Sulla condotta mobbizzante e risarcimento del danno: si al danno da stress (Cass. civ., n. 13356/2011)

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Massima

La prestatrice di lavoro che sia affetta da stress psico – fisico dovuto alle condizioni di lavoro ha diritto al risarcimento per lo stress.

 

 

1.     Premessa

 

Con la sentenza che qui si commenta i giudici  della Suprema Corte di Cassazione tornano nuovamente sul “fenomeno” del c.d. mobbing, precisando che quanto al danno da stress, si devono differenziare due tipi, ossia:

–         il primo collegato ad una lesione psicofisica e consistente in una vera e propria malattia psichica, intesa come lesione dell’interesse costituzionalmente garantito all’integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico e provocatore della lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona (1). Non v’è dubbio che detta lesione psicofisica vada integralmente risarcita sia come danno biologico, sia come danno morale oggettivo, trovando supporto costituzionale;

–         il secondo, quello transeunte e non assurgente al rango di malattia, non può essere risarcito, non trovando supporto giuridico nella Carta Costituzionale e nello stesso diritto positivo vigente.

Una simile precisazione conduce a ricondurre il risarcimento da stress a quello medicalmente accertato e a bandire il risarcimento dello stress del secondo tipo (2) poiché privo di ogni conforto costituzionale.

 

2. Conclusioni

 

Nella sentenza in commento si legge testualmente, riportando un principio consolidato a livello giurisprudenziale (3) “che in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, il cosiddetto danno alla vita di relazione ed i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita, conseguenti a lesioni dell’integrità psicofisica, possono costituire solo voci del danno biologico (al quale va riconosciuta portata tendenzialmente omnicomprensiva) nel suo aspetto dinamico, sicché darebbe luogo a duplicazione la loro distinta riparazione. 

Le sezioni unite di questa Corte (4), seguita dalla successiva giurisprudenza, hanno chiarito che tale danno, così come ora definito, vada comunque provato dall’attore, costituendo la prova (avente ad oggetto precise circostanze atte a dimostrare l’adozione di scelte di vita diverse da quelle che sarebbero state seguite in assenza dell’evento dannoso) il presupposto indispensabile anche per una liquidazione equitativa”.

Con la decisione in oggetto la Corte ha affermato che quando nel luogo di lavoro vengano accertate disfunzioni organizzative, a causa delle quali un dipendente è soggetto ad una attività lavorativa stressante, sussiste la violazione dell’obbligo di sicurezza disposto dall’articolo 2087 c.c.

 

Manuela Rinaldi
Avvocato foro Avezzano (Aq)
Direttore Amministrativo Fondazione Studi Giuridici “Cassinelli – Buccini” c/o COA Avezzano; Docente in corsi di formazione professionale; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano (Aq)

 

 

________

(1)   Cfr. Trib. Napoli, 14 novembre 2008.
(2)   Quello transeunte e non assurgente al rango di malattia.
(3)   Cfr.  Cass. 30 novembre 2009, n. 25236; Cass., sez. un., 16 febbraio 2009, n. 3677.
(4)   Sentenza 24 marzo 2006 n. 6572.

Sentenza collegata

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