Tribunale penale internazionale: arresto per Netanyahu e Gallant

Il Procuratore Capo del Tribunale Penale Internazionale ha ipotizzato l’esistenza di crimini di guerra da parte dello Stato ebraico e di Hamas.

Il conflitto israelo-palestinese, che si protrae da oltre settantacinque anni, ha subito una drammatica impennata dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023 che ha messo in luce orrori inenarrabili. Gli equilibri mondiali, già resi instabili dal conflitto in Ucraina, sono stati ulteriormente alterati ed è diventato reale il rischio di un ampliamento della guerra in corso e di un conflitto regionale, soprattutto dopo il coinvolgimento del Libano. Già la Corte Internazionale di Giustizia, adita dallo Stato del Sud Africa, in data 26 gennaio 2024 si è espressa con un provvedimento d’urgenza che pone alcuni punti fermi nella vicenda, accertando sufficienti indizi per approfondire l’istruttoria sul reato di genocidio a carico di Israele. Con decisione del 20 maggio 2024, poi, il Procuratore Capo del Tribunale Penale Internazionale ha ipotizzato l’esistenza di crimini di guerra da parte dello Stato ebraico e di Hamas chiedendo al Tribunale l’emissione di mandati di cattura per il Premier Benjamin Netanyahu, per l’allora Ministro della Difesa Yoav Gallant e per i leader di Hamas Yahya Sinwar, Ismail Haniyeh, Diab Ibrahim (poi deceduti) e Al Masri Mohammed Deif. Tale richiesta, che ha anche un forte significato politico, è stata accolta dal Tribunale Penale Internazionale in data 21 novembre 2024 e in tal modo lo Stato ebraico è stato condannato ad un isolazionismo ancora più accentuato nella comunità internazionale

Indice

1. Le richieste di arresto del Procuratore Capo presso il Tribunale Penale Internazionale


Già in data 10 ottobre 2023 la Corte penale internazionale dell’AIA aveva dichiarato che il proprio mandato di indagare sui presunti crimini di guerra commessi nello Stato di Palestina include anche il conflitto in atto.[1]
Tale organo giurisdizionale non è un organo dell’Onu come è invece la Corte internazionale di Giustizia; infatti, si tratta di un tribunale penale che persegue singoli individui.[2]
La Corte, conosciuta anche con l’acronimo ICC dalla sua dizione in inglese (International Criminal Court), è un tribunale per crimini internazionali con sede all’Aia, in Olanda. Fondata nel 2002, ha competenza per i crimini più rilevanti che riguardano la comunità internazionale: il genocidio, i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra e di aggressione; pur non essendo un organo dell’Onu, ha legami con il suo Consiglio di Sicurezza che può assegnare alla Corte quei casi che non sarebbero sotto la sua giurisdizione. La Corte ha una competenza complementare a quella dei singoli Stati, dunque può intervenire solo se gli Stati non possono (o non vogliono) agire per punire crimini internazionali.[3]
I paesi che aderiscono alla Corte sono 124, ben più della metà dei 193 Stati membri dell’ONU tra cui due dei cinque membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Francia e Regno Unito. Altri 32 paesi, tra i quali Stati Uniti, Israele e Russia, hanno firmato il trattato di costituzione della Corte, ma non l’hanno ratificato.
Lo Statuto di Roma della Corte Internazionale è stato stipulato il 17 luglio 1998 e definisce in dettaglio la giurisdizione e il funzionamento della Corte; lo stesso è entrato in vigore il 1° luglio 2002 dopo la ratifica da parte del sessantesimo Stato aderente.
Gli organi della Corte penale internazionale sono:

