Un interessante vincolo precontrattuale: il contratto normativo

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1. Autonomia privata, negoziale e contrattuale

L’autonomia privata è il potere dei privati di regolare liberamente i propri interessi e di decidere della propria sfera giuridica, nel rispetto dei limiti e degli obblighi stabiliti dall’ordinamento [1]. In base al rapporto tra soggetto privato e ordinamento giuridico, l’autonomia privata è definita o come potere riconosciuto ai privati ovvero come libertà originaria, fenomeno sociale preesistente a qualunque tipo di riconoscimento giuridico. La Costituzione non la menziona espressamente ma la tutela indirettamente all’articolo 3 (come strumento necessario al pieno sviluppo della persona umana) e all’articolo 41 (come iniziativa economica privata). All’interno del concetto generale di autonomia privata occorre distinguere il concetto di autonomia negoziale e quello di autonomia contrattuale.

L’autonomia negoziale è riferita a tutti i negozi giuridici, benché l’autonomia privata non si esplichi per tutti i negozi con la stessa ampiezza.

L’autonomia contrattuale (articolo 1322 c.c.), species del genus autonomia negoziale, è il potere di determinare liberamente il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge, sia in caso di contratti il cui schema astratto è previsto dal legislatore (contratti tipici, articolo 1322 comma 1 c.c.), sia in caso di contratti che non appartengano a nessuno schema astratto previsto dal legislatore (contratti atipici, articolo 1322 comma 2), purché, in questo secondo caso, siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.

 

2. Il contratto normativo: natura giuridica e tipologie

L’autonomia contrattuale si estrinseca nella stipulazione di negozi preparatori, con i quali le parti assumono impegni e obblighi in relazione a una futura stipulazione contrattuale.

Il contratto normativo è l’accordo con cui le parti determinano preventivamente il contenuto di uno o più contratti che eventualmente stipuleranno in futuro, senza impegnarsi alla conclusione dei medesimi [2].

È una figura atipica [3] e, per quanto concerne la natura giuridica, la dottrina è divisa.

Una parte della dottrina definisce il contratto normativo come un accordo, un’altra come un contratto [4].

Gazzoni considera  il contratto normativo come un atto contrattuale perché modifica una situazione preesistente, vincolando le parti a tenere una determinata condotta nell’ipotesi che esse successivamente pongano in essere altri atti [5]; Messineo, invece, esclude che si tratti di contratto, ritenendo che il contenuto di un contratto non possa essere il porre norme per rapporti futuri, giacché ai sensi dell’articolo 1321 c.c. il contratto incide direttamente su rapporti attuali.

Il contratto normativo può avere diversa struttura: interno, in cui le parti coincidono con quelle dei futuri contratti da essi regolati, esterno, che definisce invece le clausole di futuri contratti che saranno conclusi tra una delle parti e un terzo [6].

Il contratto normativo interno crea l’obbligo di contrarre a determinati contenuti e non l’obbligo di contrarre [7].

Non si configura, quindi, responsabilità contrattuale da inadempimento qualora una delle parti rifiuti di concludere il negozio finale, ma solo ove una parte intenda stipulare il contratto finale a condizioni diverse da quelle previste con il contratto normativo, rifiutando l’inserimento di clausole con quest’ultimo pattuite.

Diversamente, nel caso in cui il diniego alla stipulazione celi fraudolentemente il rifiuto di contrarre alle condizioni pattuite con l’accordo normativo, si configura un caso di esercizio abusivo, contrario a buona fede [8], del diritto di non stipulare, sicché la controparte potrà agire per ottenere il risarcimento del danno ex articolo 1218 c.c. al pari dei casi di adempimento diretto ed esplicito del contratto normativo.

Il problema del contratto normativo esterno riguarda, invece, le conseguenze dell’inadempimento.

Quando la parte del contratto normativo inserisce nel contratto con il terzo contenuti diversi da quelli imposti dal contratto normativo, risponde all’altra parte del contratto normativo e il contratto con il terzo non dovrebbe restare toccato nella sua validità ed efficacia.

Se, tuttavia, le clausole disattese fossero più vantaggiose per il terzo di quelle inserite in contratto, anche quest’ultimo avrebbe una pretesa contro la stipulazione della parte inadempiente, qualificando il contratto normativo come stipulazione a proprio favore [9].

Il contratto normativo interno è, infine, considerato un contratto debole, collegato al procedimento ed intrinsecamente temporaneo, il contratto normativo esterno ha una efficacia forte e può essere ricondotto alla figura del contratto a favore di terzo.

Esempi di contratto normativo sono i contratti di distribuzione [10], i contratti per adesione e i contratti per moduli o formulari.

Il contratto di distribuzione è il contratto d’impresa, attraverso il quale due imprenditori programmano, ciascuno con riferimento alla propria sfera di competenza, lo svolgimento di una determinata attività avente ad oggetto la commercializzazione di beni.

Il contratto di concessione di vendita è un caso di contratto di distribuzione con il quale un’impresa, solitamente il produttore del bene, concede ad un’altra impresa di commercializzare, presso altre aziende o presso il pubblico, un determinato prodotto.

Le caratteristiche di questo contratto sono tre: 1) è ricondotto entro la categoria dei contratti di distribuzione; 2) attribuisce al  rivenditore una posizione di privilegio che, spesso, coincide con l’esclusiva di zona; 3) prevede, infine, che il rivenditore agisca non quale intermediario, ma come  acquirente dei beni forniti, che rivenderà poi sul mercato [11].

