Introduzione
Non è infrequente chiedersi, in sede di stipula di un accordo, quando la firma è validamente apposta sul contratto.
Il timore appare essere quello di considerare privo di efficacia giuridica un contratto sprovvisto di idonea sottoscrizione delle parti, in generale, ogniqualvolta la firma sia diversa da quella apposta “a penna” (a titolo esemplificativo, invio a mezzo pec o e.mail di copia scansionata del contratto firmato in autografa)
Premessa
Prima di rispondere al quesito, occorre premettere che la contrattazione tra privati si fonda sul principio della libertà delle forme ex art. 1325 c.c., in base al quale le parti possono scegliere di concludere un contratto anche oralmente, o tramite comportamento concludente, (la cd “stretta di mano”) salvo il caso in cui sia la legge stessa ad imporre una certa forma solenne (ad es. la forma scritta nelle locazioni immobiliari o nei contratti di compravendita immobiliare)
La libertà delle forme è espressione dell’autonomia contrattuale concessa dalla legge ai privati, in virtù della quale le parti possono liberamente determinare tanto il contenuto negoziale quanto i “tipi” contrattuali, discostandosi dai contratti indicati dalla legge e creandone di nuovi (salvo la violazione di norme imperative o comunque inderogabili)
In questo contesto, pertanto, il contratto scritto ha generalmente valore probatorio (“ad probationem”) dell’accordo concluso e soltanto eccezionalmente – e su espressa richiesta della legge – è requisito di validità (“ad substantiam”) della formazione dell’accordo stesso.
L’apposizione della firma su di un contratto predisposto dalle parti, conseguentemente, è elemento comprovante la manifestazione di volontà a vincolarsi agli accordi scritti, ma nulla vieterebbe che, in sua assenza, l’atto scritto possa essere comunque valido ed efficace.
A titolo esemplificativo, nei contratti di locazione l’inidonea apposizione o addirittura l’assenza della firma da parte del locatore o conduttore sul contratto non ne inificia la validità, rendendolo nullo, se tuttavia il detto contratto sia stato redatto in forma scritta e registrato presso l’Agenzia delle Entrate in conformità alla normativa in materia, e vi sia stato da entrambe le parti un comportamento univoco che abbia dato concreta esecuzione ai patti.
Tipologie di firme
Chiarito che la firma rileva sotto il profilo della prova della volontà delle parti ad aver prestato il consenso a vincolarsi al contenuto contrattuale di un atto scritto, per rispondere al quesito iniziale, occorre dunque chiedersi quale firma risulta maggiormente efficace sotto il profilo probatorio, soprattutto in caso di future ed eventuali contestazioni circa la riconducibilità della sottoscrizione alla parte contrattuale.
Le due firme che attribuiscono maggior “peso” probatorio al contratto sono la firma autografa e la firma digitale.
La prima è la classica firma apposta “a penna” sul contratto. È ovviamente consigliabile l’utilizzo della penna in quanto l’inchiostro da maggior garanzia di durata nel tempo del segno apposto sul contratto. La firma va generalmente apposta sull’ultima facciata del contratto, nell’apposito spazio ad essa dedicata. In caso di più fogli è opportuno che questi siano materialmente congiunti tra loro e consequenziali (sarebbe bene anche numerarli ovvero apporre i cd “timbri di congiunzione”) Vi è anche la prassi di firmare a penna ogni singolo foglio, ma a parere di chi scrive tale prassi è giustificabile laddove i fogli che formano il contratto non siano materialmente congiunti tra loro o nel caso in cui si voglia dare maggior forza ad alcuni specifici patti contrattuali.
E’ consigliabile, inoltre, firmare per esteso nome e cognome del sottoscrittore, in maniera chiara e leggibile. Non è invece ammissibile l’apposizione del simbolo “croce” quale manifestazione di volontà del contraente, salvo che quest’ultimo sia affetto da cecità: in tale fattispecie, la legge (art. 4 L. 18/1975) ammette la firma con il segno della croce, ovvero con la dicitura “impossibilitato a sottoscrivere”.
Per quanto attiene alla firma digitale, essa consiste, a livello informatico, nell’associazione di un numero binario – ossia un insieme di bit – ad un documento informatico. Tale numero può anche manifestarsi visivamente con un elemento grafico che compare sul documento informatico. Si fonda su un sistema crittografico a doppia chiave – una pubblica e l’altra privata – che attribuisce univocità alla firma stessa, ossia essa è sempre riconducibile ad un solo soggetto detentore di quella firma.
Essa viene rilasciata mediante l’acquisto – da soggetti privati od enti pubblici (es. le Camere di Commercio) di un token o chiavetta usb, ed ha, generalmente, (rectius, il certificato presente nella firma digitale ha) validità di 3 anni, con possibilità di rinnovo.
Si differenzia dalla firma elettronica semplice: quest’ultima consiste nella mera associazione logica o allegazione di dati elettronici ad altri dati elettronici, che nel loro insieme consentirebbero di identificare il firmatario (a titolo esemplificativo, costituisce firma elettronica semplice l’utilizzo di “user name” e “password” per accedere ad un sito internet, o il “PIN” del bancomat)
Efficacia probatoria delle firme
Nel caso di firma elettronica semplice, questa ha validità giuridica fino a quando non viene espressamente disconosciuta dal soggetto a cui è riconducibile la firma stessa. In ogni caso, in sede processuale, è liberamente valutabile dal giudice quale elemento comprovante la manifestazione di volontà del contraente.
La firma digitale, invece, è giuridicamente equiparabile alla firma autografa ai sensi dell’art. 20 del Codice dell’Amministrazione Digitale, ed ha, pertanto, la medesima efficacia probatoria “forte”, contestabile soltanto mediante querela di falso da parte di colui al quale viene attribuita la firma.
“Quid iuris”, invece, per la firma cd “scansionata” apposta su di un contratto – anch’esso ovviamente – scansionato in pdf?
In questo caso, trovandoci di fronte, ai sensi dell’art. 22 del Codice dell’Amministrazione Digitale, ad una “copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico”, la detta copia avrebbe la medesima efficacia probatoria dell’originale dal quale è stata estratta, laddove sia stata autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato dalla legge.
In assenza di autentica, invece, la copia per immagine ha la medesima efficacia probatoria dell’originale dalla quale è stata estratta fino a quando non viene espressamente disconosciuta dall’altra parte la conformità della copia all’originale (sottoscritto in autografa).
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