sia la facoltà di “domandare a sua scelta la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del prezzo, salvo che, per determinati vizi, gli usi escludano la risoluzione“, sia le restituzioni e i rimborsi conseguenti alla risoluzione, sia il “risarcimento del danno“, se il venditore “non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa“, e comunque per i “danni derivati dai vizi” stessi (Cass. civ., sez. un., 13 novembre 2012, n. 19702). La prevalente dottrina (MESSINEO) e la giurisprudenza della Cassazione (sent. 3022 del 22.10.74) ravvisano nella garanzia per vizi lo stesso fondamento della garanzia per evizione, id est una violazione dell’impegno traslativo, considerato comprensivo anche dell’obbligo del venditore di verificare che il bene trasferito abbia i requisiti necessari per la sua utilizzazione (sic BIANCA) ed è un’obbligazione relativa alla responsabilità contrattuale del venditore (GALGANO).

L’art. 130 Codice del Consumo (DLgs 206/2005) così recita : “1. Il venditore e’ responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene. 2. In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi 7, 8 e 9. 3. Il consumatore può chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro”.

Ai sensi del successivo Art. 132 Codice del Consumo “Il venditore e’ responsabile, a norma dell’articolo 130, quando il difetto di conformità si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna del bene”.

E’ altrettanto noto che il cliente finale (il consumatore) deve necessariamente rivolgersi al suo immediato venditore (il venditore finale), suo dante causa. Questi è il soggetto che ha contrattato con lui, ha potuto raccogliere le sue richieste sulla destinazione ad un uso particolare del prodotto e rendersi conto delle sue aspettative. In merito all’onere della prova, il Codice del Consumo prevede espressamente che, salvo prova contraria, si presume che i difetti di conformita’ che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene esistessero gia’ a tale data.

Avv. Fabrizio PLAGENZA

fabrizioplagenza@hotmail.it

Plagenza Fabrizio

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