  • Presidenza, composta da un nucleo di presidente e due vicepresidenti (primo e secondo vicepresidente) eletti dai giudici riuniti in consiglio. I diciotto giudici vengono nominati dall’Assemblea degli Stati parte; dal momento della loro elezione possono riunirsi in camera di consiglio ed eleggere a maggioranza assoluta il presidente e i due vicepresidenti che mantengono la loro posizione per un periodo di tre anni (o per un tempo minore, se il loro mandato finisce prima) rinnovabile una sola volta;                  
  • Ufficio del procuratore – anche detto OTP, dall’inglese Office of the Prosecutor – si occupa delle indagini, ha una sua indipendenza dalla CPI pur essendone un organo costitutivo. Può iniziare le indagini di propria iniziativa (motu proprio), ma deve chiedere autorizzazione alla Camera Preliminare per l’autorizzazione a procedere nelle indagini preliminari. Oppure può iniziare le indagini dietro segnalazione (referral) da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite o di uno Stato parte;   
  • Cancelleria (Registry): il cancelliere è responsabile amministrativo della Corte. Nella Cancelleria è compresa un’unità di protezione per vittime e testimoni. L’organismo amministra lo staff della Corte e gli investigatori dell’ufficio del Procuratore, organizza le udienze e assiste i difensori.              

Successivamente, in data 20 maggio 2024 il Procuratore capo della Corte penale internazionale ha chiesto alla Camera preliminare del tribunale di emettere mandati di arresto contro il premier israeliano Benyamin Netanyahu e l’allora ministro della Difesa Yoav Gallant per “crimini di guerra e crimini contro l’umanità” nella striscia di Gaza dall’8 ottobre 2023. In sostanza, la pubblica accusa ha riconosciuto il diritto di Israele di difendersi, ma nel rispetto del diritto internazionale.
Lo stesso Procuratore ha chiesto anche alla Camera preliminare del tribunale dell’Aja di emettere mandati di arresto anche nei confronti dei leader di Hamas Yahya Sinwar, Mohammed Deif, Ismail Haniyeh (poi deceduti) e Diab Ibrahim Al Masri per “crimini di guerra e contro l’umanità” commessi in Israele e nella striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023.
Il Procuratore Khan ha affermato in un comunicato di aver chiesto i mandati d’arresto per Netanyahu e per il ministro della difesa Yoav Gallant, sospettati di “aver ridotto deliberatamente i civili palestinesi alla fame”, di “omicidio volontario” e di “sterminio” e accusati anche, tra l’altro, di “aver causato lo sterminio e la fame come metodo di guerra, inclusa la negazione di aiuti umanitari, deliberatamente prendendo di mira i civili”. Secondo l’inquirente, “I crimini contro l’umanità descritti nella richiesta fanno parte di un’offensiva sistematica condotta contro gli abitanti della Striscia di Gaza”.
Gli addebiti contro gli esponenti di Hamas comprendono invece “sterminio”, “presa di ostaggi” e “stupro e altre forme di violenza sessuale”.
A seguito delle accuse di antisemitismo rivolte da Israele e dal Presidente degli Stati Uniti, il Procuratore della CPI ha riferito di aver anche “convocato un gruppo imparziale per sostenere l’esame delle prove e l’analisi legale in relazione alle richieste di mandato d’arresto”. Il gruppo è composto da esperti “di immensa levatura nel diritto umanitario internazionale e nel diritto penale internazionale”, tra cui Sir Adrian Fulford, la baronessa Helena Kennedy, presidente dell’Istituto per i diritti umani dell’International Bar Association, Elizabeth Wilmshurst, ex vice consigliere giuridico presso il Foreign and Commonwealth Office del Regno Unito e Danny Friedman. In aggiunta figurano due dei consiglieri speciali di Khan, “Amal Clooney e il giudice Theodor Meron”; il Procuratore ha aggiunto che l’analisi di esperti indipendenti ha sostenuto e rafforzato le richieste presentate dal suo Ufficio.[1] 

