Tirocinio avvocati: chi ha diritto a un compenso?

Davide Basile 17/02/17
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Il tirocinio obbligatorio per tutti gli aspiranti avvocati che vogliono partecipare all’Esame di stato è stato oggetto negli ultimi mesi di importanti modifiche. Il decreto ministeriale 17 marzo 2016, n. 70, in vigore dal 6 giugno scorso, ha previsto la partecipazione obbligatoria ai corsi di formazione e ha permesso ai tirocinanti di iniziare il periodo di praticantato prima di aver concluso gli studi e di svolgere fino a 6 mesi di tirocinio all’estero.

Uno degli aspetti più dibattuti resta però la possibilità di retribuire i tirocinanti, non limitandosi solo al rimborso spese ma pagandoli per il lavoro effettivamente svolto. Vediamo allora di fare il punto della situazione per capire a che tipo di compenso hanno diritto i praticanti.

 

Nuovo tirocinio 2017: i praticanti vanno pagati?

Secondo la legislazione attuale, i tirocinanti negli studi degli avvocati vanno pagati?

Sì e no. O meglio, la riforma forense (L. n. 247/2012), al comma 11 dell’art. 41, riconosce il pieno diritto solo al rimborso spese in caso di pagamenti corrisposti per conto dello studio. Lo stesso comma 11 stabilisce poi che, decorso il primo semestre di tirocinio, al praticante possono essere riconosciuti con apposito contratto un’indennità o un compenso per l’attività svolta “commisurati all’effettivo apporto professionale”.

Tale disposizioni sono state poi confermate dal decreto ministeriale 70/2016. Dunque per legge, al momento, è obbligatorio solo il rimborso spese, mentre l’effettiva retribuzione è possibile ma non obbligatoria.

 

Codice Deontologico: sì al compenso adeguato

 

A complicare ulteriormente le cose, e in verità a tentare di venire incontro ai tirocinanti, ci pensa il Codice Deontologico Forense.

Il codice comportamentale degli avvocati stabilisce chiaramente, all’art. 40, che chi accetta un praticante “deve riconoscergli, dopo il primo semestre di pratica, un compenso adeguato“. Questo, beninteso, “fermo l’obbligo del rimborso delle spese”.

 

Il compenso minimo non esiste

 

L’inghippo principale sta nel fatto che né il Codice Deontologico né la legge stabiliscono un compenso minimo mensile al quale gli avvocati debbano attenersi. Questo, ovviamente, fa sì che nella maggior parte dei casi i tirocinanti siano pagati pochissimo o, molto spesso, non pagati affatto. In palese contraddizione dell’art. 40 del Codice.

Importante, inoltre, tenere conto del fatto che i tirocinanti ammessi a svolgere un periodo di pratica negli uffici giudiziari (la legge prevede un massimo di 12 mesi) hanno diritto a una borsa di studio di 400 euro al mese.

 

La proposta di legge per il compenso obbligatorio

 

Un quadro, dunque, molto complesso e spesso a sfavore del tirocinante. Anche a causa delle segnalazioni degli aspiranti avvocati, si parla sempre più spesso di introdurre modifiche al testo della normativa, ma finora nulla di concreto è stato fatto.

Alla fine del 2015, il Presidente degli Affari Costituzionali della Camera Andrea Mazziotti di Celso ha presentato una proposta di legge che prevede, tra le altre cose, l’introduzione del compenso obbligatorio ai tirocinanti e uno stipendio fisso minimo. Fino a oggi, però, la normativa non è stata cambiata.

Davide Basile

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