Strumenti finanziari rivelatisi infruttuosi principi generali in materia di obbligazioni e legislazione speciale: buona fede, diligenza et similia

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In fatto di violazione da parte delle società finanziarie in sede di stipula con il cliente di strumenti finanziari d’investimento, rivelatisi infruttuosi, posson invocarsi diverse disposizioni del codice civile e della legislazione speciale.

I) Sul punto della buona fede esecutiva, s’invoca Cass., 30 luglio 2004, n. 14605:

La buona fede nell’esecuzione del contratto si sostanzia in un generale obbligo di solidarietà (derivante soprattutto dall’art. 2 Cost.) che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere extracontrattuale del neminem laedere, trovando tale impegno solidaristico il suo limite precipuo unicamente nell’interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di tutti gli atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico” (conf., id., 4 marzo 2003, n. 3185);

II) A quanto detto, aggiungansi i riferimenti agli artt. 1176 c.c. e 21 del d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico in materia di intermediazione finanziaria), del seguente tenore:

Nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia.

Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”.

Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono:

a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati;

b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati;

c) organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento;

d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi;

e) svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati”.

Cfr., sul punto, ex multis, Trib. Trapani 30 agosto 2007:

Atteso che correttezza e diligenza, di cui alla disciplina dei servizi di investimento, esprimono concetti più ampi di quelli sottesi alle norme codicistiche, operando non soltanto nel quadro di un rapporto obbligatorio con l’investitore per la tutela del soddisfacimento del suo interesse, ma anche più in generate in relazione allo svolgimento dell’attività economica come canone di condotta volto a realizzare una reale competizione e a garantire l’integrità del mercato, nel contesto del decreto legislativo n. 58/1999 diligenza e correttezza sono canoni di condotta riconducibili alle pratiche di commercio e agli usi imprenditoriali, mentre nel contesto codicistico non possono mai prescindere dall’esistenza di un rapporto giuridicamente rilevante tra due parti definite e precisamente individuate”;

Sulla diligenza ex art. 1176, comma 2, c.c., cfr. Trib. Monza 8 aprile 2003:

Ai sensi dell’art. 1176 c.c. comma 2, nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio dell’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata. Pertanto, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, trova applicazione il parametro di cui al comma 2 dell’art.1176 c.c., sicché la diligenza che il professionista deve esercitare è quella media, cioè la diligenza posta nell’esercizio della propria attività dal professionista di preparazione professionale e di attenzione media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel qual caso la responsabilità è attenuata, configurandosi ex art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo e colpa grave

III) Rileva nel caso che qui si sta esaminando, quindi, la violazione dei citati doveri di diligenza, correttezza, trasparenza, prudenza, efficienza e preservazione degli interessi patrimoniali dei clienti di cui all’esaminata normativa, che configura in capo all’operatore economico un elevatissimo grado di perizia nell’adempimento delle obbligazioni.

Riferimenti puntuali negli artt. 1218 c.c. e 23, comma 6, d. lgs. 58/1998 cit., che così recitano:

Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l?inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta”.

Nella materia degli investimenti finanziari, vi è quindi una vera e propria presunzione di colpa, ex adverso vincibile solo con la prova gravante sull’operatore di aver profuso la diligenza richiesta, il tutto conformemente al diritto vivente a partire da Cass., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533, che richiede all’avente diritto alla prestazione soltanto l’onere di allegare l’inadempimento del debitore:

Cfr., ex plurr., Cass., sez. lav., 9 febbraio 2004, n. 2387:

In tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento (come nel caso di specie, n.d.r.) deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento; anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento della obbligazione, ma il suo inesatto inadempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento».

 

 

Giorgio Vanacore

Avvocato in Napoli

Vanacore Giorgio

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