2. I mandati di arresto in data 21 novembre 2024


La Camera penale della Corte penale internazionale, in data 21 novembre 2024, aderendo alla richiesta del Procuratore Capo, ha emesso i mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il suo ex ministro della Difesa Gallant e il leader di Hamas Deif di cui la Corte ha detto di non essere in grado di confermare la morte, accusandoli di crimini di guerra e crimini contro l’umanità per la guerra a Gaza e gli attacchi del 7 ottobre che hanno innescato l’offensiva di Israele nel territorio palestinese.
Dopo aver esaminato la situazione nello Stato di Palestina, la Camera preliminare I della Corte penale internazionale (CPI) ha emesso all’unanimità due decisioni che respingono i ricorsi dello Stato di Israele presentati ai sensi degli articoli 18 e 19 dello Statuto di Roma e ha emesso mandati di arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu e per l’ex ministro della difesa Yoav Gallant da poco licenziato dallo stesso Netanyahu.
Nonostante le dure reazioni di Israele e dei suoi alleati, si ritiene che nella decisione di cui trattasi non vi sia traccia di antisemitismo e che la stessa si basi sui fatti accertati e sul diritto internazionale.[1]
La Camera CPI si è pronunciata su due richieste presentate da Israele il 26 settembre 2024. Nella prima richiesta, Israele ha contestato la giurisdizione della Corte sulla situazione nello Stato di Palestina in generale e sui cittadini israeliani più specificamente, sulla base dell’articolo 19(2) dello Statuto. Nella seconda richiesta, Israele ha chiesto alla Camera di ordinare alla Procura di fornire una nuova notifica dell’avvio di un’indagine alle sue autorità ai sensi dell’articolo 18(1) dello Statuto. Israele ha, inoltre, chiesto alla Camera di sospendere qualsiasi procedimento dinanzi alla Corte riguardanti la Palestina occupata, incluso l’esame delle richieste di mandato di arresto di Netanyahu e Yoav Gallant, presentate dalla Procura il 20 maggio 2024.
Quanto alla prima contestazione Israeliana, la Camera CPI ha osservato che “L’accettazione da parte di Israele della giurisdizione della Corte non è richiesta, poiché la Corte può esercitare la propria giurisdizione sulla base della giurisdizione territoriale della Palestina, come determinato dalla Camera preliminare I in una precedente composizione”. Inoltre, la Camera ha ritenuto che “Ai sensi dell’articolo 19(1) dello Statuto, gli Stati non hanno il diritto di contestare la giurisdizione della Corte ai sensi dell’articolo 19(2) prima dell’emissione di un mandato di arresto. Pertanto la contestazione di Israele è prematura. Ciò non pregiudica eventuali future possibili contestazioni alla giurisdizione della Corte e/o all’ammissibilità di un caso particolare”.
La Corte ha, inoltre, respinto la richiesta di Israele ai sensi dell’articolo 18(1) dello Statuto ricordando che “La Procura ha notificato a Israele l’avvio di un’indagine nel 2021. A quel tempo, nonostante una richiesta di chiarimento da parte della Procura, Israele ha scelto di non perseguire alcuna richiesta di rinvio dell’indagine”. La Camera ha ritenuto, altresì, che “i parametri dell’indagine nella situazione fossero rimasti gli stessi e, di conseguenza, non fosse richiesta alcuna nuova notifica allo Stato di Israele”.
 Alla luce di quanto sopra, i giudici hanno accertato che non vi fosse motivo di.
interrompere l’esame delle domande di mandato di arresto formulate dal Procuratore.
Pertanto, la Camera penale ha quindi emesso mandati di arresto per Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant “Per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi almeno dall’8 ottobre 2023 fino ad almeno il 20 maggio 2024, giorno in cui la Procura ha depositato le domande di mandato di arresto”.
