Sulla legittimità del licenziamento (Cass. civ. 27390/13)

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Lavoro subordinato –  licenziamento – atto di recesso – risoluzione rapporto – L. 300/1970 art. 18

 

Massima

Il datore di lavoro, nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, nel caso abbia già intimato un licenziamento, ha facoltà di intimare, legittimamente, allo stesso lavoratore, un secondo licenziamento fondato su una differente causa o motivo, rimanendo, quest’ultimo autonomo e distinto rispetto al primo atto di recesso.

Da ciò ne consegue che tutti e due i licenziamenti sono in sé astrattamente idonei a raggiungere lo scopo della risoluzione del rapporto, in quanto il secondo licenziamento dovrà intendersi produttivo di effetti solo nella ipotesi in cui il precedente atto di recesso venga dichiarato invalido o inefficace.

 

Sulla legittimità del licenziamento

 

Premessa

 

Nella decisione del 6 dicembre 2013 n. 27390 i giudici della Corte hanno precisato che il licenziamento illegittimo, intimato a prestatori di lavoro cui è applicabile la tutela reale determina solamente una interruzione di fatto del rapporto di lavoro, ma non va ad incidere sulla sua continuità, assicurando la copertura retributiva e previdenziale, di modo che il recesso illegittimo non può valere ad escludere la debenza dei contributi previdenziali sulle retribuzioni dovute al lavoratore che sia stato reintegrato.  

 

  1. 1.     La vicenda

 Nella fattispecie concreta oggetto di commento, il giudice del lavoro, pronunciandosi sulle cause riunite promosse dal ricorrente con due ricorsi differenti (1) nei confronti del datore di lavoro, in parziale accoglimento del primo ricorso dichiarava l’illegittimità dell’atto di recesso intimato al lavoratore rigettando la domanda di cui al secondo ricorso, che concerneva l’impugnazione del successivo e secondo atto di recesso comunicato, relativo a falsità di firme apposte per garanzia, a nome di un soggetto nell’interesse di un cliente della Banca, (2), condannando, quindi,  la Banca – datore di lavoro – al pagamento di tutte le retribuzioni maturate (3) dal primo licenziamento sino all’epoca del secondo recesso, oltre interessi e rivalutazione dalla maturazione al saldo.

Il ricorrente proponeva appello chiedendo la riforma con l’annullamento del secondo licenziamento lamentando l’insussistenza di tale atto di recesso in pendenza del giudizio avente ad oggetto l’impugnativa del primo licenziamento, l’infondatezza del relativo addebito nonché la violazione dei principi di immodificabilità e immediatezza della contestazione.

La società appellata resisteva e proponeva appello incidentale, contestando la pronuncia di primo grado per la parte relativa all’accoglimento della prima domanda (relativa al primo licenziamento) per violazione del principio della immediatezza.

La Corte d’appello rigettava l’appello principale e quello incidentale.

La Corte territoriale aveva confermato la illegittimità del primo licenziamento, per la tardività della contestazione del giugno  1998 e la infondatezza della contestazione del novembre 1998 e la legittimità del secondo licenziamento.

Il lavoratore ricorreva in cassazione con  due motivi.

Con il primo motivo del ricorso principale si denunciava violazione della L. n. 300 del 1970, artt. 7 e 18, per aver la Corte di merito ritenuto del tutto valido, legittimo ed efficace il secondo licenziamento intimato con lettera del 26-4-2001, in pendenza del giudizio di primo grado avente ad oggetto l’impugnativa del primo licenziamento non ancora annullato dal Giudice del lavoro, senza tener conto che lo stesso andava ad incidere su un rapporto inesistente perchè non ancora costituito dalla sentenza di annullamento del primo recesso.

Con il secondo motivo il ricorrente principale lamenta vizio di motivazione sul punto, in sostanza non essendosi la Corte di merito preoccupata di specificare e motivare perchè la dichiarazione di annullamento debba come sua conseguenza costituire, attraverso un fictio juris e con efficacia retroattiva il rapporto di lavoro in ogni sua forma e dunque anche rispetto ai risvolti economici, contributivi e disciplinari.

 

Conclusioni

 

I giudici della Corte nella decisione in commento, ricordando precedenti sul tema (4) hanno precisato che in tema di rapporto di lavoro subordinato, il datore di lavoro, qualora abbia già intimato al lavoratore il licenziamento per una determinata causa o motivo, può legittimamente intimargli un secondo licenziamento, fondato su una diversa causa o motivo, restando quest’ultimo del tutto autonomo e distinto rispetto al primo, con la conseguenza che entrambi gli atti di recesso sono in sè astrattamente idonei a raggiungere lo scopo della risoluzione del rapporto, dovendosi ritenere il secondo licenziamento produttivo di effetti solo nel caso in cui venga riconosciuto invalido o inefficace il precedente (5).

I giudici di legittimità hanno, quindi, riunito i ricorsi con il rigetto di entrambi e compensazione delle spese di lite.  

 

 

Rassegna giurisprudenziale

 

L’immediatezza della contestazione disciplinare deve essere intesa in senso relativo, potendo essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, in dipendenza della complessità delle indagini da compiere e della maggiore articolazione dell’attività dell’impresa.

Cass. 21 dicembre 2010 n. 25856, in Lav. nella giur. 2011, 319 

 

Il criterio dell’immediatezza della contestazione di addebito, che nel licenziamento per giusta causa si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso, va intesa in senso relativo, rilevando la natura dell’illecito disciplinare e le ragioni oggettive che possono ritardare la percezione o il definitivo accertamento e valutazione dei fatti da parte del datore di lavoro; da che, qualora i fatti contestati vengano a comporre un’unica condotta ed esigano una valutazione unitaria, la contestazione dell’addebito può seguire l’ultimo di questi fatti anche a una certa distanza temporale da quelli precedenti (nel caso di specie, tra la chiusura dell’indagine conoscitiva da parte della banca, avviata dall’ultima condotta sospetta, e l’inizio del procedimento disciplinare erano trascorsi 40 giorni).

Cass. 13 dicembre 2010 n. 25136, in Riv. It. Dir. lav. 2012, 79 

 

Il principio di immediatezza della contestazione che, per il suo carattere relativo impone un bilanciamento degli interessi (datoriali e del lavoratore) sottesi al procedimento di disciplina, “non consente di individuare nella potenziale rilevanza penale dei fatti accertati e nella conseguente denuncia all’autorità requirente circostanze di per sé solo esonerative dall’obbligo di immediata contestazione, in considerazione della rilevanza che tale obbligo assume rispetto alla tutela dell’affidamento e del diritto di difesa del lavoratore incolpato, sempre che i fatti riscontrati facciano emergere, in termini di ragionevole certezza, significativi elementi di responsabilità a carico del lavoratore.

Trib. Milano 2 settembre 2010, in Lav. nella giur. 2010, 1142 

 

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1)     Del 1999 e del 2002

2)     a favore del quale era stata concessa un’apertura di credito

3)     nella somma mensile indicata

4)     Cfr. Cass. civ. 20 gennaio 2011 n. 1244

5)     sulla ammissibilità di un nuovo licenziamento per altra causa o motivo, con efficacia condizionata all’eventuale declaratoria di illegittimità del primo, v. anche Cass. 23 dicembre 2011 n. 28703, Cass. 4 gennaio 2013 n. 106

Sentenza collegata

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Rinaldi Manuela

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