Sulla ammissibilità del fondo patrimoniale padre-figlio

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Quando si parla di Fondo Patrimoniale è necessario far fronte ad una domanda ben specifica sul “chi” possa usufruirne e in che limiti, specialmente in considerazione del fatto che sempre un più alto numero di imprenditori e liberi professionisti appartenenti alle più diverse categorie sentono l’esigenza di tutelare il patrimonio familiare dalle possibili aggressioni dei creditori attinenti la responsabilità professionale.

I soggetti legittimati

Ebbene, per quanto si possa trovare giurisprudenza di analogiche estensioni con altri istituti, bisogna convenire in una lettura restrittiva dei commi successivi al primo dell’art. 168 c.c.La proprietà dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di costituzione.
I frutti dei beni costituenti il fondo patrimoniale sono impiegati per i bisogni della famiglia.
L’amministrazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale è regolata dalle norme relative all’amministrazione della comunione legale [180 ss.]”: perché pur mancando il soggetto contestualizzato al secondo e terzo comma, e benché si parli più in generale di “famiglia”, complessivamente intesa come “nucleo familiare”, i soggetti attivi della costituzione dell’atto sono i coniugi; resta formalmente esclusa, dunque la possibilità della costituzione di un fondo padre – figlio che possa avere una simile natura, essendo il vincolo previsto come vincolo di tipo coniugale.

Per i rapporti di tipo filiale si potrebbe fare riferimento, non tanto al 168 quanto piuttosto al 2645 ter c.c., in palese eccezione al 2740c.c., “Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo”; tale articolo riporta in maniera preponderante all’attenzione della giurisprudenza il concetto di “vincolo di destinazione”, che è un concetto da identificarsi con la “protezione” del nucleo familiare, inteso in senso di conduzione di una vita degna, senza che il concetto di dignitas possa essere aggredito da eventuali creditori, che da loro sponte dovranno pur essere soddisfatti, ecco perché quando si parla di tutela l’articolo fa riferimento a beni mobili e immobili che devono essere registrati (iscritti nei pubblici registri).

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