I mandati di arresto sono classificati come “segreti”, al fine di proteggere i testimoni e salvaguardare lo svolgimento delle indagini. Tuttavia, la Camera ha deciso di divulgarli perché “Una condotta simile a quella descritta nel mandato di arresto sembra essere in corso”. Inoltre, la Camera ritiene che le vittime e le loro famiglie debbano essere informate dell’esistenza dei mandati.
La stessa Corte ha ritenuto, poi, che la presunta condotta di Netanyahu e Gallant rientri nella sua giurisdizione e ha ricordato che, in una precedente udienza, aveva già deciso che la giurisdizione della Corte si sarebbe estesa a Gaza e alla Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est.
Per quanto riguarda i crimini “La Camera ha riscontrato fondati motivi per ritenere che il signor Netanyahu, nato il 21 ottobre 1949, Primo Ministro di Israele al momento della condotta in questione, e il signor Gallant, nato l’8 novembre 1958, Ministro della Difesa di Israele al momento della presunta condotta, siano entrambi penalmente responsabili dei seguenti crimini in quanto corresponsabili per aver commesso gli atti congiuntamente ad altri: il crimine di guerra della fame come metodo di guerra; i crimini contro l’umanità di omicidio, persecuzione e altri atti disumani”. La Camera ha inoltre riscontrato fondati motivi per ritenere che i predetti siano entrambi responsabili per aver diretto intenzionalmente un attacco contro la popolazione civile.
I giudici, hanno dichiarato, altresì, di avere fondati motivi per ritenere che durante il periodo esaminato, si applicasse il diritto internazionale umanitario relativo al conflitto armato internazionale tra Israele e Palestina: “Questo perché sono due Alte Parti Contraenti delle Convenzioni di Ginevra del 1949 e perché Israele occupa almeno parti della Palestina”.
La Camera CPI ha anche accertato che il diritto relativo al conflitto armato non internazionale si applicava ai combattimenti tra Israele e Hamas e che la condotta criminosa di Netanyahu e Gallant “Riguardava le attività degli organi governativi israeliani e delle forze armate contro la popolazione civile in Palestina, più specificamente i civili di Gaza. Si riferiva, quindi, alla relazione tra due parti di un conflitto armato internazionale, nonché la relazione tra una potenza occupante e la popolazione nel territorio occupato. Per queste ragioni, per quanto riguarda i crimini di guerra, la Camera ha ritenuto opportuno emettere i mandati di arresto ai sensi del diritto del conflitto armato internazionale”.
 La Camera ha anche accertato che “I presunti crimini contro l’umanità facevano parte di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza”.
Inoltre, ha ritenuto che “Vi siano fondati motivi per ritenere che entrambi gli individui abbiano intenzionalmente e consapevolmente privato la popolazione civile di Gaza di beni indispensabili alla loro sopravvivenza, tra cui cibo, acqua, medicine e forniture mediche, nonché carburante ed elettricità, almeno dall’8 ottobre 2023 al 20 maggio 2024. Questa conclusione si basa sul ruolo del signor Netanyahu e del signor Gallant nell’impedire gli aiuti umanitari in violazione del diritto internazionale umanitario e sulla loro incapacità di facilitare i soccorsi con tutti i mezzi a loro disposizione. La Camera ha ritenuto che la loro condotta abbia portato all’interruzione della capacità delle organizzazioni umanitarie di fornire cibo e altri beni essenziali alla popolazione bisognosa di Gaza. Le suddette restrizioni, insieme all’interruzione dell’elettricità e alla riduzione della fornitura di carburante, hanno avuto anche un grave impatto sulla disponibilità di acqua a Gaza e sulla capacità degli ospedali di fornire assistenza medica”.