Il contratto di serie predispone, invece, parzialmente o totalmente, il contenuto del contratto da parte di uno solo dei contraenti: il contratto standard è per adesione, avendo riguardo alla condizione del contraente economicamente più debole che si limita a prestarvi consenso.

L’articolo 1342 c.c. stabilisce, infine, che nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari, predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al modulo o al formulario prevalgono su quelle del modulo o del formulario qualora siano incompatibili con esse anche se queste ultime non sono state cancellate.

Si osserva inoltre la disposizione del secondo comma dell’articolo precedente.

Generalmente tali tipi di contratto sono predisposti unilateralmente da una delle parti mentre l’altra non ha alcun potere nella determinazione del contenuto.

La formulazione unilaterale risponde alla necessità di dettare una disciplina unica per un gran numero di stipule.

Le clausole sono nulle se non approvate specificamente e per iscritto (articoli 1341, 1418 ss. c.c.).

3. Conclusioni

Come detto prima, il contratto normativo è il contratto con il quale si predetermina il contenuto di eventuali futuri contratti che le parti, però, non si obbligano a stipulare (se però tali contratti verranno effettivamente conclusi, sarà vincolante per le parti il contenuto previsto nel contratto normativo).

Non facendo sorgere a carico delle parti l’obbligo di stipulare successivi contratti, il contratto normativo si distingue nettamente da altri negozi preparatori, cioè dal contratto preliminare e dall’opzione.

È, quindi, evidente la differenza con il contratto preliminare ex articolo 1351 c.c., da cui nasce una obbligazione tra i contraenti a concludere il contratto definitivo, altrimenti si potrà agire contro la parte inadempiente, richiedendo una sentenza ex articolo 2932 c.c. [12].

Con il contratto di opzione (articolo 1331 c.c.), invece, le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria proposta e l’altra abbia facoltà di accettarla o meno, considerando la dichiarazione della prima quale proposta irrevocabile.

Una delle parti, quindi, si vincola a tenere ferma la propria proposta per un determinato periodo di tempo, mentre l’altra parte è libera di decidere, entro lo stesso periodo, se accettare o meno.

In caso di accettazione, il contratto si conclude.

L’opzione, oltre che un accordo a sé stante, è spesso inserita quale clausola all’interno di un diverso contratto.

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Note bibliografiche

[1] Autonomia privata, Enciclopedia on line Treccani, disponibile all’indirizzo https://www.treccani.it/enciclopedia/autonomia-privata/.

[2] Il contratto normativo è rapportato agli accordi dell’articolo 1321 c.c. che regolano i rapporti giuridici patrimoniali. Gli effetti di tale contratto non sono semplicemente endoprocedimentali, ma anche e soprattutto sostantivi: è volto, cioè, all’utilità pratica del superamento, globale o parziale, delle trattative.

[3] Tale figura è individuata dall’autonomia contrattuale di cui all’articolo 1322 c.c., la cui regola è quella per cui le parti sono libere di stabilire il contenuto del contratto (nel rispetto dei limiti di legge) e il profilo del tipo contrattuale (nel rispetto del limite degli interessi realizzati).

[4] A. Cataudella, I Contratti, Parte Generale, G. Giappichelli Editore, Torino, 2014, p. 23.

[5] F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2019, p. 592.

[6] Per un approfondimento sul tema si veda, tra i tanti, M. Gulotta, I profili problematici del contratto normativo interno ed esterno, Salvis Juribus, 30 maggio 2017, disponibile all’indirizzo http://www.salvisjuribus.it/i-profili-problematici-del-contratto-normativo-interno-ed-esterno/.

[7] Nel contratto normativo le parti sono infatti libere di stipulare o meno i futuri contratti particolari ma stipuleranno a determinati contenuti.

[8] In senso soggettivo, la buona fede è intesa come ignoranza di ledere un diritto altrui; in senso oggettivo, è quel generale dovere di correttezza e di reciproca lealtà di comportamento nell’esplicazione della vita giuridica dei soggetti. Secondo la II Sezione Civile della Corte di Cassazione (sentenza numero 9651 dell’11 maggio 2016) “In senso soggettivo, per “buona fede” si intende lo stato di ignoranza o l’erronea conoscenza circa una data situazione giuridica o di fatto; per contro, per “mala fede” si intende la scienza, la consapevolezza, l’esatta conoscenza, di un fatto o di una data situazione giuridica. In senso oggettivo, invece, la “buona fede” consiste in una regola di condotta da tenersi nei rapporti giuridici, una regola improntata alla lealtà nei confronti delle altre parti: è in buona fede chi si comporta con lealtà nei rapporti giuridici. Per contro, per “mala fede” si intende la slealtà di condotta nell’agire giuridico.

[9] Il terzo non è vincolato alle regole contenute nel contratto normativo, essendo libero di accettarle o meno. P. Fava, Il contratto, Giuffrè Editore, Milano, 2012, p. 1423.

[10] F. Bortolotti, Contratti di distribuzione, Wolters Kluwer, Milano, 2016.

[11] Per un approfondimento si veda N. Ferrante, Il contratto di concessione di vendita, disponibile all’indirizzo https://www.avvocatoferrante.it/it/contratto-concessione-vendita.html.

[12] La assoluta libertà delle parti di stipulare i futuri contratti differenzia il contratto normativo da quello preliminare (Cass. numero 2096 del 9 giugno 1968).

 

Tullio Facciolini

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