La Camera ha anche osservato che “Le decisioni che consentono o aumentano l’assistenza umanitaria a Gaza sono spesso condizionate. Non sono state prese per adempiere agli obblighi di Israele ai sensi del diritto umanitario internazionale o per garantire che la popolazione civile di Gaza sarebbe stata adeguatamente rifornita di beni di prima necessità. In effetti, sono state una risposta alla pressione della comunità internazionale o alle richieste degli Stati Uniti d’America. In ogni caso, gli aumenti dell’assistenza umanitaria non sono stati sufficienti a migliorare l’accesso della popolazione ai beni essenziali”.
Inoltre, la Camera CPI ha trovato fondati motivi per ritenere che “Non si potesse identificare alcuna chiara necessità militare o altra giustificazione ai sensi del diritto umanitario internazionale per le restrizioni imposte all’accesso per le operazioni di soccorso umanitario. Nonostante gli avvertimenti e gli appelli fatti, tra gli altri, dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dal Segretario generale delle Nazioni Unite, dagli Stati e dalle organizzazioni governative e della società civile sulla situazione umanitaria a Gaza, è stata autorizzata solo un’assistenza umanitaria minima”. A questo proposito, la Camera CPI si è soffermata sul prolungato periodo di privazione e la dichiarazione di Netanyahu che collegava l’interruzione dei beni essenziali e degli aiuti umanitari agli obiettivi della guerra.
Il tribunale ha, pertanto, ritenuto che “Vi siano fondati motivi per ritenere che il signor Netanyahu e il signor Gallant abbiano una responsabilità penale per il crimine di guerra della fame come metodo di guerra. La Camera ha ritenuto che vi siano anche fondati motivi per ritenere che la mancanza di cibo, acqua, elettricità e carburante, nonché di specifiche forniture mediche, abbia creato condizioni di vita tali da provocare la distruzione di parte della popolazione civile di Gaza, con conseguente morte di civili, compresi bambini, a causa di malnutrizione e disidratazione[…]. Inoltre, limitando o impedendo intenzionalmente l’ingresso di forniture mediche e medicinali a Gaza, in particolare anestetici e macchine per l’anestesia, i due soggetti sono anche responsabili di aver inflitto grandi sofferenze tramite atti disumani a persone bisognose di cure. I medici sono stati costretti a operare persone ferite e a eseguire amputazioni, anche su bambini, senza anestesia e/o sono stati costretti a usare mezzi inadeguati e non sicuri per sedare i pazienti, causando a queste persone estremo dolore e sofferenza. Ciò equivale al crimine contro l’umanità per atti disumani”
La Camera CPI ha anche riscontrato fondati motivi per ritenere che “la condotta sopra menzionata abbia privato una parte significativa della popolazione civile di Gaza dei propri diritti fondamentali, compresi i diritti alla vita e alla salute, e che la popolazione sia stata presa di mira sulla base di motivi politici e/o nazionali. Ha pertanto ritenuto che sia stato commesso il crimine di persecuzione contro l’umanità”.
Infine, la Camera ha valutato che vi sono fondati motivi per ritenere che il signor Netanyahu e il signor Gallant abbiano una responsabilità penale in quanto hanno diretto intenzionalmente attacchi contro la popolazione civile di Gaza. A questo proposito, la Camera ha rilevato che il materiale fornito dall’accusa le ha consentito di formulare conclusioni solo su due incidenti che si qualificavano come attacchi diretti intenzionalmente contro civili.
In conclusione per la Corte, vi sono quindi fondati motivi per ritenere che il signor Netanyahu e il signor Gallant, nonostante avessero a disposizione misure per prevenire o reprimere la commissione di crimini o garantire la presentazione della questione alle autorità competenti non lo abbiano fatto. 

3. Conclusioni


La decisione della Camera Penale presso il Tribunale Penale Internazionale in data 21 novembre 2024 unitamente all’ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia del 26 gennaio 2024, costituiscono un punto fermo nella valutazione geo politica del conflitto israelo-palestinese, al di là delle dichiarazioni delle parti e dei loro alleati, anche se   Israele e tantomeno Hamas, che è un’organizzazione terroristica, sono membri del Tribunale Penale Internazionale.
Inoltre, le immagini delle stragi compiute, anche nei confronti di tanti bambini, descritte in modo dettagliato sia dal Tribunale Penale Internazionale che dall’ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia, che si sono ulteriormente accentuate negli ultimi tempi, rappresentano una prova incontrovertibile dei crimini di guerra che condanna Israele ad un isolazionismo sempre più accentuato nella comunità internazionale .
Pertanto, ci si auspica che uno Stato sostanzialmente democratico, come quello di Israele, che ha senz’altro il diritto di autodifesa, dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre scorso e dopo le persecuzioni subite dai nazisti durante la seconda guerra mondiale, operi nel pieno rispetto dei principi di legalità internazionale e dei più elementari diritti umanitari, più volti calpestasti durante il conflitto in atto.
Tuttavia, non può non rilevarsi che un vulnus alla democrazia di Israele è rappresentato dal “peccato originale” costituito dal fatto, a differenza delle principali democrazie occidentali, di avere una costituzione in parte flessibile che gli ha consentito di recente di approvare una discussa riforma della giustizia ed altri provvedimenti restrittivi anche nei confronti dell’informazione.  
Nel caso in esame si ritiene che il procedimento penale presumibilmente si concluderà con la condanna di tutti gli indagati, probabilmente quando Benjamin Netanyahu non sarà più al potere. Le conseguenze non saranno di poco conto, in quanto oltre gli aspetti politici e simbolici particolarmente rilevanti, i soggetti condannati non potranno recarsi nei 124 Stati aderenti alla CPI che hanno sottoscritto lo Statuto di Roma del 2002 per non correre il rischio di essere arrestati.
E se è possibile che anche alcuni Paesi che hanno sottoscritto il trattato, come di recente avvenuto in Mongolia, dove Putin, oggetto di un mandato di cattura, è stato accolto con tutti gli onori, non rispetteranno l’ordine di arresto internazionale, questo non si potrà verificare negli Stati realmente democratici in cui la magistratura dispone di poteri autonomi rispetto al potere esecutivo. Pertanto, in questi Paesi, le attuali dichiarazioni dei leader hanno un significato meramente politico, perché la polizia giudiziaria potrebbe intervenire su richiesta delle competenti Procure, indipendentemente dalle direttive governative, per dare esecuzione agli accordi internazionali assunti. Tuttavia, la maggior parte dei Paesi occidentali aderenti al trattato ha dichiarato che darà esecuzione al provvedimento.
Del resto anche la decisione del premier israeliano di impugnare il provvedimento del Tribunale Penale Internazionale è un implicito riconoscimento di tale organismo e del timore delle conseguenze dello stesso provvedimento, dopo che, tra gli altri, l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza e lo stesso G7 Affari Esteri avevano dichiarato di voler dare esecuzione ai mandati di arresto.
Infondata è da ritenersi, poi, l’accusa rivolta al Tribunale Internazionale da Israele ed alcuni suoi alleati di aver equiparato lo Stato ebraico ad Hamas, in quanto il provvedimento giurisdizionale si fonda su comportamenti, incontrovertibili e differenti, posti in essere dalle due parti in causa, anche se tali comportamenti hanno determinato la stessa misura cautelare.
Tuttavia, nonostante gli evidenti ostacoli, la comunità internazionale dovrà sforzarsi di garantire che i responsabili dei presunti crimini siano chiamati a rispondere delle loro azioni, anche perché il comportamento dei governi non curanti dei più elementari principi di umanità, del rispetto della vita umana e delle norme internazionali non potrà sfuggire al giudizio inappellabile della Storia.

Ti interessano questi contenuti?


Salva questa pagina nella tua Area riservata di Diritto.it e riceverai le notifiche per tutte le pubblicazioni in materia. Inoltre, con le nostre Newsletter riceverai settimanalmente tutte le novità normative e giurisprudenziali!

Iscriviti alla newsletter
Iscrizione completata

Grazie per esserti iscritto alla newsletter.

Seguici sui social


Note


[1]  Is Israeli bombing of Gaza a violation of international laws?, su Al Jazeera del 3 novembre 2023.
[2] P. Gentilucci, Tribunale Penale Internazionale: la richiesta di arresto per Netanyau e i leader di Hammas, in Altalex del 23 maggio 2024.
[3] P. Gentilucci, L’invasione dell’Ucraina e il nuovo volto dell’impero russo: i possibili crimini di guerra, in Diritto.it del 1° aprile 2022.
[4] Redazione, Il procuratore della Cpi chiede il mandato d’arresto per Netanyahu e i leader di Hamas, in Ansa.it del 20 maggio 2024.
[5] U. Mazzantini, Mandati di arresto della Corte Penale Internazionale per Netanyahu e Gallant, in Greenreport.it del 21 novembre 2024.

Prof. Paolo Gentilucci

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento